Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24001 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24001 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
Oggetto:
Tributi
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20447/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO, come da procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 1419/13/2017, depositata il 6.06.2017.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del l’11 .06.2024;
Sentito il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale, ribadendo le conclusioni rese per iscritto, ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo e del quinto motivo di ricorso;
Sentiti , per la ricorrente, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e, per l’RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO dello Stato NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Prato accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento, relativo all’anno 2009 , con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva recuperato a tassazione, ai fini IRES, IVA e IRAP, costi ritenuti indeducibili.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la CTR della Toscana accoglieva l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE , osservando in sintesi che:
-dall’accertamento svolto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emergeva che la società ricorrente aveva acquistato nel 2006, al prezzo di euro 3.582.000,00, un complesso immobiliare dalla RAGIONE_SOCIALE che lo aveva acquistato, a sua volta, appena otto mesi prima da COGNOME NOME e altri, al prezzo di euro 1.187.000,00;
nel periodo intercorrente tra i due atti di compravendita il prezzo dell’immobile era triplicato ;
-l’Ufficio aveva annullato, in autotutela, l’avviso impugnato in relazione alle imposte dirette, sicchè il giudizio riguardava solo il recupero dell’IVA;
-era infondata l’eccezione preliminare sollevata dalla contribuente in ordine l’asserita violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, in quanto nella specie non era stato redatto un PVC, ma un ‘processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni’, avendo l’RAGIONE_SOCIALE effettuato un accesso presso i locali della contribuente per reperire la necessaria documentazione;
detto verbale, tuttavia, era stato regolarmente notificato alla contribuente e il termine di 60 giorni era stato rispettato;
nel merito, la pretesa era fondata;
la contribuente, sulla quale gravava il relativo onere, non aveva dimostrato l’effettiva esistenza ed inerenza dei costi sostenuti e le fatture prodotte non erano idonee a documentare detti costi, non indicando quali opere fossero state effettivamente realizzate e con quali materiali, limitandosi a rinviare ai SAL che non erano stati allegati alle fatture e non erano stati mai conseg nati all’Ufficio;
non poteva essere considerata la perizia eseguita per conto di una banca dal geom. COGNOME che si era basato sui costi indicati nel SAL fornitogli dall’AVV_NOTAIO COGNOME, ma non presente fra gli atti processuali; la dichiarazione scritta del geom. COGNOME era finalizzata ad introdurre nel giudizio una prova testimoniale, non ammessa nel processo tributario;
Contro la suddetta decisione proponeva ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidato a cinque motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 111 Cost. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR adottato una decisione inconferente rispetto alla materia del contendere, non avendo motivato sulla ritenuta indeduci bilità dell’IVA, ma esclusivamente sulla deducibilità dei costi, sebbene la pretesa impositiva ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette fosse stata oggetto di annullamento in autotutela, e per avere motivato in modo contraddittorio laddove ha ritenuto non provata l’inerenza e l’esistenza dei costi, pur avendo riconosciuto che i lavori fossero stati eseguiti.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Come è stato più volte affermato da questa Corte, ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (C ass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232).
1.3 La motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto esprime le ragioni della decisione anche con riferimento al disconoscimento del la detraibilità dell’IVA, nella parte in cui censura il contenuto generico RAGIONE_SOCIALE fatture e la mancata allegazione dei SAL, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto, per detta parte, il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
Con il secondo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 della l. n. 4 del 1929 e 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto nullo l’avviso di accertamento impugnato per mancata redazione e notificazione del prodromico PVC prima dell’emissione e della notifica dell’atto impositivo .
Con il terzo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 7, e 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000, 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che il verbale di accesso fosse assimilabile al PVC, ai fini della decorrenza del termine dilatorio di 60 giorni, concesso al contribuente per presentare
osservazioni e richieste, sebbene il predetto verbale di accesso non contenesse alcuna conclusione in ordine alla verifica effettuata e, anzi, preannunciasse l’emissione di un successivo PVC, mai notificato alla parte, ingenerando nella contribuente il legittimo affidamento sul fatto che, solo a seguito della consegna del PVC sarebbe decorso detto termine dilatorio.
Con il quarto motivo, deduce la violazione del principio del contraddittorio garantito dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e degli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in relazione all’art. art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato che l’Amministrazione finanziaria non aveva instaurato alcun contraddittorio con la contribuente prima di emettere l’atto impositivo .
4.1 I predetti motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.
4.2 In punto di fatto è pacifico che l’Amministrazione finanziaria aveva eseguito un accesso presso la sede della contribuente, non finalizzato ad una verifica fiscale, ma mirato esclusivamente all’acquisizione di documentazione ; del resto, anche laddove ciò fosse stato contestato, quel che rileva è l’attività effettivamente svolta dall’Ufficio, che è consistita nella mera acquisizione di documentazione presso la contribuente.
4.3 Occorre rammentare in proposito che l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria non deve necessariamente concludersi con la redazione di un processo verbale di constatazione, essendo sufficiente un verbale attestante le operazioni compiute (Cass. n. 16546 del 22/06/2018).
4.4 Peraltro, il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e previsto dall’art. 24 della l. n. 4 del 1929, non deve necessariamente
contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti, valutativi o meramente ricognitivi di fatti o di dichiarazioni, che, per la libera valutazione dell’amministrazione finanziaria prima e dell’autorità giudiziaria poi, possono comunque dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento (Cass. n. 31120 del 29/12/2017).
4.5 In caso di accesso mirato, pertanto, è sufficiente anche la redazione di un verbale di accesso, che attesta la specifica attività compiuta dall’Amministrazione finanziaria, indicando i documenti prelevati dal contribuente.
4.6 Con riferimento al recupero dell’IVA, in particolare, si è ritenuto che “in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, impone la redazione del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7 ” (Cass. n. 7843 del 17/04/2015).
4.7 E’ stato affermato , del resto, che l’impiego di una locuzione generica come “verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni” contenuta nel comma 7, dell’art. 12 della l. n. 212 del 2000, comprende tutte le possibili tipologie di verbali che concludano le operazioni di accesso, verifica o ispezione nei locali, indipendentemente dal loro contenuto, trattandosi di una scelta coerente con l’evoluzione del sistema tributario verso moduli partecipativi, in cui le situazioni soggettive dell’erario possono esaurirsi nell’esercizio imparziale di un potere ad imperatività mitigata, che si arresta all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE informazioni utilizzabili ed al mero controllo dell’osservanza degli obblighi strumentali dei contribuenti (Cass. n. 12094 dell’8/05/2019).
4.8 Va precisato, infatti, che le garanzie statutarie operano già in fase di accesso, concludendosi anche tale attività con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni svolte, e ciò alla stregua RAGIONE_SOCIALE prescrizioni dell’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 ovvero dell’art. 33 decreto sull’accertamento; siffatte garanzie, pertanto, si applicano anche agli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perchè la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, ed è comunque necessario, anche in caso di accesso breve, redigere un verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni (Cass. n. 2593/14 e Cass. n. 15624/14), sia perchè, anche in caso di ” accesso breve “, si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. sez. unite n. 24823/2015, giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12, peculiarità consistente nella ‘autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutati a lui sfavorevoli ” (Cass. n. 11471/2017; n. 18110/16; n. 25265/17; n. 1007/17; n. 8246/18).
4.9 In caso di accesso mirato, quindi, la garanzia al contraddittorio endoprocedimentale per il contribuente è assicura dalla concessione del termine dilatorio di sessanta giorni decorrente dal rilascio del verbale di consegna, senza che possa, invece, ritenersi che lo stesso debba ricevere un successivo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica, ove le stesse non siano state compiute -come nella specie presso la sede del contribuente, ma presso gli uffici finanziari (Cass. n. 12094/2019 cit.).
4.10 Tale orientamento è in linea con la giurisprudenza unionale in materia di contraddittorio endoprocedimentale nel caso di tributi armonizzati (cfr. Corte di giustizia, 12 dicembre 2008, C-349/07 Sopropè ), nel senso che, proprio in relazione all’adozione dell’atto impositivo e nella prospettiva di tutela del diritto di difesa del
contribuente, il legislatore nazionale ha ritenuto che il contraddittorio endoprocedimentale sia assicurato, in caso di accesso mirato, con il riconoscimento di un termine dilatorio in favore del contribuente nei cui confronti è stata operata l’attività di acquisizione della documentazione, non essendo necessario, come detto, in questo caso, l’adozione di un successivo atto di constatazione RAGIONE_SOCIALE violazioni finanziarie, e tale specifica previsione costituisce la modalità con la quale, anche nella materia dei tributi “armonizzati”, il legislatore interno ha ritenuto di dare attuazione alla normativa comunitaria ed ai principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria.
4.11 Nel caso in esame non sussiste neppure la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, come prospettato dalla ricorrente con il terzo motivo di ricorso, in quanto, con la consegna del verbale di accesso e la conseguente possibilità per la parte di presentare eventuali osservazioni o richieste, è stata assicurata alla contribuente la garanzia al contraddittorio endoprocedimentale, non potendosi ritenere che dalle indicazioni contenute nel predetto verbale di accesso fosse desumibile il fatto che sarebbe stato necessariamente adottato e notificato un successivo processo verbale di constatazione a chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica, essendo stato chiarito, nello stesso atto consegnato, che si trattava di un accesso mirato finalizzato alla mera acquisizione della documentazione contabile.
4.12 Dalla sentenza impugnata si evince che nella specie è stato garantito il rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e, quindi, garantito il contraddittorio preventivo , prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, dovendosi ritenere che detto termine decorreva dalla consegna del verbale di accesso.
5. Con il quinto motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 226 della direttiva n.
2006/112/CE , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in quanto la CTR, pur avendo riconosciuto che i lavori erano stati eseguiti, ha poi ritenuto che l’IVA non fosse detraibile, facendo erroneo riferimento ai principi riguardanti la deducibilità dei costi, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, senza considerare che l’IVA esposta in fattura è detraibile, che le fatture non erano generiche, in quanto indicavano la tipologia RAGIONE_SOCIALE prestazioni eseguite e la loro localizzazione, ed erano state in ogni caso integrate dalla documentazione prodotta dalla contribuente, ivi compresa la periz ia redatta dall’AVV_NOTAIO per l’istituto di credito che aveva erogato il mutuo e che doveva essere considerata una prova documentale.
5.1 Il motivo è inammissibile.
5.2 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, sia in tema di imposizione diretta sia in tema di IVA, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall ‘art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e, quindi, idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità RAGIONE_SOCIALE prestazioni attestate (Cass. n. 21980/15, n. 21446/14, n. 24426/13, n. 9108/12, n. 5748/10), sebbene il contribuente possa integrare il contenuto della fattura con elementi di prova idonei a dimostrare la deducibilità dei costi (Cass. n. 1147/2010).
5.3 Le indicazioni richieste dall’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, infatti, rispondono ad una oggettiva finalità di trasparenza e di conoscibilità, essendo funzionali a consentire l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione, da indicarsi specificandone natura, qualità e quantità, e, di conseguenza, a permettere l’espletamento RAGIONE_SOCIALE attività di controllo e verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 21980/2015).
5.4 Questo collegio intende dare continuità al richiamato orientamento, anche recentemente confermato (Cass. n. 18208/2021), conforme, per quanto riguarda, in particolare, l’IVA, alla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 15 settembre 2016, causa C-516/14, RAGIONE_SOCIALE ), secondo la quale la normativa unionale prescrive l’obbligatorietà dell’indicazione dell’entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, punto 6 della direttiva n. 2006/112, di contenuto analogo all’omologa norma della sesta direttiva), nonché della specificazione della data (art. 226, punto 7) in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi, al fine di consentire alle Amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA, anche se l’Amministrazione finanziaria non si può limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche RAGIONE_SOCIALE informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come emerge, d’altronde, dall’art. 219 della direttiva 2006/112, che assimila a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale.
5.5 Colui che chiede la detrazione dell’IVA, pertanto, ha l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, quindi, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’Amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta.
5.6 La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati, avendo accertato che la contribuente non aveva documentato le spese indicate nelle fatture, in relazione alle quali aveva detratto l’IVA, atteso che dette fatture non indicavano, ‘neppure a grandi linee’, le opere realizzate e i materiali impiegati, limitandosi a fare riferimento a ‘stati di avanzamento lavori’ (SAL),
mai prodotti, neppure nel giudizio, e ritenendo inidonea a sopperire tale mancata produzione la perizia eseguita dal geom. COGNOME.
5.7 Il motivo mira, quindi, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, ad ottenere una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ( ex plurimis , Cass. Sez. U. n. 34476 del 27/12/2019), in quanto sollecita questa Corte ad una nuova valutazione del materiale istruttorio in atti, diversa da quella svolta dai giudici di merito e, per ciò stesso, preclusa al Collegio.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’11 giugno 2024