Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30915 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30915 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23798 -20 23 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in atti, rappresentata e difesa, per procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– controricorrente –
Oggetto: TRIBUTI -IVA -impresa – acquisto per attività preparatorie -inerenza – assenza di operazioni attive detrazione
avverso la sentenza n. 2492/01/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del LAZIO, depositata in data 26/04/2024, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 7 novembre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La RAGIONE_SOCIALE, quale socia unica della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, successivamente cessate, aventi ad oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili nonché l’acquisizione, costruzione e messa in opera di centrali elettriche generanti elettricità da fonti rinnovabili, impugnava gli avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2012 e 2013 ed i conseguenziali atti di contestazione delle sanzioni, con cui l’Agenzia delle entrate, sul rilievo che le predette società, poi cessate, nel periodo di attività non avevano posto in essere alcuna operazione attiva, negava il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti effettuati, che recuperava a tassazione, irrogando le relative sanzioni. Inoltre, la predetta società impugnava anche i tre provvedimenti di sospensione dei rimborsi IV A emessi dall’Agenzia delle entrate per il periodo d’imposta 2013, di cui due con riferimento alla società RAGIONE_SOCIALE ed uno con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, in considerazione del contenzioso relativo ad avvisi di accertamento relativi ad altre annualità e di liquidazione di imposte di registro.
2. La CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Roma, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, con la sentenza in epigrafe indicata, rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo detraibile l’IVA alla stregua della giurisprudenza di questa Corte e di quella unionale, in quanto «le operazioni effettuate erano inerenti all’attività prevista, tali permanendo ancorché quest’ultima non si sia
poi effettivamente concretizzata per motivazioni imprenditoriali che possono essere considerate sufficientemente plausibili (essendo peraltro incontestato il sopravvenuto mutamento della disciplina amministrativa del settore)», e precisando che appariva «altresì rilevante, ai fini del decidere, la circostanza che l’Agenzia abbia nel frattempo assunto una diversa posizione, come documentato dalla contribuente, in risposta ad un interpello su situazione similare (risposta n. 584/2021)».
3 . Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso e memoria.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 30 del d.P.R. n. 633 del 1972.
1.1. Sostiene la ricorrente che la CTR aveva «errato nel considerare rilevante e al contempo sufficiente, ai fini della detraibilità dell’IVA, la mera attività preparatoria, pur in assenza di elementi obiettivi, debitamente documentati dalla parte, che provassero la serietà dell’intenzione del contribuente di avviare un’attività economica. In concreto, la CTR ha omesso di accertare se quell’attività preparatoria manifestasse le potenzialità per l’avvio di un’attività economica». Sostiene che, in base ai principi affermati in materia da questo Giudice di legittimità (il richiamo viene fatto a Cass. n. 5599 del 2003 e a Cass. n. 27208 del 2006), seppur il riscontro di operazioni attive da parte della società in un determinato periodo d’imposta non sia condizione necessaria per il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA risultante dalle operazioni passive, nondimeno ciò deve essere escluso allorquando si accerti l’insussistenza dell’effettivo svolgimento da parte della società contribuente di un’attività economica caratterizzata dai
requisiti della professionalità e stabilità. E nel caso di specie «era emerso che le società del gruppo non avevano un’organizzazione autonoma. ma dipendevano organizzativamente e finanziariamente dalla controllante e che non avevano mai svolto in concreto attività d’impresa, dalla data di costituzi one fino alla data di cancellazione dal registro delle imprese, pur avendo sempre lo stesso oggetto sociale, ovvero la produzione di energia elettrica». Sostiene che la detrazione può essere consentita « qualora l’attività preparatoria non sia poi seguita dall’inizio dell’attività d’impresa» ove risulti che «il mancato inizio dell’attività d’impresa sia dipeso da cause estranee alla volontà del soggetto agente e purché l’attività preparatoria non sia fittizia od insufficiente e meramente finalizzata ad un abusivo esercizio della detrazione». Ma «Nel caso che ci occupa, si osserva che il mancato avvio della vera e propria attività di impresa (produzione e commercializzazione di energia solare) non può attribuirsi tout court al mutato panorama normativo (con l’introduzione dei decreti del 5.5.11 e 5.7.12) che prevedeva una riduzione degli incentivi, ma non impediva la realizzazione degli impianti (oggetto sociale delle società confluite nella RAGIONE_SOCIALE. La scelta di non realizzare gli impianti è frutto di una valutazione discrezionale della Società e non può essere attribuita, perlomeno interamente, all’emanazione dei predetti decreti, dal momento che gli stessi avrebbero comportato un minor profitto, ma non impedivano la realizzazione degli impianti, come riconosciuto dalla controparte nei precedenti scritti difensivi».
1.2. Quanto alla risposta ad interpello citata nella sentenza impugnata (n. 584 del 2021), sostiene la ricorrente che la stessa era stata mal interpretata in quanto « Quest’ultimo atto infatti, lungi dal segnare una diversa posizione sulla questione da parte dell’Amministrazione, condiziona la spettanza del diritto di detrazione all’effettiva connessione degli acquisti effettuati con
l’espletamento della progettata attività e delle conseguenti operazioni attive, che comunque, ai sensi dell’art. 19 del Decreto IVA, conferiscono il diritto alla detrazione. Come si legge nel citato documento, la circostanza sopra rappresentata implica una valutazione delle circostanze di fatto collegate alla progettata attività, utile anche al fine di escludere che l’intera operazione sia stata preordinata dalle parti per abusare della disciplina in tema di detrazione».
Il motivo, che è ammissibile, in quanto correttamente deduce l’erronea sussunzione da parte dei giudici di appello della fattispecie concreta nelle previsioni di legge censurate senza alcuna mescolanza di censure ed è congruamente centrato sulla statuizione d’appello, è comunque infondato.
2.1. In materia di detraibilità dell’IVA in fattispecie, come quella in esame, in cui non siano state effettuate operazioni attive, questa Corte ha da tempo affermato (Cass. n. 7344 del 2021; Cass. n. 18745 del 2016; Cass. n. 23994 del 2018 e, più recentemente, Cass. n. 11213 del 2023, citata dalla stessa ricorrente) che «ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive occorre accertarne l’effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia tuttavia richiesto il concreto svolgimento dell’attività di impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché il bene o il servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica programmata in vista della successiva attuazione e il mancato utilizzo sia determinato da cause indipendenti dalla volontà del contribuente, sia pure assunte in un’accezione ampia (così in Cass. n. 7440 del 17/03/2021, Rv. 661256 -01).
2.2. Queste pronunce si muovono sul solco del diritto unionale come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (tra le tante, Corte giust. 28 febbraio 1996, in causa C-110/94, Inzo; Corte giust. 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal; Corte giust. 8 giugno 2000, causa C400/98, NOME COGNOME; Corte giust., 2 giugno 2016, causa C263/15, Lajver; Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-672/16, Imofloresmira -In vestimentos RAGIONE_SOCIALE SA) secondo cui è considerato soggetto passivo IVA il soggetto che ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica e sostiene a tal fine le prime spese di investimento e che, come tale, ha diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa.
2.3. La detrazione ovvero l’alternativo rimborso (arg. da Cass., Sez. 5, 18/12/2019, n. 33593, Rv. 656409-01) è però concessa all’accertata sussistenza di elementi oggettivi che confermano quell’intenzione e dall’assenza di finalità fraudolente o abusive, con onere della prova, in tale ultimo caso, a carico dell’amministrazione finanziaria (arg. da Cass., Sez. 6-5, 13.4.2017, n. 9610, Rv. 64395601; in termini Cass. n. 11213 del 2023, cit.).
2.4. In particolare, richiamando quanto affermato in Cass. n. 7344 del 2021, occorre:
che il bene o servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa o funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (in linea, Cass. 26 febbraio 2019, n. 5559 e 12 febbraio 2020, n. 3396); e a tal fine, secondo la giurisprudenza unionale, utili parametri di riscontro sono, ad esempio, la natura del bene, il periodo di tempo intercorso tra
l’acquisto del bene ed il suo uso effettivo, le iniziative svolte dal soggetto passivo al fine di eliminare il temporaneo ostacolo all’impiego effettivo del bene (come la realizzazione di interventi materiali volti a predisporre il bene od a conformarlo alle esigenze organizzative aziendali o la richiesta di autorizzazioni o permessi necessari all’utilizzo del bene), il confronto tra il concreto impiego del bene e le modalità in cui viene invece normalmente esercitata l’attività economica (Corte giust. 22 marzo 2012, causa C-153/11, Klub ODD; Corte giust. 20 giugno 2013, causa C219/12, Fuchs);
b) che il mancato utilizzo del bene sia determinato da cause indipendenti dalla (secondo CGUE, sentenza del 18.5.2021, in causa C-248/20, «estranee» alla) volontà del soggetto acquirente, sia pure assunte in un’accezione ampia (come ha fatto la Corte di giustizia, a proposito della decisione di un soggetto passivo di non dare concreto inizio all’attività economica per effetto dei risultati di uno studio di fattibilità commissionato a terzi: Corte giust. in causa C110/94, cit.; nella medesima direzione da ultimo, Corte giust. 12 novembre 2020, causa C-734/19, Soc. RAGIONE_SOCIALE Timisoara).
3. Orbene, la statuizione impugnata si pone in linea con i principi sopra enunciati, atteso che la scelta imprenditoriale di non proseguire l’attività nella specie trova ampia giustificazione , come correttamente ritenuto dai giudici di appello, nel «sopravvenuto mutamento della disciplina amministrativa nel settore», ovvero nella drastica riduzione delle tariffe incentivanti nel settore fotovoltaico, così da rendere antieconomica l’attività programmata; circostanza, questa, di per sé sufficiente, alla stregua di quanto sopra detto circa l’ampia accezione fornita dalla giurisprudenza unionale della non volontarietà delle cause determinanti il mancato utilizzo dei beni acquistati, a giustificare l’interruzione dell’attività imprenditoriale intrapresa con conseguent e cessazione dell’attività.
All’accoglimento del motivo in esame consegue la conferma della sentenza impugnata e, quindi, l’annullamento degli atti impositivi.
La ricorrente, rimasta soccombente, va condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024