Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5489 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15925/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; -intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Valle d’Aosta n. 40/2016, depositata il 22 aprile 2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -L’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Valle d’Aosta, il 12 settembre 2014, ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso n. T4A030100647/2014, accertando, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. 633/72, l’indetraibilità ex art. 19 del d.P.R. 633/72 dell’IVA di € 153.994,00 relativa alle operazioni imponibili passive dichiarate (€ 702.759,00), in quanto afferente ad acquisti non inerenti all’attività d’impresa. L’Ufficio, inoltre, per gli stessi motivi, non ha riconosciuto il credito di € 1.947 ,00 risult ante dalla dichiarazione per l’anno 2011 (riportato per €. 1.257 ,00 in quella dell’anno 2012), ha contestato e sanzionato la violazione dell’art. 19 del d.P.R. 633/72 ai sensi dell’art . 6, comma 6, del d.lgs. 471/97 (indebita detrazione d’imposta) e irrogato la sanzione prevista dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. 471/97 poiché è stata presentata una dichiarazione IVA con richiesta di rimborso non spettante per carenza delle condizioni di cui alle lettere a) b) c) d) e) dell’art . 30, comma 3 del d.P.R. 633/72. Da ultimo, ha sanzionato l’irregolare tenuta della contabilità, ai sensi dell’art . 9 del d.lgs. 471/97.
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso avverso il suddetto avviso, chiedendone l’annullamento.
L’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale della Valle d’Aosta, proponeva le proprie controdeduzioni.
Con sentenza n. 49/03/1,5 depositata il 12 agosto 2015, la Commissione tributaria provinciale di Aosta rigettava il ricorso con compensazione delle spese.
-Avverso la suddetta sentenza interponeva appello l’ RAGIONE_SOCIALE
L’Ufficio presentava controdeduzioni, sostenendo l’infondatezza dell’appello proposto.
La Commissione tributaria regionale della Valle d’Aosta, con sentenza n. 40/2016, depositata il 23 dicembre 2016, ha accolto l’appello della contribuente.
-L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art 36 d.lgs. n. 546/92 e dell’art . 100 cod. proc. civ., in relazione al l’ art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. Parte ricorrente contesta la sentenza perché fondata su una motivazione assolutamente incomprensibile, illogica ed intrinsecamente contraddittoria. Si evidenzia, al riguardo, che la sentenza di primo grado non accerta che la contribuente esercita nel concreto un’attività commerciale, anzi fa discendere il difetto del requisito dell’inerenza dalla non riconducibilità delle fatture contestate all’esercizio in fatto di una attività co mmerciale. Nella stessa narrativa in fatto, la Commissione tributaria regionale dà atto della posizione dell’Ufficio, il quale contesta l’effettivo svolgimento di un’attività d’impresa da parte della società. La sentenza sarebbe pertanto manifestamente e intrinsecamente contraddittoria, laddove dichiara ‘non contestato’ ciò che poche righe prima lo è specificamente, illogica, laddove l’accertato difetto di inerenza dei costi della Commissione tributaria provinciale dipendeva proprio dalla mancata prova del contribuente che quei costi si riferivano ad attività d’impresa effettivamente esercitata. Un vero e proprio error in procedendo sarebbe inoltre costituito dal richiamo al difetto di specifica ‘impugnazione’ del punto, dato che l’Ufficio, totalmente ‘vincitore’ in primo grado, non doveva (ed anzi nemmeno poteva, per difetto di interesse) impugnare la sentenza. In ogni caso, come si riporta nella motivazione dell’avviso di accertamento (pag. 8), l’Ufficio ha sempre chiesto la conferma della pretesa impositiva, basata sulla circostanza per la quale l’attività della società, fin dalla
sua costituzione, era limitata alla costruzione di tre villette unifamiliari da destinare ai soci al fine unico di soddisfare le esigenze abitative di questi e non per svolgere un’attività d’impresa volta produrre utili da distribuire ai soci.
Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 2, n. 1), 19 comma 1 e 21 d.P.R. n. 633/72, nonché degli artt. 2727 e 2697 cod. civ., in relazione all’ar t. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. Parte ricorrente contesta la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto assolto l’onere probatorio relativo all’inerenza delle operazioni passive con l’attività edificatoria finalizzata alla vendita attraverso la produzione dei registri IVA, sul presupposto che almeno un’unità immobiliare è stata venduta proprio con atto soggetto ad IVA (vendita a Colmar NOME) e non viene contestato che le operazioni passive siano state strumentali all’ultimaz ione delle unità immobiliari. L’Agenzia delle entrate, al contrario, evidenzia, sulla base delle circostanze dedotte, che sia indubbia l’indetraibilità dei costi affrontati. Il fatto che l’Ufficio non abbia contestato che i costi fossero stati affrontati per la costruzione delle tre villette è irrilevante, poiché si contesta che i costi non sono stati affrontati in un'”ottica’ di impresa. La vendita delle terza villetta (destinata al socio che ha poi receduto) a terzi sarebbe dipesa da diverbi tra i soci e il socio recedente, non certo per una finalità di lucro o rispondente ad una finalità imprenditoriale o di apertura al mercato della società. Nel caso di specie l’Ufficio, ch e ha recuperato ad imposizione dei costi e non ha accertato maggiori ricavi, avrebbe ampiamente dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE non ha mai svolto una effettiva attività d’impresa rivolta al mercato, ma ha solo costruito immobili destinati ai bisogni abitativi dei soci.
1.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
Secondo la costante giurisprudenza di questa S.C., in tema di IVA, la possibilità di portare in detrazione, dall’ammontare
dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, l’imposta assolta o dovuta dal contribuente e a lui addebitata a titolo di rivalsa, in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 17 Dir. CEE 17 maggio 1977, n. 388, è consentita, per le operazioni passive, soltanto ” nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini delle sue operazioni soggette a imposta “. In particolare, la possibilità di detrarre l’imposta inerente a operazioni passive richiede che i beni e i servizi acquisiti siano impiegati nell’ambito di una delle attività economiche indicate nella direttiva e che l’inerenza a tale attività economica sia specificamente provata ogni qual volta essa venga posta in dubbio dall’Amministrazione Finanziaria (Cass., Sez. V, 30 dicembre 2010, n. 26433; Cass., Sez. V, 17 febbraio 2010, n. 3706; Cass., Sez. V, 4 febbraio 2005, n. 2300; Cass., Sez. V, 14 luglio 2004, n. 13056; Cass., Sez. V, 9 aprile 2003, n. 5599). Ne consegue la necessità di accertare, in concreto, l’inerenza delle spese relative a un immobile all’attività di impresa attraverso la verifica della sussistenza di un nesso oggettivo tra il bene e l’esercizio dell’attività economica del soggetto passivo, anche tenendo conto di una valutazione meramente prospettica (Cass., Sez. V, 24 settembre 2019, n. 23694).
Nel caso di specie, la pronuncia impugnata non si è conformata alla giurisprudenza richiamata in merito all’assolvimento dell’onere probatorio relativo all’inerenza delle operazioni passive oggetto di accertamento. Sul punto, la pronuncia risulta priva di motivazione in relazione a due delle tre unità immobiliari (l’unità ceduta a NOME è stata oggetto di vendita con atto soggetto a IVA), facendo discendere l’inerenza di per sé dal mero svolgimento di attività di impresa. Si tratta, invero, di una circostanza in concreto non provata, non essendosi sul punto formato alcun giudicato contrariamente a quanto affermato dal giudice del gravame, avendo l’Agenzia delle entrate contestato sia in primo che in secondo grado
l’effettivo svolgimento di attività di impresa organizzata al fine di ricavare utili. Peraltro, lo svolgimento di attività commerciale di per sé non soddisfa il requisito dell’inerenza, essendo onere di chi invoca la detrazione provare che le operazioni passive sono state effettivamente compiute nell’esercizio d’impresa, cioè in stretta connessione con le finalità imprenditoriali.
-L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo e del quarto motivo (con il terzo motivo si deduce in subordine l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., risultando omesso l’esame delle circostanze in base alle quali emergerebbe l’evidenza del l’indetraibilità dei costi affrontati per costruire le tre villette, in quanto destinate non al mercato bensì ai soci della medesima società. Con il quarto motivo si deduce, in ulteriore subordine, la violazione e falsa applicazione degli art. 18 e 36 d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art . 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., nel caso in cui si accerti che l’unica vendita a terzi posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE abbia rilevanza, sarebbe pacifico come la stessa non avrebbe potuto giustificare l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento ).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione ai motivi accolti e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Valle d’Aosta, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti il terzo e il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Valle d’Aosta, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.