Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8040 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8040 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6336/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-PALERMO n. 4352/2019 depositata il 10/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1 COGNOME NOME , titolare di omonima ditta individuale esercente l’attività di macelleria, era attinto, a seguito di p.v.c. della Guardia RAGIONE_SOCIALE in data 30 aprile 2015, dall’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, mediante il quale l’RAGIONE_SOCIALE, stante l’omessa presentazione della dichiarazione, determinava, ai sensi degli artt. 39, 41 e 41 -bis DPR n. 600 del 1973 e 55 DPR n. 633 del 1972, un reddito d’impresa pari ad euro 136.112, a valere anche per l’IRAP, ed un volume d’affari pari ad euro 1.399.851, dal quale scaturiva IVA a debito per euro 163.836, richiesta in pagamento nella minor misura di euro 146.879 stanti i versamenti ‘medio tempore’ comunque effettuati.
In punto di determinazione dell’IVA, nel p.v.c. era scritto:
Le vendite dell’anno (volume d’affari) ammontano a complessivi euro 1.397.570,80 IVA euro 163.836,52 , aggiungendovisi, subito in appresso:
Nell’anno in esame la ditta ha effettuato acquisti intracomunitari per complessivi euro 228.346 (come risulta dalle
interrogazioni al sistema VIES) ma ha regolarmente presentato i relativi modelli intrastat trimestrali per euro 177.768 .
Il contribuente presentava ricorso, parzialmente accolto dalla CTP di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 3062/12/2018. In particolar modo la CTP accoglieva il ricorso relativamente ‘all’infondatezza del recupero IVA per acquisti comunitari dell’importo di euro 228.346, effettuati in assenza di autorizzazione, in ragione dell’illegittimità del provvedimento del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 188376 del 2010′.
Per quanto di interesse, proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE, lamentando non essere il rilievo indicato dalla CTP stato formalizzato nell’atto impugnato.
Così (alla stregua del ricorso per cassazione) letteralmente deduceva:
Con il presente motivo di ricorso la parte eccepisce l’infondatezza del recupero dell’IVA relativa agli acquisti intracomunitari effettuati in assenza di autorizzazione ell’avviso di accertamento, pur dandosi atto della revoca dell’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie intervenuta in data 31/12/2008, non si è proceduto al recupero dell’IVA ad esse relative …. Conseguentemente, poiché nessun rilievo diretto scaturiva per il 2009 dalla revoca dell’autorizzazione, l’accoglimento del motivo di ricorso non determina alcuna
conseguenza sull’accertamento induttivo operato dall’Ufficio , soggiungendo essere caduto il primo giudice in contraddizione per aver accolto il ricorso nella parte concernente l’illegittimità del provvedimento di revoca, nonostante che avesse escluso la detraibilità dell’IVA sugli acquisiti per l’omissione della dichiarazione e le irregolarità riscontrate.
La CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato sul punto l’appello incidentale dell’Ufficio, osservando:
el tutto correttamente la Commissione RAGIONE_SOCIALE ha accolto il ricorso relativamente al recupero dell’iva degli acquisti intracomunitari ‘in tema di cessioni intracomunitarie, la mancata iscrizione dell’impresa cessionaria nel registro VIES non costituisce indizio della inesistenza dell’operazione ‘ .
Propone il ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo; resiste con controricorso il contribuente.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione, ex art. 360 n. 4 cpc, dell’art. 36 D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, in combinato disposto con l’art. 132 cpc e 111 Cost. nonché con l’art. 112 cpc’.
1.1. Ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE, la CTR ha annullato la ripresa dell’IVA nonostante che essa non vi sia mai stata. ‘Ciò emerge dalla lettura dell’avviso di accertamento ove risulta che l’Ufficio Controlli ha preso quale importo del volume d’affari quello dei ricavi risultanti dal bilancio (pag. 10 del p.v.c. trascritto in narrativa) e da lì, ai sensi dell’articolo 55 del DPR n. 633 del 1972, ha proceduto a determinare l’imposta a debito. Poiché la base imponibile ai fini IVA, dunque, coincideva coi ricavi, in tale voce non sono state ricomprese le operazioni intracomunitarie, che come tali sono registrate col sistema dell’inversione contabile ‘, ai sensi dell’art. 47 d.l. n. 331 del 1993. ‘Da ciò deriva il doppio errore in cui sono incorsi i giudici quando hanno ritenuto di annullare la ripresa IVA sugli acquisti intracomunitari: in primo luogo perché, come visto, essa non è mai stata effettuata e in secondo luogo perché se si dovesse dar seguito alla sentenza si genererebbe un salto d’imposta relativamente alla mancata considerazione dell’IVA anche a debito’, nel senso che ‘annullare l’asserito recupero IVA significherebbe rendere le operazioni intracomunitarie non più fiscalmente neutrali ma attribuirebbe al contribuente un illegittimo risparmio d’imposta’. La CTR incorre in un ulteriore errore, in quanto ‘la riqualificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni intracomunitarie in cessioni nazionali potrebbe fondare un recupero IVA solo nei confronti del cedente estero e non già, come nel caso che ci occupa, nei confronti del
cessionario italiano’. ‘A ciò si aggiunga, quale ulteriore motivo di ricorso il rischio che, per come è formulata la sentenza in oggetto, la sua esecuzione porti a una doppia indebita detrazione dell’IVA sugli acquisti intracomunitari’, avendo la CTR affermato (a p. 2 della sentenza impugnata) che, ‘quanto alla seconda doglianza inerente il diniego di detrazione dell’IVA sugli acquisti, si osserva che in effetti il diritto sussiste avendo gli accertatori verificato la correttezza RAGIONE_SOCIALE liquidazioni periodiche dell’impresa’. ‘ giudici hanno erroneamente ritenuto che l’IVA afferente le operazioni intracomunitarie non fosse già stata conteggiata nell’ambito RAGIONE_SOCIALE liquidazioni periodiche, quasi come se queste ultime comprendessero le sole operazioni nazionali . Al contrario le liquidazioni periodiche tengono necessariamente conto di tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA ‘. ‘In conclusione, la sentenza è affetta da vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, circa l’impugnazione fornita dall’Ufficio e in relazione all’oggetto del processo, ed è parimenti viziata per motivazione apparente e travisamento dei fatti ‘.
Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
2.1. Esso è formulato in via cumulativa, deducendo, in un’unica rubrica ed in un unico sviluppo illustrativo, due censure affatto eterogenee, senza distinta possibilità di ripartizione, per l’effetto presupponendo un non consentito intervento suppletivo di questa Suprema Corte.
2.2. Esso, inoltre e soprattutto, sconta un difetto originario di precisione, in quanto, pur riproducendo il rilievo formulato nel p.v.c., non riproduce invece l’avviso di accertamento, con riferimento al quale l’allegazione secondo cui ‘la ripresa dell’IVA sugli acquisti intracomunitari non vi è mai stata’ si rivela meramente assertiva, in specie a fronte del tenore del controricorso, in cui specificasi che ‘l’avviso (che richiamava ‘per relationem’ il PVC) aveva ad oggetto le seguenti contestazioni: 2. Indebita detrazione IVA sugli acquisti intracomunitari a seguito della revoca d’ufficio dell’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie in data 31.12.18′, ricopiandosi, qualche pagina oltre, altresì la pertinente parte di motivazione, a termini della quale ‘la ditta verificata ha effettuato, nell’anno 2009, acquisti intracomunitari di carne per complessivi euro 228.346 ha avuto la revoca d’ufficio dell’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie in data 31/12/2008 ma non ha provveduto a richiedere una nuova autorizzazione; il contribuente con autorizzazione revocata non può effettuare acquisti intracomunitari di beni le operazioni economiche effettuate con contribuenti di Paesi membri della E devono essere considerate come nazionali. In assenza di revoca l’IVA sugli acquisti intracomunitari annotata in contabilità ai sensi dell’art. 47 D.L. n. 331/93 va considerata indebitamente detratta’.
Siffatto difetto originario di precisione si estende al seguito del ragionamento proposto dall’RAGIONE_SOCIALE nel motivo, laddove, facendo espresso riferimento all’avviso (‘Ciò emerge dalla lettura dell’avviso di accertamento ove risulta che ‘), ma richiamando tra parentesi il solo pvc (‘pag. 10 del p.v.c. trascritto in narrativa)’, sostiene che, poiché in avviso il volume d’affari sarebbe stato fatto coincidere con i ricavi iscritti a bilancio, restano escluse dalla base imponibile le operazioni intracomunitarie in quanto registrate in ‘reverse charge’. Anche la coincidenza del volume d’affari assunto in avviso con i ricavi iscritti a bilancio costituisce infatti un’affermazione apodittica, siccome non supportata da alcuna citazione dell’avviso stesso.
2.3. Peraltro, come condivisibilmente rilevato in controricorso, a fronte di un’esplicita affermazione dell’avviso circa il doversi considerare ‘indebitamente detratta’ ‘l’IVA sugli acquisti intracomunitari’, affermazione fondante un concreto interesse del contribuente all’impugnazione quantomeno, pur cioè in difetto (secondo la prospettazione agenziale) di recupero in avviso, per evitare di essere esposto ad una separata contestazione, con irrogazione di sanzioni, discendente dalla cristallizzazione dell’affermazione stessa, la mancanza di una diretta incidenza, relativamente all’anno 2009, dell’annullamento del recupero dell’IVA intracomunitaria sulla determinazione induttiva del reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55 DPR n. 633 del 1972, siccome
evidenziata persino nell’atto di appello (a termini del quale ‘poiché nessun rilievo diretto scaturiva per il 2009 dalla revoca dell’autorizzazione, l’accoglimento del motivo di ricorso non determina alcuna conseguenza sull’accertamento induttivo operato dall’Ufficio’), disvela altresì un’obiettiva assenza di interesse in capo all’RAGIONE_SOCIALE alla proposizione, sul punto, del ricorso per cassazione. Nessun risultato pratico, infatti, a tenore RAGIONE_SOCIALE stesse parole dell’RAGIONE_SOCIALE, è da questa attingibile.
L’esito del giudizio comporta che l’RAGIONE_SOCIALE debba essere condannata alle spese, nella misura determinata, secondo tariffa, in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a rifondere a COGNOME NOME le spese, liquidate in euro 10.000, oltre euro 200 per esborsi, contributo forfettario al 15% ed accessori, se ed in quanto dovuti.
Così deciso a Roma, lì 5 ottobre 2023.