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Detraibilità IVA con fondi pubblici: onere della prova

La Corte di Cassazione ha affrontato un caso sulla detraibilità IVA per acquisti finanziati con contributi pubblici. L’Amministrazione Finanziaria negava la detrazione, sostenendo che gli acquisti fossero per fini istituzionali. La Corte ha stabilito che l’onere di provare la natura commerciale delle operazioni, che dà diritto alla detrazione, spetta esclusivamente al contribuente, annullando la decisione precedente che aveva concesso una detrazione parziale senza prove sufficienti.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Detraibilità IVA e Contributi Pubblici: Chi Deve Provare il Diritto allo Sgravio?

La questione della detraibilità IVA sugli acquisti effettuati da enti e associazioni che beneficiano di contributi pubblici a fondo perduto è un tema complesso e spesso oggetto di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, ribadendo un principio fondamentale del diritto tributario: l’onere della prova grava interamente sul contribuente. L’ordinanza analizza il caso di un’associazione che, avendo ricevuto fondi pubblici, si è vista contestare la detrazione dell’IVA sui relativi acquisti. Vediamo nel dettaglio i fatti e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Contenzioso

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato a un’associazione di produttori in liquidazione. L’Amministrazione Finanziaria contestava l’indetraibilità dell’IVA assolta su acquisti di beni e servizi effettuati beneficiando di contributi pubblici a fondo perduto. Secondo il Fisco, tali acquisti erano da considerarsi non imponibili, in quanto finalizzati al perseguimento degli scopi istituzionali dell’ente e non a un’attività commerciale.

L’associazione ha impugnato l’atto, sostenendo che gli acquisti fossero invece inerenti alla propria attività commerciale e, di conseguenza, l’IVA fosse pienamente detraibile. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva accolto parzialmente l’appello dell’associazione, riconoscendo il diritto alla detrazione ma limitandolo secondo il criterio del pro rata. Questa decisione implicava che la CTR avesse ritenuto che l’associazione svolgesse sia attività imponibili che operazioni esenti. Insoddisfatte, sia l’associazione che l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte e la questione della detraibilità IVA

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di secondo grado, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria e rigettando quello dell’associazione. Il punto centrale della decisione è l’affermazione del principio secondo cui l’onere di provare l’esistenza di operazioni commerciali che danno diritto alla detrazione dell’IVA spetta al contribuente.

La Suprema Corte ha ritenuto che la CTR avesse errato nel riconoscere una detrazione parziale senza che l’associazione avesse fornito prove concrete e specifiche a sostegno della propria tesi. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio a un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio.

Le Motivazioni: l’Onere della Prova grava sul Contribuente

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri principali: il difetto di specificità del ricorso del contribuente e l’inversione dell’onere della prova operata dal giudice di secondo grado.

Il Principio di Autosufficienza del Ricorso

Innanzitutto, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’associazione per difetto di specificità. L’associazione sosteneva di svolgere unicamente attività commerciale e che quindi l’IVA fosse integralmente detraibile, senza però trascrivere o allegare i documenti a sostegno di tale tesi. Si è limitata a un generico riferimento ad atti, impedendo alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza della censura. Questo richiama il principio di autosufficienza del ricorso, secondo cui chi impugna una sentenza deve fornire alla Corte tutti gli elementi necessari per decidere, senza che questa debba ricercarli altrove.

L’onere di dimostrare l’attività commerciale e la detraibilità IVA

Il motivo principale dell’accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate risiede proprio sull’onere della prova. La Corte ha chiarito che, di fronte a una contestazione dell’Amministrazione Finanziaria, è il contribuente che deve dimostrare l’effettiva esistenza di operazioni commerciali soggette a IVA.

La CTR si era limitata a una generica ricognizione della normativa sul pro rata, senza però verificare nel concreto, sulla base di elementi fattuali, se e quali operazioni commerciali fossero state effettivamente poste in essere dall’associazione. In assenza di tale prova, che gravava sull’associazione, il giudice non avrebbe potuto riconoscere alcun diritto alla detrazione, neppure parziale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprese e Associazioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto tributario con importanti implicazioni pratiche. Le imprese e le associazioni che ricevono contributi pubblici e intendono esercitare la detraibilità IVA sugli acquisti correlati devono essere pronte a dimostrare in modo documentale e inequivocabile la connessione tra tali acquisti e un’attività commerciale imponibile. Non è sufficiente una mera affermazione, ma è necessaria una prova concreta che sostenga il diritto alla detrazione. In caso di contenzioso, l’assenza di tale prova porterà inevitabilmente al rigetto delle pretese del contribuente, come chiaramente stabilito dalla Suprema Corte.

Ricevere contributi a fondo perduto impedisce la detraibilità dell’IVA sugli acquisti?
No, secondo la giurisprudenza citata dalla Corte, l’erogazione di contributi pubblici non preclude di per sé la detraibilità dell’IVA, a condizione che gli acquisti siano effettivamente impiegati in un’attività commerciale che genera operazioni imponibili.

In un contenzioso sulla detraibilità IVA, chi deve fornire le prove?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. È l’impresa o l’associazione che deve dimostrare, con documenti e prove concrete, che gli acquisti per i quali chiede la detrazione sono stati utilizzati per svolgere operazioni commerciali soggette a IVA.

Cosa succede se un’associazione svolge sia attività commerciali che istituzionali?
In tal caso, la detrazione dell’IVA è generalmente ammessa in modo parziale secondo il criterio del ‘pro rata’. Tuttavia, la Corte chiarisce che anche per applicare il pro rata è necessario che il contribuente provi quali e quante operazioni commerciali ha effettivamente svolto, altrimenti nessun diritto alla detrazione può essere riconosciuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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