Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29769 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29769 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 24226/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso l’AVV_NOTAIO in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , domiciliata ex lege presso gli uffici dell’Avvocatura generale dello Stato, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1345/2019 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 16 dicembre 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Nell’anno 2011, RAGIONE_SOCIALE realizzò un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune di Tolve, usufruendo degli incentivi previsti dal cd. ‘ II Conto energia ‘ .
In relazione all’investimento , la società chiese di accedere ai benefici previsti dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. ‘Tremonti Ambiente’), nei limiti stabiliti dal d.m. 5 luglio 2012, nel frattempo entrato in vigore, ai fini della cumulabilità con la tariffa incentivante già ottenuta; in tal senso, dopo aver commissionato una perizia tecnica per la stima della componente ambientale dell’investimento, inserì la detassazione che assumeva di sua spettanza nella dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2011.
Nondimeno, essa ricevette dal l’RAGIONE_SOCIALE la notifica di un avviso di accertamento che riduceva la detassazione ambientale (e, conseguentemente, la perdita dichiarata ai fini Ires), oltre ad irrogare sanzioni.
La contribuente impugnò l’avviso innanzi alla C.T.P. di Vicenza, che rigettò il ricorso.
Il successivo appello seguì identica sorte.
I giudici regionali, respinte tutte le eccezioni preliminari della società, ritennero corretta la determinazione dell’Ufficio di scomputare dall’importo detassabile il costo degli ammortamenti relativi ai primi cinque anni di vita dell’impianto.
Osservarono, poi , che l’irrogazione di sanzioni era giustificata dall’atteggiamento rimproverabile della contribuente, consistito
nell’omessa vigilanza sul corretto operato del perito incaricato, il quale aveva errato nella determinazione dell’importo detassabile.
La sentenza d’appello è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Amministrazione ha depositato controricorso.
Considerato che:
Il primo motiv o denunzia violazione dell’art. 24 della l. n. 4/1929 e dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212/2000.
La sentenza impugnata è sottoposta a critica nella parte in cui ha escluso violazioni del principio del contraddittorio in seno al procedimento impositivo, sul rilievo del fatto che, prima di notificare l’avviso, l’Ufficio aveva svolto tre incontri con il consulente fiscale della contribuente, tutti verbalizzati, e che l’accertamento , relativo alle sole imposte dirette, si era svolto ‘a tavolino’.
La ricorrente osserva che i verbali «non contengono alcun effettivo contraddittorio», tant’è che la sentenza d’appello non fa riferimento al loro contenuto; lamenta, in ogni caso, la mancanza del p.v.c. nel quale dovevano essere riportati gli esiti RAGIONE_SOCIALE verifiche prodromiche all’emissione dell’atto impositivo.
A tale ultimo riguardo, assume che la consegna del p.v.c. al contribuente deve ritenersi necessaria «per qualsivoglia tipo di indagine ispettiva», e non solo per i controlli caratterizzati da un effettivo accesso ai locali dell’impresa .
1.1. La censura è infondata.
Questa Corte, con indirizzo consolidato dal quale non vi è motivo di discostarsi in questa sede (per tutte si veda Cass., Sez. U, n. 24823/2015), ha affermato che -fino alla successiva entrata in vigore del l’art. 1, comma 1, lett. e ), del d.lgs. n. 219/2023, che ha inserito nella l. n. 212/ 2000 l’art. 6bis in tema di contraddittorio preventivo, ma che non è applicabile ratione temporis ai fatti di causa –
l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, a pena di nullità dell’atto impositivo, per i soli tributi armonizzati, e sempreché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa.
1.2. Al di fuori di tale perimetro non sussiste alcun obbligo sanzionabile a carico dell’ amministrazione finanziaria.
Tale rilievo è sufficiente a designare l’infondatezza del motivo, a prescindere da ogni ulteriore considerazione sull’effettività del contraddittorio instauratosi in seguito ai tre incontri fra l’Ufficio e il consulente fiscale della contribuente.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000, nonché violazione degli artt. 115 e 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992.
La censura, concernente il merito della pretesa impositiva, si articola in due profili.
Per un verso, infatti, la ricorrente assume come erronea la decisione della C.T.R. -conforme ai rilievi operati dall’Ufficio secondo cui l’investimento ambientale oggetto di detassazione si compone solo del costo di acquisto RAGIONE_SOCIALE immobilizzazioni materiali, e non comprende i costi per ammortamento.
Per altro verso, e in ogni caso, assume che la sentenza sarebbe nulla in quanto sorretta da motivazione inidonea, in specie laddove aveva ritenuto che « la ricostruzione operata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE risulta meritevole di conferma perché più dettagliata nell’illustrare i criteri adottati per determinare la deduzione del reddito », con ciò omettendo di prendere in considerazione la prova da lei offerta circa la sussistenza e l’ammontare dell’investimento
ambientale effettuato, rappresentata, in specie, dalla perizia analitica prodotta.
2.1. Il motivo è infondato in entrambi i profili in cui si articola.
2.2. Quanto all’affermata nullità della sentenza per difetto di motivazione od omesso esame RAGIONE_SOCIALE prove offerte dalla contribuente, basti osservare che i giudici regionali hanno preso in considerazione il contenuto della perizia da lei allegata, ponendolo in comparazione con i calcoli operati da ll’Ufficio e ravvisando una maggiore persuasività di questi ultimi in quanto «più dettagliati».
In questi termini, la sentenza impugnata appare rispettosa del principio enunciato dall’art. 115 cod. proc. civ.
È noto, infatti, che la violazione della regola affermata da tale norma comporta necessariamente che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, il che si verifica quando ha giudicato dichiarando di non dover osservare detta regola, o quando l’ha contraddetta implicitamente, fondando la decisione su prove non introdotte dalle parti e disposte, invece, di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli è riconosciuto un potere officioso in tal senso (v., fra le numerose altre, Cass. sez. U, n. 20867/2020; in seguito, conf., Cass. n. 20525/2024).
Nessuna RAGIONE_SOCIALE due ipotesi sussiste nel caso di specie.
2.3. D’altro canto, la sentenza appare sorretta da una motivazione che, per quanto succinta, sicuramente valica la soglia del ‘minim o costituzionale’ .
I giudici d’appello hanno infatti esaminato esplicitamente le rispettive allegazioni RAGIONE_SOCIALE parti, dando conto degli esiti del relativo apprezzamento; dal che deve dedursi che non vi è ragione di doglianza della ricorrente sotto il profilo dell’omesso esame di circostanze e che, pertanto, la richiesta di rivalutazione RAGIONE_SOCIALE prove che essa avanza si
traduce nella sollecitazione di un nuovo apprezzamento RAGIONE_SOCIALE stesse, inibito, com’è noto, al giudice di legittimità.
2.4. La doglianza è comunque infondata anche nel merito.
Sullo specifico tema in contestazione, infatti, va ribadito l’indirizzo adottato dalla giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte, Cass. n. 23054/2023, successivamente ripresa, fra le altre, da Cass. n. 8052/2025 e da Cass. n. 18918/2025), che può essere compendiato nei termini che seguono:
-l’agevolazione di cui alla c.d. Tremonti Ambiente consiste nell’esclusione dalla formazione del reddito imponibile, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito, degli ‘investimenti ambientali’ definiti sulla scorta della ‘Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente’ pubblicata nella CGUE C37 del 3/02/2001 , par. 37;
tali investimenti sono quelli che consentono di prevenire, ridurre o riparare i danni causati all’ambiente dall’attività̀ di impresa, calcolati secondo un metodo cd. di approccio incrementale;
questo metodo di misurazione RAGIONE_SOCIALE spese ambientali individua la quota-parte dell’investimento finalizzata a d ottenere migliorie ambientali, separandola dal residuo; esso si contrappone al cd. approccio globale, che considera invece ‘ ambientale ‘ , nella sua interezza, un investimento realizzato anche per altre finalità;
in base a tale approccio, dapprima si calcola il valore medio annuo degli investimenti ambientali compiuti nel biennio precedente e quindi si provvede a dedurre tale valore medio dall’ammontare dell’investimento ambientale realizzato nell’anno , e la detassazione ha ad oggetto l’eccedenza del valore dell’investimento nell’anno rispetto a quello degli investimenti compiuti nel biennio precedente;
con riferimento alla realizzazione di impianti fotovoltaici, la citata Disciplina, ai punti 80 e 82, ha poi precisato che l’investimento complessivamente agevolabile deve considerare i costi supplementari
o sovraccosti, a cui vanno sottratti i profitti operativi e aggiunti i costi operativi attinenti all’impianto e relativi ai primi cinque anni dall’entrata in funzione del medesimo, da intendersi come i costi «legati all’effettivo utilizzo di un bene strumentale eco-compatibile, che l’impresa non avrebbe sostenuto nell’ipotesi in cui avesse impiegato un bene analogo, ma con una maggiore incidenza sull’ambiente» (così la prima RAGIONE_SOCIALE sentenze menzionate);
in seguito, peraltro, per effetto del Regolamento CE n. 651/2014, vantaggi e costi operativi sono stati espunti dal calcolo del sovraccosto (ovvero del costo ammissibile), nel senso che, contrariamente a quanto previsto in precedenza, i primi (ovvero i profitti) non vanno detratti ed i secondi (i costi operativi) non vanno aggiunti;
-il calcolo, infine, non può prevedere anche la deduzione dell’ammortamento per ognuno dei cinque anni successivi, perché in tal modo si verificherebbe un’illegittima e non prevista duplicazione agevolativa, essendo le quote di ammortamento periodico di un bene strumentale ricomprese nel costo di acquisto dello stesso, già preso a base di calcolo dell’agevolazione.
2.5. Così ricostruito il tessuto normativo e interpretativo di riferimento, nel caso di specie va osservato che la sentenza impugnata, nel procedere al calcolo dei costi ammissibili, corrispondenti ai sovraccosti sostenuti dal beneficiario rispetto ai costi connessi ad un impianto tradizionale, non ha preso in considerazione i vantaggi ed i costi operativi, ma ha correttamente espunto i costi relativi all’ammortamento per un periodo corrispondente ai primi cinque anni di vita dell’impianto .
Al riguardo, in particolare, la C.T.R. ha espressamente affermato (pag. 5) che «l’ammortamento non è un maggior costo sostenuto, ma una quota parte del costo stesso, che costituisce la base di partenza del calcolo e che è già stato interamente riconosciuto a detassazione».
Non sussiste, pertanto, neppure la lamentata violazione di legge.
3. Con il terzo motivo, deducendo la violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 472/1997, dell’art. 8 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 10, comma 3, della l. n. 212/2000, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato l’irrogazione di sanzione pecuniaria, non considerando la sussistenza di «obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni».
La società osserva che, al contrario, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto tener conto dei contrasti interpretativi in punto alla nozione di «approccio incrementale», peraltro aggravati dall’intervento dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con la risoluzione n. 226 dell’11 luglio 2002.
3.1. Anche tale motivo è infondato.
Invero, l’ incertezza normativa oggettiva, idonea a causare l’ esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, ha carattere «inevitabile» e ricade «su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, sono capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione» (cfr. Cass. n. 15144/2025).
Ora, nella presente fattispecie la contribuente appare piuttosto adombrare la sussistenza di una sua incertezza soggettiva, derivante da una peculiare interpretazione della normativa e dei fatti di causa, peraltro sulla base di una circolare ministeriale emanata in un tempo considerevolmente anteriore alla notifica dell’atto impositivo.
Non può, pertanto, ritenersi che essa abbia validamente fornito la prova liberatoria idonea ad escludere la natura colposa della violazione tributaria , presunta dallo stesso fatto dell’evasione .
In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 21 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME