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Detrazione IVA fatture false: l’onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9962/2024, ha rigettato il ricorso di un’associazione agricola contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che negava la detrazione IVA su fatture ritenute soggettivamente inesistenti. La Corte ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova: spetta all’Amministrazione dimostrare la fittizietà del fornitore e la potenziale conoscibilità della frode da parte del contribuente; a quel punto, spetta al contribuente provare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Detrazione IVA e Fatture False: L’Onere della Prova Ricade sull’Imprenditore Accorto

La gestione della detrazione IVA su fatture false o provenienti da fornitori inesistenti rappresenta una delle aree più critiche e rischiose per le imprese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9962 del 12 aprile 2024, ribadisce i rigorosi principi che regolano l’onere della prova in queste circostanze, sottolineando l’importanza della diligenza professionale del contribuente. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una associazione agricola si vedeva recapitare diversi avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’accusa era grave: indebita detrazione dell’IVA relativa a costi per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, intercorse con una società fornitrice. Secondo l’Amministrazione finanziaria, supportata da un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, la società fornitrice era una mera ‘cartiera’, un’entità fittizia creata al solo scopo di emettere fatture false.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva dato ragione al contribuente, accogliendo il ricorso. Successivamente, però, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in appello, ribaltava la decisione. La CTR riteneva che l’Agenzia delle Entrate avesse fornito un quadro indiziario sufficientemente solido per dimostrare la natura fittizia del fornitore: assenza di una sede, di un amministratore rintracciabile, di documenti contabili e di un’organizzazione di mezzi e persone. Di fronte a tale quadro, l’associazione contribuente ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione.

La Questione della Detrazione IVA su Fatture False

Il cuore della controversia ruotava attorno alla ripartizione dell’onere della prova. Il contribuente sosteneva che l’Agenzia non avesse dimostrato la sua ‘connivenza’ o consapevolezza nella frode. Inoltre, lamentava che i giudici d’appello avessero ignorato fatti decisivi, come una perizia che attestava l’effettiva realizzazione dei lavori e l’archiviazione di un procedimento penale a carico del suo legale rappresentante.

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, cogliendo l’occasione per consolidare i principi giurisprudenziali in materia di detrazione IVA su fatture false.

L’Onere della Prova nelle Frodi IVA

La Suprema Corte ha chiarito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria ha un duplice onere probatorio:
1. Dimostrare, anche tramite presunzioni, gli elementi oggettivi che connotano la fittizietà del fornitore (es. mancanza di struttura, di beni strumentali, ecc.).
2. Provare che il cessionario (il contribuente) sapeva o, usando l’ordinaria diligenza professionale, avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’IVA.

Una volta che l’Amministrazione ha assolto a questo compito, l’onere della prova si inverte. Spetta quindi al contribuente dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie e la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode.

Le Motivazioni

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’Agenzia delle Entrate avesse ampiamente soddisfatto il proprio onere. Gli indizi raccolti (assenza di sede, di documentazione commerciale, di beni strumentali) erano più che sufficienti a dimostrare sia la natura di ‘cartiera’ della società fornitrice, sia la possibilità, per il contribuente, di conoscere tale situazione. Trattandosi dell’esecuzione di un appalto, l’assenza totale di un’organizzazione da parte del fornitore avrebbe dovuto insospettire qualsiasi imprenditore diligente.

La Corte ha inoltre specificato che l’archiviazione del procedimento penale non è vincolante nel processo tributario. Il giudice tributario può prenderla in considerazione come possibile fonte di prova, ma deve valutarla autonomamente nel contesto specifico della controversia fiscale.

Infine, è stato chiarito che la questione riguardava esclusivamente la detraibilità dell’IVA, un principio governato da regole proprie e distinto da quello della deducibilità dei costi ai fini delle imposte sui redditi.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: il diritto alla detrazione dell’IVA non è assoluto. Le imprese devono assumere un ruolo proattivo nella verifica dei propri partner commerciali. Non è sufficiente che la prestazione sia stata effettivamente eseguita; è fondamentale assicurarsi che il fornitore sia un’entità reale e operativa. Ignorare evidenti campanelli d’allarme, come la totale mancanza di una struttura aziendale da parte del fornitore, espone al concreto rischio di vedersi contestata la detrazione IVA su fatture false, con conseguenze economiche significative. La diligenza non è solo una buona pratica commerciale, ma un requisito indispensabile per la tutela dei propri diritti fiscali.

In caso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, chi ha l’onere della prova?
L’onere della prova è ripartito. Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare gli elementi oggettivi della frode (es. la natura fittizia del fornitore) e la conoscibilità della stessa da parte del contribuente. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per evitare di essere coinvolto.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per negare la detrazione IVA?
L’Agenzia deve provare non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il contribuente era a conoscenza della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza professionale. Questa prova può essere fornita anche tramite presunzioni e indizi oggettivi e specifici.

Un’assoluzione in un processo penale per reati tributari ha valore automatico nel processo fiscale?
No. Secondo la Corte, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione non ha efficacia automatica di giudicato nel processo tributario. Può essere considerata dal giudice fiscale come una possibile fonte di prova, ma deve essere valutata nel suo specifico ambito e non è vincolante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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