Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9007 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9007 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15065/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4566/2021 depositata il 21/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorsi avverso i rispettivi dinieghi taciti opposti dall’Agenzia delle Entrate alla richiesta di rimborso Ires per i periodi di imposta 2012 e 2013 da parte della società RAGIONE_SOCIALE, la società sosteneva di avere tempestivamente trasmesso le dichiarazioni integrative allo scopo dell’applicazione della detassazione ex L. 23 settembre 2000, n. 388 (cd. Detassazione Tremonti ambientale). L’Ufficio replicava ad entrambi i ricorsi eccependo la tardività delle dichiarazioni integrative, presentate oltre il termine annuale della dichiarazione ordinaria, l’omesso avvio del procedimento finalizzato all’agevolazione prima dell’abrogazione della Legge Tremonti ambiente, osservando come la parte si fosse attivata per chiedere l’agevolazione ben cinque anni dopo il D.M. del 05.07.2012, art. 19, eccependo infine l’irretroattività delle novità introdotte dal decreto n. 193/2016. Nel merito, contestava la validità della perizia (in quanto non giurata) ed il fatto che la società non avesse provato la rappresentazione nel bilancio di esercizio degli investimenti ambientali realizzati, né l’avvenuta comunicazione entro un mese dall’approvazione del bilancio annuale -al Ministero delle attività produttive. Con le sentenze nn. 975/16/2018 e 978/16/2018, la C.T.P. di Milano accoglieva le doglianze della società. L’Agenzia delle Entrate impugnava le decisioni dinnanzi alla C.T.R. Lombardia, la quale, previa riunione degli appelli, li respingeva. In particolare, i giudici del gravame, nel costatare la permanenza dell’incertezza normativa in materia cumulabilità dell’incentivo di cui alla Legge Tremonti ambiente con la tariffa incentivante di cui al II Conto Energia (ciò che aveva indotto la società a non richiedere prudenzialmente il
beneficio fiscale in oggetto nell’immediatezza), ammetteva la dichiarazione integrativa presentata dalla società, essendo la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale conseguenza dell’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazione, e quindi non imputabile alla società medesima.
Invoca la cassazione della sentenza della C.T.R. l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi di ricorso. La parte privata spiega controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
Va esaminato con priorità il secondo motivo che attiene a profili di motivazione della sentenza, rilevanti in via pregiudiziale di merito.
Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ.’, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui omette di pronunciarsi sulla specifica eccezione di decadenza da ius superveniens sollevata dalla parte pubblica, risultando in definitiva inesistente sul piano grafico o comunque insussistente in ordine a tale motivo di appello.
Il motivo è infondato.
1.1. La C.T.R. nella impugnata sentenza, lungi dal non pronunciarsi sulla specifica eccezione di decadenza da ius superveniens , ha invece effettuato e compiutamente esposto le proprie valutazioni, involgendo anche la questione dedotta dalla difesa erariale, laddove si legge ‘La dichiarazione integrativa è dunque ammissibile e, nella misura in cui si ammette l’emendabilità delle dichiarazioni dei redditi per beneficiare tardivamente dell’agevolazione (anche sulla base di normativa pro tempore che non lo prevedeva), a maggior ragione deve ritenersi ammissibile la presentazione di dichiarazioni dei redditi ‘a favore’ entro il maggior termine di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, termine decadenziale
di accertamento’. Il fatto che i giudici del gravame siano giunti, per il tramite di argomentato iter logico-giuridico, a conclusioni differenti da quelle prospettate dal Patrono erariale, non inficia la validità della sentenza.
Con il primo motivo la difesa erariale deduce ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 23, commi 7 e 11, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 e dell’art. 6, commi 13-19 L. 23 settembre 2000, n. 388, anche nel relativo combinato disposto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ.’, per non avere la C.T.R. correttamente rilevato che alla data del 26 giugno 2012 il contribuente non aveva utilmente avviato alcun procedimento amministrativo diretto al riconoscimento della cd. detassazione ambientale di cui all’art. 6 L. n. 388/2000, con conseguente decadenza da quest’ultima.
Il motivo è infondato.
2.1. Occorre in via preliminare riepilogare il quadro normativo di riferimento.
L’art. 6 della l. n. 388/2000 prevede, al comma 13, che la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali, come definiti al comma 15, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito. Il comma 15 prevede che ‘Per investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’articolo 2424, primo comma, lettera B), n. II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale’. L’art. 23, comma 7 del d.l. n. 83/2012, conv. in l. n 134/2012, prevede che ‘Dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono abrogate le disposizioni di legge indicate dall’allegato 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 11 del presente articolo’. Al n. 37 dell’allegato 1 è indicato l’art. 6, commi
da 13 a 19, della l. n. 388/2000, concessivo dell’agevolazione in esame.
Ancora, il comma 11 dell’art. 23 citato prevede che ‘I procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge sono disciplinati, ai fini della concessione e dell’erogazione delle agevolazioni e comunque fino alla loro definizione, dalle disposizioni delle leggi di cui all’Allegato 1 e dalle norme di semplificazione recate dal presente decretolegge’. Orbene, l’Agenzia sostiene che, non essendo previsto un procedimento specifico per la concessione dell’agevolazione, la salvezza opererebbe solo ove la parte abbia inoltrato all’amministrazione la sua volontà di avvalersene entro la data del 26.06.2012, data di entrata in vigore della norma abrogatoria, mediante dichiarazione integrativa oppure mediante istanza di rimborso e che, in assenza di questa, la parte sarebbe decaduta dall’agevolazione in questione, anche ove l’opera sia stata realizzata prima. Occorre evidenziare che l’agevolazione in esame è fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento e non occorre un’istanza rivolta all’amministrazione finanziaria; non esiste quindi un procedimento attivabile dal contribuente e al termine del quale sia previsto un provvedimento dell’amministrazione, il cui controllo sul diritto alla deduzione è da esplicare mediante gli strumenti ordinari dell’avviso di accertamento o della cartella di pagamento (Cass. 20/4/2023, n. 10737; Cass. 18/07/2023, n. 21034). Proprio con riferimento alla mancanza di una necessaria manifestazione di volontà nella fruizione dell’agevolazione in esame questa Corte ritiene che il contribuente possa in ogni tempo emendare la dichiarazione opponendosi alla cartella di pagamento emessa dall’amministrazione in sede contenziosa così come proporre istanza di rimborso ai sensi e nei termini dell’art. 38 d.P.R. n. 602
del 1973 (Cass. 20/12/2021, n. 40862; Cass. 16/02/2022, n. 5058; Cass. 13/04/2022, n. 12018; Cass. 7/07/2022, n. 21526; Cass. 19/07/2022, n. 22589; Cass. 1/09/2022, n. 25731; Cass. 15/11/2022, n. 33660; Cass. 25/11/2022, n. 34712). In tale direzione, anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle Entrate il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare ‘ora per allora’ dell’agevolazione c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322 del 1988, chiarendo quanto segue: ‘Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già citata agevolazione “RAGIONE_SOCIALE “, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8bis. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38′. Coerentemente, la stessa circolare ha riconosciuto che: ‘La disposizione agevolativa è stata abrogata a decorrere dal 26 giugno 2012, con decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
Conseguentemente, possono beneficiare dell’agevolazione in esame gli investimenti ambientali realizzati entro la data del 25 giugno 2012’, dando rilevanza alla data di realizzazione dell’investimento (Cfr. Cass. n. 35919/2023).
In tali termini si è espressa anche la C.T.R. che ha correttamente ritenuto che il meccanismo di funzionamento dell’agevolazione in esame non preveda un procedimento attivato da una domanda di parte ed escluso quindi che potesse aver rilievo nel caso in esame la intervenuta abrogazione, prendendo a riferimento gli investimenti realizzati anteriormente alla data 26.06.2012, confermando che le imprese in tale ultimo caso possono ancora inviare la comunicazione prevista dall’art. 6, comma 17, L. n. 388/2000. In definitiva, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale, la dichiarazione dei redditi non è istitutiva del diritto fatto valere. La data rilevante onde valutare la rilevanza della abrogazione della norma non coincide con la data di presentazione della dichiarazione, incardinandosi invece sul suo presupposto, ossia la realizzazione dell’investimento ambientale. Nella specie, il contribuente ha dato avvio ai lavori di realizzazione di impianto fotovoltaico nell’anno 2010, non avendo fruito dell’agevolazione fiscale nell’immediatezza, pure in presenza di tutti i presupposti di legge, a fronte dell’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energie (di cui la società già fruiva) e nella detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla Legge Tremonti ambiente. In conclusione, il motivo è infondato e va rigettato.
Conseguentemente, anche il primo non può essere accolto, donde il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.
In conclusione, il ricorso va rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. cinquemilaseicento/00 per compensi, oltre ad €.duecento/00 per esborsi, rimborso in misura forfettaria del 15%, Iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 19/03/2025.