Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21145 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21145 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 29/07/2024
Oggetto: tributi enti non commerciali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12013/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALECODICE_FISCALE e dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALECODICE_FISCALE in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivame nte domiciliata presso lo studio dell’Avv. Prof. NOME COGNOME e dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 1984/05/15, depositata in data 9 novembre 2015 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’RAGIONE_SOCIALE contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2009 con il quale, a seguito di verifica conclusasi con PVC in data 9 ottobre 2012, si disconosceva in capo all’RAGIONE_SOCIALE il requisit o della non commercialità ai fini della fruizione delle agevolazioni previste per le associazioni sportive dilettantistiche, con conseguente recupero di imposte dirette, IRAP e IVA.
La CTP di Arezzo ha accolto il ricorso.
La CTR della Toscana, con sentenza qui impugnata (per quanto qui ancora rileva), ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello fornita la prova della natura non commerciale dell’RAGIONE_SOCIALE contribuente, valorizzando gli elementi contenuti nel PVC, avuto riguardo allo svolgimento di attività promozionale, ai corrispettivi versati dai frequentatori, di natura diversa da quanto previsto dallo statuto in materia di quote degli associati, i quali beneficiavano di sconti e abbonamenti differenziati. Il giudice di appello ha, poi, valorizzato le dimensioni dei locali e la qualità delle attrezzature, nonché la presenza benessere che non avevano alcuna rilevanza ai fini della promozione RAGIONE_SOCIALE. E’, stato inoltre ritenuta indebita la detrazione IVA.
Propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE contribuente, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da memoria ; l’Ufficio si è costituito ai soli fini della partecipazione dell’udienza di discussione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost., 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 36, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992. n. 546, per motivazione apparente in ordine alla qualificazione dell’RAGIONE_SOCIALE come ente commerciale. Parte ricorrente denuncia omesso esame delle prove addotte dal contribuente in primo grado e valorizzate dal giudice di primo grado (relativi, tra le altre cose, all’affiliazione dell’RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE, al tesseramento degli associati, nonché al rispetto del principio di democraticità e di partecipazione e al divieto di distribuzione degli utili, allo svolgimento di attività agonistica, alle ragioni della diversificazione del costo delle prestazioni) essendosi il giudice di appello, quanto alla prova contraria, limitato ad utilizzare mere formule di stile, circostanza che non consente di comprendere il percorso argomentativo seguito dal giudice di appello.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi del giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituiti dallo Statuto dell’RAGIONE_SOCIALE , dalle attività svolte dai relativi organi direttivi e dai soci ai fini della ricorrenza dei requisiti di cui all’art. 148 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), dalla affiliazione al RAGIONE_SOCIALE, dal tesseramento degli associati, dalla non identità tra gli associati dell’RAGIONE_SOCIALE e i soci RAGIONE_SOCIALE, dalle disposizioni statutarie che dimostrerebbero il rispetto del principio di democraticità e di partecipazione e il divieto di distribuire utili, nonché dallo svolgimento di attività agonistica e dalle ragioni della
diversificazione del costo delle prestazioni per gli associati, già valorizzati dal giudice di primo grado, circostanze di cui allega la decisività in forza della pregressa valorizzazione delle medesime da parte del giudice di primo grado.
Con il terzo motivo si deduce in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 148 TUIR, nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato il riconoscimento della natura di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dilettantistica, evidenziandosi che le clausole statutarie prevedevano espressamente il divieto di distribuire utili ed erano rispettose dei principi di democraticità e di partecipazione, nonché contemplavano l ‘obbligo di redazione di un re ndiconto economico e finanziario.
Con il quarto motivo si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e degli artt. 73 e 78 Dir. 2006/112/CE, nella parte in cui la sentenza ha escluso la detrazione IVA. Osserva parte ricorrente che, in caso di riconoscimento della natura commerciale dell’RAGIONE_SOCIALE contribuente, l’IVA dovrebbe essere detratta per rispetto del principio di neutralità.
Il primo motivo è infondato, in conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la nullità della sentenza può essere predicata in caso di assoluta incomprensibilità del percorso logico seguito dal giudice ai fini della decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). Il giudice di appello ha riconosciuto fondati, ai fini della perdita della natura non commerciale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contribuente, gli elementi contenuti nel PVC indicati in sentenza (svolgimento di attività promozionale, difformità dei corrispettivi versati dagli associati rispetto alle previsioni statutarie e loro natura differenziata, nonché l’esistenza di strutture non compatibili con una attività di promozione RAGIONE_SOCIALE) e ha poi ritenuto che « l’RAGIONE_SOCIALE
non ha dimostrato, sulla base degli elementi probatori esaminati ed analiticamente indicati nel p.v.c. che l’attività svolta non aveva natura commerciale, né ha superato la presunzione della natura commerciale delle prestazioni fornite e dei beni ceduti dietro corrispettivo ». Tale affermazione dà contezza del percorso logico, per quanto molto sintetico, seguito dal giudice di appello.
6. Il ricorrente insiste in memoria sul fatto che il giudice di appello avrebbe ritenuto legittimo l’avviso impugnato « senza spiegare le ragioni che hanno condotto i Giudici del gravame a riformare la sentenza di primo grado la quale, per conto, aveva trovato nelle allegazioni della contribuente elementi utili e sufficienti a superare le contestazioni dell’Ufficio ». Orbene, considerato che il motivo proposto attiene propriamente alla nullità della sentenza per motivazione apparente e non anche alla omessa pronuncia, va ricordato il principio costantemente applicato da questa Corte secondo cui, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153).
7. Il secondo motivo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, il ricorrente non ha indicato la decisività dei plurimi fatti storici indicati dal ricorrente, essendosi limitato a dedurre che la valutazione di tali fatti aveva condotto il giudice di primo grado all’accoglimento del ricorso. Di converso, il giudizio di decisività
va inteso come percorso logico-argomentativo secondo il quale la considerazione dei fatti non oggetto di esame da parte del giudice del merito avrebbe potuto comportare, secondo parametri di elevata probabilità logica, un esito diverso della controversia (Cass., Sez. V, 31 maggio 2022, n. 17480; Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26794).
8. In secondo luogo, il ricorrente non ha propugnato la valutazione di fatti storici pretermessi dal giudice di appello, bensì ha inteso giungere a un diverso apprezzamento degli elementi indiziari di carattere istruttorio, addotti dal giudice di appello il cui omesso esame -esame, invero, valorizzato dal giudice di primo grado -si risolve in un diverso apprezzamento degli elementi istruttori, che non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476). Circostanza avvenuta nel caso di specie, ove il giudice di appello ha focalizzato l’attenzione sul lo stravolgimento della vita associativa in difformità da quanto indicato nelle clausole statutarie (il che implica che le clausole statutarie sono, comunque, state oggetto di esame), ai fini della perdita della natura non commerciale della RAGIONE_SOCIALE contribuente.
9. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente, attraverso la censura per violazione di legge, mira a un diverso apprezzamento delle prove e a un diverso accertamento in fatto circa la perdita della natura non commerciale dell’RAGIONE_SOCIALE. Anche in tal caso, la deduzione della violazione delle norme in tema di enti di tipo associativo (art. 148 TUIR) maschera una rivalutazione del ragionamento decisorio, che ha portato il giudice del merito a ritenere che la RAGIONE_SOCIALE contribuente avesse perso la propria natura non
commerciale. Così facendo il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758).
Il quarto motivo è fondato. Secondo una costante giurisprudenza, il sistema delle detrazioni (lo « scorporo » di cui parla il ricorrente della quota IVA dalle singole prestazioni) è inteso a esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue proprie attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA ( CGUE, 5 luglio 2018, Marle Participations, C -320/17, punto 25). Ne consegue che l’interessato ha diritto alla detrazione, a condizione che egli sia un soggetto passivo IVA e che i beni o i servizi invocati a fondamento della detrazione siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta (CGUE, 8 settembre 2022, Finanzamt, C-98/21, punto 39; CGUE, 3 luglio 2019, The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge, C -316/18, punto 23). Il riconoscimento della natura commerciale della RAGIONE_SOCIALE contribuente da parte dell’Ufficio comporta che la stessa RAGIONE_SOCIALE possa beneficiare della detrazione IVA, in concorso dell’ accertamento dell’ utilizzo dei beni e servizi invocati a giustificazione della detrazione ai fini delle operazioni soggette a imposta.
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al quarto motivo, cassandosi la sentenza con rinvio per nuovo esame, oltre che per la regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il quarto motivo, rigetta gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 27 marzo 2024