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Detrazione IVA e inerenza: onere della prova

La Corte di Cassazione ha stabilito che la detrazione IVA non è automatica per una società. Se un’impresa costruisce immobili per i propri soci e non per il mercato, i relativi costi non sono considerati inerenti all’attività d’impresa. L’ordinanza chiarisce che spetta al contribuente l’onere di provare il nesso diretto tra i costi sostenuti e un’effettiva attività commerciale finalizzata alla produzione di utili, anche se uno degli immobili viene venduto a terzi.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Detrazione IVA e Inerenza: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico dell’impresa

Il principio di detrazione IVA rappresenta un pilastro del sistema fiscale, ma il suo accesso non è incondizionato. Un’impresa può detrarre l’IVA pagata sugli acquisti solo se questi sono strettamente ‘inerenti’ alla propria attività economica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su questo punto, analizzando il caso di una società immobiliare che aveva costruito villette destinate primariamente ai propri soci. La decisione sottolinea come l’onere di dimostrare tale inerenza spetti sempre e solo al contribuente.

I Fatti di Causa: un Progetto Immobiliare sotto la Lente del Fisco

Una società a responsabilità limitata operante nel settore edile si vedeva notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria contestava l’indebita detrazione di una cospicua somma a titolo di IVA, relativa a costi sostenuti per la costruzione di tre villette unifamiliari. Secondo il Fisco, tali costi non erano inerenti all’attività d’impresa, poiché gli immobili erano stati edificati con il fine esclusivo di soddisfare le esigenze abitative dei soci e non per essere immessi sul mercato e generare utili.

La società si opponeva, sostenendo di aver agito nell’esercizio della propria attività d’impresa. A complicare il quadro, una delle tre villette era stata effettivamente venduta a un soggetto terzo con un’operazione soggetta a IVA. Questo evento, tuttavia, secondo l’Agenzia delle Entrate, era il risultato di dissidi interni tra i soci e non di una strategia commerciale predefinita.

Mentre la Commissione tributaria provinciale dava ragione al Fisco, quella regionale ribaltava la decisione, accogliendo l’appello della società. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ricorreva quindi in Cassazione.

La Decisione della Corte e l’Onere della Detrazione IVA

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della Commissione tributaria regionale e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione si fonda sul principio dell’onere della prova e sulla corretta interpretazione del requisito dell’inerenza ai fini della detrazione IVA.

Gli Ermellini hanno evidenziato la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado. I giudici regionali avevano erroneamente dato per scontato l’effettivo svolgimento di un’attività commerciale da parte della società, senza considerare che proprio questo era il punto contestato dall’Amministrazione Finanziaria fin dal primo grado.

Le Motivazioni della Sentenza: il Principio di Inerenza

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la possibilità di detrarre l’imposta assolta sugli acquisti è consentita solo ‘nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini delle sue operazioni soggette a imposta’. Questo significa che non basta essere una società commerciale per godere automaticamente del diritto alla detrazione. È indispensabile provare, caso per caso, l’esistenza di un nesso oggettivo e funzionale tra il costo sostenuto e l’attività economica esercitata, intesa come un’attività organizzata per produrre e scambiare beni o servizi sul mercato.

Nel caso specifico, la società non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare che la costruzione delle villette fosse finalizzata a un’operazione commerciale. La destinazione originaria degli immobili ai bisogni abitativi dei soci minava alla base il requisito dell’inerenza. La successiva vendita di una delle unità a un terzo, scaturita da eventi particolari (diverbi tra soci), non è stata ritenuta una prova idonea a dimostrare l’esistenza di un’attività d’impresa rivolta al mercato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza funge da importante monito per tutte le imprese, in particolare per quelle a ristretta base societaria o a conduzione familiare. Per poter legittimamente beneficiare della detrazione IVA, è fondamentale poter dimostrare con prove concrete e documentali che ogni costo sostenuto è direttamente e inequivocabilmente collegato a un’attività finalizzata alla produzione di utili e non al soddisfacimento di esigenze personali dei soci. La mera forma societaria non costituisce uno scudo sufficiente: il Fisco e i giudici guardano alla sostanza delle operazioni. Le imprese devono quindi mantenere una contabilità chiara e una documentazione robusta che attesti la finalità commerciale di ogni singola spesa, per non incorrere in costosi contenziosi dall’esito incerto.

È sufficiente essere una società commerciale per poter beneficiare della detrazione IVA sui costi di costruzione di immobili?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, è necessario dimostrare che i costi sono ‘inerenti’, ovvero strettamente e direttamente connessi a un’effettiva attività d’impresa finalizzata a produrre utili sul mercato, e non a soddisfare esigenze personali dei soci.

Su chi ricade l’onere di provare l’inerenza dei costi ai fini della detrazione IVA?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente che invoca il diritto alla detrazione. Se l’Amministrazione Finanziaria contesta l’inerenza, spetta alla società dimostrare con prove concrete il nesso funzionale tra il costo sostenuto e l’attività imprenditoriale svolta.

La vendita di un immobile a un terzo è una prova sufficiente dell’esistenza di un’attività d’impresa?
Non necessariamente. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che una singola vendita, motivata da dissidi interni tra i soci e non da una strategia commerciale, non fosse una prova sufficiente a dimostrare che l’intera operazione di costruzione fosse un’attività d’impresa rivolta al mercato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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