Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5129 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 27817/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL;
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio -sezione staccata di Latina n. 1705/18/2021, depositata il 29.03.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Latina accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione per l’anno 2010, con la quale era
Oggetto: Tributi – IVA – detrazione
stata disconosciuta la detraibilità del credito IVA utilizzato in compensazione nell’anno 2010, maturato nell’anno di imposta 2009, ritenendo che il mancato invio della dichiarazione dei redditi Unico 2010, relativa all’anno 2009, a mezzo posta raccomandata e non telematicamente rappresentava un mero errore formale;
con la sentenza n. 5056/19/2017, la CTR del Lazio -sezione staccata di Latina accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate ;
proposto ricorso per cassazione dalla contribuente, questa Corte, con ordinanza n. 4160 del 2020, accoglieva il ricorso nei termini di cui in motivazione e cassava con rinvio la sentenza impugnata;
a seguito della riassunzione del ricorso, la CTR del Lazio -sezione staccata di Latina, con la sentenza in epigrafe indicata, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, rigettava il ricorso della contribuente, osservando, per quanto qui ancora rileva, che:
-non era condivisibile l’assunto della contribuente (secondo la quale l’Ufficio si era limitato a recuperare l’IVA con l’iscrizione a ruolo a seguito di liquidazione automatica senza effettuare alcun accertamento e che il credito non era stato mai disconosciuto), in quanto la contribuente non aveva presentato la dichiarazione per gli anni 2006 e 2007, non erano condivisibili le prove fornite dalla contribuente che ‘ non poteva comunque dimostrare una valida dichiarazione in formato cartaceo, tenuto conto che tale opzione era prevista in alternativa soltanto per le persone fisiche ‘;
la RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
l ‘A genzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia la erronea e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 del d.P.R. n. 322 del 1998, 8 del d.lgs. n. 471 del 1998, 6, 7 e 10 della l. n. 212 del 2000, 97 e 98
Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR, in sede di rinvio, applicato le indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza di rinvio, non avendo considerato che, sebbene le dichiarazioni relative agli anni 2006 e 2007 fossero state omesse, il credito IVA, come risultava dal cassetto fiscale, derivava da operazioni compiute negli anni dal 2000 al 2005, per l’importo pari ad € 29.307,00, e per l’anno di imposta 2008 la dichiarazione dei redditi era stata regolarmente presentata, con l’indicazione del predetto credito, come risultava confermato dallo stesso ufficio nel proprio atto di appello;
con il secondo motivo, deduce la violazione del d.P.R. n. 633 del 1972, del d.P.R. n. 322 del 1998, del d.lgs. n. 471 del 1997 e della l. n. 212 del 2000, nonché dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi su un punto essenziale della controversia, avendo la contribuente rilevato, nel ricorso in riassunzione, che per l’anno d’imposta 2008 la dichiarazione dei redditi della società, riportante il medesimo credito IVA, era stata regolarmente presentata e tale circostanza non era stata contestata dall’Agenzia delle entrate, ma, anzi, dalla stessa confermata nell’atto di appello; ribadisce che non erano previste sanzioni per l’ invio della dichiarazione dei redditi a mezzo posta, anziché in via telematica, atteso che l’unica imposizione riguardava la redazione della dichiarazione dei redditi sui modelli approvati dal Ministero;
i predetti motivi, che vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono entrambi inammissibili e comunque infondati;
-con l’ordinanza di rinvio n. 4160 del 2020 sono stati ribaditi i seguenti principi: a) la dichiarazione presentata a mezzo posta, anziché in via telematica, è affetta da nullità ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.P.R. n. 322 del 1988; b) detta dichiarazione, sebbene
nulla, non impedisce al contribuente di usufruire, al pari della omessa dichiarazione, a determinate condizioni, del credito eventualmente maturato nel corrispondente anno di imposta, secondo il principio per cui ‘La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili’ (Cass. Sez. U. 8.09.2016, n. 17757 e Cass. 3.04.2018, n. 8131);
il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purché essa risulti dalle dichiarazioni periodiche e siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione;
al riguardo giova ribadire che se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova; di contro, se a tali obblighi non si attiene, spetta al contribuente fornire adeguata prova
dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. n. 7576 del 2015);
il giudice di merito, pertanto, deve accertare la spettanza del credito IVA, utilizzato nell’anno di imposta oggetto di accertamento, in quanto la questione della detrazione si sposta, a quel punto, su un piano esclusivamente di natura probatoria, nel senso che l’infrazione è da ritenere emendabile sul piano del rapporto impositivo quando si disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa, sempreché non risulti in concreto impedita la prova della sussistenza dei requisiti sostanziali (Cass. 17 marzo 2017, n. 6921; Cass. 23 febbraio 2018, n. 4392, in motivazione);
la CTR si è attenuta ai richiamati principi, accertando in sede di rinvio che il credito era stato disconosciuto dall’Ufficio e che le prove fornite dalla contribuente non erano ‘condivisibili’, tenuto conto anche del fatto che non risultavano presentate le dichiarazioni relative agli anni 2006 e 2007 , con ciò accertando l’insussistenza dei requisiti sostanziali;
le censure mirano, quindi, alla rivalutazione dei fatti prospettando un nuovo apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017);
in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate coma in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 4.300,00, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 3 dicembre 2024