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Deposito telematico tardivo: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di un appello a causa di un deposito telematico tardivo. La sentenza chiarisce che la semplice ricevuta di ‘presa in carico’ del sistema non è sufficiente a provare la tempestività del deposito. La parte ha l’onere di verificare l’effettiva iscrizione a ruolo, e l’inerzia prolungata costituisce negligenza non scusabile, escludendo la possibilità di una rimessione in termini.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deposito telematico tardivo: la Cassazione chiarisce quando l’appello è inammissibile

Nel contesto del processo tributario telematico, il rispetto delle scadenze è fondamentale. Un deposito telematico tardivo può avere conseguenze fatali per l’esito di una controversia, come l’inammissibilità di un’impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla diligenza richiesta al difensore nel monitorare il buon esito della procedura di deposito, sottolineando come la semplice ricezione della prima comunicazione automatica non sia sufficiente a garantire la tempestività dell’atto.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un’entità agraria che aveva proposto appello contro una sentenza di primo grado sfavorevole, relativa a un avviso di accertamento IMU per l’anno 2015 emesso da un Comune. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado aveva dichiarato l’appello inammissibile. La ragione risiedeva nel fatto che, a fronte di un atto di appello notificato l’8 settembre 2020, la costituzione in giudizio tramite la piattaforma telematica SIGIT era avvenuta solo il 28 luglio 2021, quasi un anno dopo la scadenza del termine di legge.

I Motivi del Ricorso e la questione del deposito telematico tardivo

L’entità ricorrente si è rivolta alla Corte di Cassazione, sostenendo di aver tentato il deposito telematico in data 7 ottobre 2020 e di aver ricevuto una comunicazione PEC di “presa in carico” dal sistema. A suo dire, la successiva mancata iscrizione a ruolo non le era imputabile e, pertanto, avrebbe dovuto beneficiare dell’istituto della rimessione in termini per “errore scusabile”. La difesa sosteneva di essersi attivata per una nuova iscrizione non appena avuta notizia del problema dalla controparte, ritenendo tale comportamento sufficiente a sanare la situazione.

La Procedura di Deposito nel Processo Tributario Telematico

La Cassazione ha colto l’occasione per ricostruire meticolosamente la procedura di deposito telematico prevista dal D.M. MEF del 4 agosto 2015. Il processo si articola in due fasi cruciali:

1. Ricevuta di Accettazione (sincrona): Immediatamente dopo la trasmissione, il sistema rilascia una prima ricevuta che attesta solo la “presa in carico” degli atti. Questa ricevuta ha un valore meramente provvisorio.
2. Ricevuta di Avvenuto Deposito (asincrona): Successivamente, il sistema SIGIT esegue una serie di controlli (antivirus, formato, firma digitale, ecc.). Solo in caso di esito positivo, il sistema procede all’iscrizione del ricorso al Registro Generale e genera una seconda comunicazione, che viene resa disponibile nell’area riservata del portale e inviata via PEC. Questa seconda ricevuta, contenente il numero di ruolo, è l’unica che attesta il perfezionamento del deposito.

Il sistema, per legge, assicura la disponibilità delle informazioni sull’esito della procedura entro 24 ore dalla trasmissione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondate le argomentazioni della parte. I giudici hanno stabilito che la semplice ricevuta di “presa in carico” non è sufficiente a dimostrare la tempestività del deposito. Essa è un atto provvisorio, destinato a consolidarsi solo con la successiva attestazione di avvenuta iscrizione a ruolo.

È onere del difensore, espressione di un dovere di diligenza professionale, verificare attivamente il buon esito della procedura, controllando l’area riservata del portale o l’eventuale ricezione della seconda PEC entro le 24 ore successive. L’aver atteso quasi un anno, e aver agito solo dopo la comunicazione della controparte, è stato qualificato come un comportamento gravemente negligente.

Di conseguenza, non può trovare applicazione l’istituto dell'”errore scusabile”. Quest’ultimo presuppone una situazione normativa oggettivamente incerta o un comportamento fuorviante dell’amministrazione, circostanze non ravvisabili nel caso di specie. La negligenza della parte nell’omettere i dovuti controlli esclude la possibilità di ottenere la rimessione in termini.

Le Conclusioni

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale per tutti gli operatori del diritto che utilizzano gli strumenti telematici: la responsabilità del buon esito del deposito ricade interamente sul depositante. Affidarsi alla prima ricevuta automatica senza effettuare le successive verifiche costituisce una prassi rischiosa e negligente. La pronuncia serve da monito sulla necessità di una gestione attenta e scrupolosa di ogni fase del processo telematico, al fine di evitare che un errore procedurale, come un deposito telematico tardivo, possa compromettere irrimediabilmente la tutela dei diritti del proprio assistito.

La prima ricevuta di ‘presa in carico’ del sistema telematico (SIGIT) è sufficiente a provare il tempestivo deposito di un atto?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la prima ricevuta ‘sincrona’ ha un carattere meramente provvisorio. Il deposito si perfeziona solo con la successiva ricevuta ‘asincrona’ che attesta l’avvenuta iscrizione a ruolo dopo i controlli del sistema.

La mancata verifica dell’esito di un deposito telematico può essere considerata un ‘errore scusabile’?
No. Secondo la sentenza, è onere della parte che effettua il deposito attivarsi per verificare il buon esito della procedura, specialmente perché il sistema rende disponibili le informazioni entro 24 ore. L’inerzia per un lungo periodo è considerata negligenza e non giustifica la rimessione in termini per errore scusabile.

Cosa succede se ci si accorge tardi della mancata iscrizione a ruolo di un appello?
Se il termine per la costituzione in giudizio è già scaduto, l’appello viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, anche se la parte si attiva per una nuova iscrizione dopo aver appreso dell’errore, il deposito resta tardivo e l’inammissibilità è la conseguenza processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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