Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23991 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 23991 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
Oggetto:
Tributi – IVA
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11196/2015 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO, come da procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 2475/17/2014, depositata il 16.12.2014.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del l’11 .06.2024;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale, ribadendo le conclusioni rese per iscritto, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Sentito, per la ricorrente, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e, per l’RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO dello Stato NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Prato accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento, relativo all’anno 2006, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva recuperato un credito IVA, pari ad € 582.000,00, relativo all’acquisto di un complesso immobiliare, ritenendolo indebitamente detratto.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la CTR della Toscana accoglieva l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE , osservando in sintesi che:
-dall’accertamento svolto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emergeva che la società ricorrente aveva acquistato in data 16.11.2006 il complesso immobiliare ‘Castello San RAGIONE_SOCIALE‘, sull’isola di Capraia, dalla RAGIONE_SOCIALE, detraendo l’IVA corrisposta in sede di compravendita, in violazione dell’art. 10, comma 1, n. 8 lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972;
la contribuente era stata costituita solo due settimane prima dell’acquisto dell’immobile; sia la RAGIONE_SOCIALE che la RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE erano amministrate dallo stesso soggetto; i soci della contribuente erano il Monte dei Paschi Fiduciaria s.p.a. e la RAGIONE_SOCIALE (società appaltatrice dei lavori di ristrutturazione dell’immobile ); le predette società erano sostanzialmente riferibili alle stesse persone;
-l’IVA era stata indebitamente detratta, perché nessun intervento di ristrutturazione era stato iniziato prima della stipula del rogito del 16.11.2006;
-secondo l’Ufficio, la vendita dell’immobile dalle persone fisiche (che, a sua volta, avevano acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE) alla RAGIONE_SOCIALE. e quella effettuata da quest’ultima alla contribuente erano avvenute nel giro di pochi mesi, sicchè l’interposizione della RAGIONE_SOCIALE. fra gli originari proprietari e la società ricorrente ‘ha l’esclusiva finalità di poter assoggettare l’atto di compravendita finale ad IVA, circostanza che, in ogni caso, non si sarebbe verificata se la società avesse acquistato direttamente dai soggetti privati’ ;
-l’RAGIONE_SOCIALE non era decaduta dal potere di accertamento, in quanto, essendo stata accertata una violazione che comportava l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, il relativo termine doveva ritenersi raddoppiato;
l ‘operazione contestata era suscettibile di denuncia penale, non solo per l’entità della presunta violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia di IVA, ma anche ‘ per l’intreccio soggettivo di soci e amministratori della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE; società che possono apparire -nel loro insieme tutte quante -enti operativi nell’interesse dei componenti della famiglia COGNOME, p ur nella astratta contrapposizione RAGIONE_SOCIALE finalità operative di ciascuna società (venditore/acquirente; committente/appaltatore), anche senza considerare che il soggetto su cui gravava l’obbligo di versamento dell’IVA all’Erario ha trasferito la propria sede legale in Brasile fin dall’anno 2007, mentre l’appaltatore RAGIONE_SOCIALE risulta cessato due mesi prima, in quello stesso anno ‘;
nel periodo intercorrente tra i vari atti di compravendita vi era stato un ingiustificato incremento del prezzo, pari al 145%;
-era infondata l’eccezione di giudicato interno in relazione alla mancata redazione del PVC, avendo l’RAGIONE_SOCIALE contestato la sussistenza dell’asserito vizio procedurale rilevato dal primo giudice , laddove aveva sostenuto che non si era trattato di un controllo sostanziale, ma di un
mero accesso per reperire la necessaria documentazione e che non era configurabile la violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000;
-nella specie, tuttavia, nonostante l’accesso fosse finalizzato esclusivamente ad ottenere la documentazione, era stato redatto il PVC , seppure denominato ‘processo verbale di accesso’, contenente la descrizione analitica RAGIONE_SOCIALE operazioni compiute e l’elenco dettagliato dei documenti richiesti e presentati, nonché l’avvertimento circa la possibilità di presentare osservazioni e richieste all’Ufficio entro il termine di 60 giorni dalla sua comunicazione;
detto PVC era stato regolarmente sottoscritto dal rappresentante della società contribuente che ne aveva avuto legale conoscenza, sicchè dalla data della sua consegna alla predetta società decorreva il termine dei 60 giorni;
nel merito, la pretesa era legittima;
-in base all’art. 10, comma 8 -ter , del d.P.R. n. 633 del 1972, sono soggette ad IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali, effettuate ‘entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento ‘ d alle imprese costruttrici o dalle imprese che vi hanno eseguito interventi qualificabili come ‘restauro o risanamento conservativo’, ‘ristrutturazione edilizia’, ‘ristrutturazione urbanistica’ ;
la suindicata disposizione è stata interpretata nel senso che non era necessaria l’ultimazione dei lavori , ma solo che l’intervento fosse comunque pervenuto ad un livello di attuazione tale da escludere ogni dubbio circa la sua consistenza finale;
-poiché secondo i principi enunciati dalla giurisprudenza amministrativa era necessario che le opere intraprese fossero tali da evidenziare l’effettiva volontà di realizzare il manufatto, non essendo sufficiente il solo sbancamento del terreno e la predisposizione degli
strumenti e dei materiali da costruzione, nella specie, le attività dichiarate dalla contribuente , per quanto propedeutiche all’inizio dei lavori, non erano definibili, alla data del contratto (16.11.2006), né in termini di restauro né in termini di ristrutturazione;
doveva ritenersi, pertanto, che la cessione dell’immobile fosse esente da IVA, ai sensi dell’art. 10, comma 8 -ter cit., sicchè andava escluso il diritto della contribuente alla detrazione del relativo importo, atteso che le operazioni materiali da lei indicate e le dichiarazioni dalla stessa prodotte non erano sufficienti a dimostrare l’inizio dei lavori, in quanto sarebbe stato necessario che le trasformazioni da realizzare fossero già in atto, anche se non ultimate;
Contro la suddetta decisione proponeva ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidato a sei motivi, illustrati con memorie.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi che la memoria depositata in data 4.06.2024, con l’ allegata ‘attestazione di archiviazione del procedimento’, è tardiva e che il deposito del documento sarebbe in ogni caso inammissibile ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ.
1.1 Ciò posto, con il primo motivo, la RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 37, commi 24 e 25, del d.lgs. n 223 del 2006 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato che l ‘avviso di accertamento era stato notificato oltre il termine di decadenza, dato che non vi era indicata la violazione penalmente rilevante, astrattamente commessa, che avrebbe potuto giustificare il raddoppio dei termini decadenziali.
1.3 Il motivo è infondato.
1.4 In base all’art. 37, comma 24, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. con modificazioni dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, che ha
modificato il terzo comma dell’art. 43, del d.P.R. n. 600 del 1973, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen., per uno dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.
1.5 Come ha già affermato da questa Corte, «in tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza» , come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, «senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31.12.2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati» (Cass. n. 16728 del 2016; Cass. n. 26037 del 2016).
1.6 Nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare che «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza », applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che costituisce un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario, ma che deve essere accertato dal giudice.
1.7 Tale raddoppio, peraltro, non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «né l’esercizio
dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)» (Cass. n. 16728/16, cit.).
1.8 Ciò premesso, secondo la disciplina applicabile alla fattispecie concreta, il raddoppio dei termini deriva, pertanto, dal mero riscontro di fatti comportanti “l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p.’, indipendentemente dall’effettiva pre sentazione della denuncia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento penale del reato, restando irrilevante, in particolare, che l’azione penale non sia proseguita o sia intervenuta una decisione penale di proscioglimento, di assoluzione o di condanna (Cass. 30/05/2016, n. 11171).
1.9 La Corte costituzionale (sentenza n. 247/2011) ha, infatti, affermato che l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché «il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta «prognosi postuma») circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’Amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale RAGIONE_SOCIALE disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento».
1.10 La CTR ha fatto corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE norme come interpretate da questa Corte, avendo accertato che i fatti denunciati erano penalmente rilevanti ai sensi del d.lgs. n. 74 del 2000, sia per l’entità dell’imposta ritenuta evasa sia per le condotte ten ute dai soci e
amministratori RAGIONE_SOCIALE società interessate; è irrilevante, pertanto, che nell’atto impositivo e/o nella denuncia trasmessa all’Autorità giudiziaria non sia stata indicata specificatamente la norma penale ritenuta violata, posto che spettava poi al Pubblico Ministero la qualificazione precisa dei fatti accertati.
Con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 329 cod. proc. civ., 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per non avere la CTR accolto l’eccezione di giudicato interno in ordine alla statuizione della sentenza di primo grado sulla nullità/illegittimità dell’atto impositivo per mancata redazione del PVC.
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 Poiché l’Ufficio ha espressamente contestato nell’atto di appello di avere effettuato una verifica fiscale sostanziale, in quanto l’accesso presso i locali della contribuente era finalizzato alla sola acquisizione della documentazione poi esaminata presso gli uffici dell’Amministrazione finanziaria , nella predetta censura è inclusa anche la constatazione che, a conclusione di detta verifica, non era necessaria la redazione del PVC.
Con il terzo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 della l. n. 4 del 1929 e 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato che il PVC è un atto conclusivo RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica, previsto come necessario ai fini dell’IVA, e che nella specie era stato redatto solo un verbale di accesso e di acquisizione documentale.
Con il quarto motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 7, e 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000, 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che il verbale di accesso fosse assimilabile al PVC, ai fini della decorrenza del termine
dilatorio di 60 giorni, concesso al contribuente per presentare osservazioni e richieste, sebbene il predetto verbale di accesso (che, peraltro, non si riferiva all’anno 2006) non contenesse alcuna conclusione in ordine alla verifica effettuata e, anzi, preannunciasse l’emissione di un successivo PVC, ingenerando nella contribuente il legittimo affidamento sul fatto che, solo a seguito della consegna del PVC, sarebbe decorso detto termine dilatorio.
Con il quinto motivo, deduce la violazione del principio del contraddittorio garantito dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e degli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in relazione all’art. art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato che l’Amministrazione finanziaria non aveva instaurato alcun contraddittorio con la contribuente prima di emettere l’atto impositivo .
5.1 I predetti motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.
5.2 In punto di fatto è pacifico che l’Amministrazione finanziaria aveva eseguito un accesso presso la sede della contribuente, non finalizzato ad una verifica fiscale, ma mirato esclusivamente all’acquisizione di documentazione ; del resto, anche laddove ciò fosse stato contestato, quel che rileva è l’attività effettivamente svolta dall’Ufficio, che è consistita nella mera acquisizione di documentazione presso la contribuente.
5.3 Occorre rammentare in proposito che l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria non deve necessariamente concludersi con la redazione di un processo verbale di constatazione, essendo sufficiente un verbale attestante le operazioni compiute (Cass. n. 16546 del 22/06/2018).
5.4 Peraltro, il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e
previsto dall’art. 24 della l. n. 4 del 1929, non deve necessariamente contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti, valutativi o meramente ricognitivi di fatti o di dichiarazioni, che, per la libera valutazione dell’amministrazione finanziaria prima e dell’autorità giudiziaria poi, possono comunque dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento (Cass. n. 31120 del 29/12/2017).
5.5 In caso di accesso mirato, pertanto, è sufficiente anche la redazione di un verbale di accesso, che attesta la specifica attività compiuta dall’Amministrazione finanziaria, indicando i documenti prelevati dal contribuente.
5.6 Con riferimento al recupero dell’IVA, in particolare, si è ritenuto che “in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, impone la redazione del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7 ” (Cass. n. 7843 del 17/04/2015).
5.7 E’ stato affermato , del resto, che l’impiego di una locuzione generica come “verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni” contenuta nel comma 7, dell’art. 12 della l. n. 212 del 2000, comprende tutte le possibili tipologie di verbali che concludano le operazioni di accesso, verifica o ispezione nei locali, indipendentemente dal loro contenuto, trattandosi di una scelta coerente con l’evoluzione del sistema tributario verso moduli partecipativi, in cui le situazioni soggettive dell’erario possono esaurirsi nell’esercizio imparziale di un potere ad imperatività mitigata, che si arresta all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE informazioni utilizzabili ed al mero controllo dell’osservanza degli obblighi strumentali dei contribuenti (Cass. n. 12094 dell’8/05/2019).
5.8 Va precisato, infatti, che le garanzie statutarie operano già in fase di accesso, concludendosi anche tale attività con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni svolte, e ciò alla stregua RAGIONE_SOCIALE prescrizioni dell’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 ovvero dell’art. 33 decreto sull’accertamento; siffatte garanzie, pertanto, si applicano anche agli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perchè la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, ed è comunque necessario, anche in caso di accesso breve, redigere un verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni (Cass. n. 2593/14 e Cass. n. 15624/14), sia perchè, anche in caso di ” accesso breve “, si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. sez. unite n. 24823/2015, giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12, peculiarità consistente nella ‘autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutati a lui sfavorevoli ” (Cass. n. 11471/2017; n. 18110/16; n. 25265/17; n. 1007/17; n. 8246/18).
5.9 In caso di accesso mirato, quindi, la garanzia al contraddittorio endoprocedimentale per il contribuente è assicurata dalla concessione del termine dilatorio di sessanta giorni decorrente dal rilascio del verbale di consegna, senza che possa, invece, ritenersi che lo stesso debba ricevere un successivo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica, ove le stesse non siano state compiute -come nella specie presso la sede del contribuente, ma presso gli uffici finanziari (Cass. n. 12094/2019 cit.).
5.10 Tale orientamento è in linea con la giurisprudenza unionale in materia di contraddittorio endoprocedimentale nel caso di tributi armonizzati (cfr. Corte di giustizia, 12 dicembre 2008, C-349/07 Sopropè ), nel senso che, proprio in relazione all’adozione dell’atto impositivo e nella prospettiva di tutela del diritto di difesa del
contribuente, il legislatore nazionale ha ritenuto che il contraddittorio endoprocedimentale sia assicurato, in caso di accesso mirato, con il riconoscimento di un termine dilatorio in favore del contribuente nei cui confronti è stata operata l’attività di acquisizione della documentazione, non essendo necessario, come detto, in questo caso, l’adozione di un successivo atto di constatazione RAGIONE_SOCIALE violazioni finanziarie, e tale specifica previsione costituisce la modalità con la quale, anche nella materia dei tributi “armonizzati”, il legislatore interno ha ritenuto di dare attuazione alla normativa comunitaria ed ai principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria.
5.11 Nel caso in esame non sussiste neppure la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, come prospettato dalla ricorrente con il quarto motivo di ricorso, in quanto, con la consegna del verbale di accesso e la conseguente possibilità per la parte di presentare eventuali osservazioni o richieste, è stata assicurata alla contribuente la garanzia al contraddittorio endoprocedimentale, non potendosi ritenere che dalle indicazioni contenute nel predetto verbale di accesso fosse desumibile il fatto che sarebbe stato necessariamente adottato e notificato un successivo processo verbale di constatazione a chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica, essendo stato chiarito, nello stesso atto consegnato, che si trattava di un accesso mirato, finalizzato alla mera acquisizione della documentazione contabile.
5.12 Dalla sentenza impugnata si evince che nella specie è stato garantito il rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e, quindi, assicurato il contraddittorio preventivo , prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, dovendosi ritenere che detto termine decorreva dalla consegna del verbale di accesso.
6. Con il sesto motivo, deduce la violazione de ll’art. 10, comma 1, n. 8 -ter del d.P.R. n. 633 del 1972 , in relazione all’art. 360, comma 1,
n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che, alla data del contratto di acquisto dell’immobile da parte della contribuente, la cedente RAGIONE_SOCIALE non avesse già iniziato i lavori di restauro e di risanamento conservativo, sebbene fosse stata dimostrata, anche mediante documenti aventi data certa, la sussistenza, a tale data, di una iniziale attività di restauro e risanamento conservativo, avendo la cedente già provveduto all’avvio del cantiere, mediante l’esecuzione di opere quali il posizionamento della gru, la realizzazione della piattaforma in cemento armato, la pulizia dell’intera area di cantiere, la demolizione RAGIONE_SOCIALE superfetazioni e la rimozione RAGIONE_SOCIALE macerie, la realizzazione RAGIONE_SOCIALE opere provvisionali di messa in sicurezza, la realizzazione RAGIONE_SOCIALE recinzioni, con ciò dando prova della volontà di eseguire l’opera e di avere già avviato le opere di restauro .
6.1 Il motivo è infondato.
6.2 L’art. 10, primo comma, n. 8 -ter , del d.P.R. n. 633 del 1972, ratione temporis vigente, stabilisce che sono operazioni esenti dall’IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate, entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457 (interventi di recupero e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e urbanistica).
6.3 Il criterio utilizzato dall’ art. 10, primo comma, n. 8ter ) cit., per escludere il regime di esenzione IVA, è quello della data di ultimazione dei lavori di costruzione/ristrutturazione degli immobili, individuando, come imponibili ai fini IVA, quelli ceduti entro quattro anni da tale data (cfr. Cass. n. 24681 del 23.11.2011, con riferimento alla analoga
fattispecie di cui all’art. 10, primo comma, n. 8 -bis del d.P.R. n. 633 del 1972).
6.4 Nella specie, l’accertamento sulla mancata ultimazione dei lavori da parte della società cedente è stato effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE (secondo la quale i lavori non erano neppure iniziati) con un giudizio di fatto non sindacabile in questa sede.
6.5 L ‘operazione di cessione dell’immobile , quindi, doveva considerarsi esente da IVA (e, quindi, restava assoggettata all’imposta di registro), in quanto la mancata ultimazione dei lavori rendeva applicabile il regime di esenzione previsto dall ‘art. 10, primo comma, n. 8ter cit.
6.6 Va pertanto affermato il seguente principio:
‘In tema di IVA, lo speciale regime di esenzione dall’imposta previsto dall’art. 10, primo comma, n. 8-ter, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (nel testo applicabile ratione temporis), è applicabile alle cessioni di fabbricati, effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici o dalle imprese che abbiano eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, lavori di ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo di cui all’art. 31, primo comma, lett. c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, qualora al momento della vendita, detti lavori non siano completati; ne consegue che, in caso di trasferimento di immobile, per il quale i lavori non siano stati completati dal cedente, l’atto resta assoggettato all’imposta di registro’.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, che seguono la soccombenza, vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in complessivi € 14.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’11 giugno 2024