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Deposito atto impugnato: quando è possibile tardare

Un contribuente si è visto dichiarare inammissibile il ricorso per non aver allegato l’avviso di accertamento. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che il deposito atto impugnato può avvenire anche in appello. La sanzione di inammissibilità, infatti, si applica solo al mancato deposito del ricorso stesso e non dei suoi allegati, sanando un vizio puramente procedurale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deposito Atto Impugnato: la Cassazione chiarisce i termini

Nel contenzioso tributario, il rispetto delle scadenze e delle formalità procedurali è fondamentale. Tuttavia, un’eccessiva rigidità può talvolta pregiudicare il diritto di difesa del contribuente. Con l’ordinanza n. 9132/2024, la Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale: le conseguenze del tardivo deposito atto impugnato. La Corte stabilisce un principio di garanzia importante, affermando che la mancata allegazione immediata dell’atto non comporta automaticamente l’inammissibilità del ricorso, potendo essere sanata anche in appello.

I Fatti del Caso

Un contribuente ha ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate relativo alla variazione del classamento di una sua unità immobiliare. Ha prontamente impugnato l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP). Tuttavia, la CTP ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il contribuente non aveva depositato una copia dell’avviso di accertamento stesso.

Il contribuente ha quindi proposto appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), la quale ha confermato la decisione di primo grado. Secondo la CTR, la possibilità di produrre l’atto per la prima volta in appello era preclusa dalla normativa vigente (art. 22 del D.Lgs. 546/1992), applicabile ratione temporis. Ritenendo errata tale interpretazione, il contribuente ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione del deposito atto impugnato in appello

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due motivi principali, entrambi incentrati sulla violazione delle norme procedurali tributarie:
1. Ha sostenuto che la sanzione dell’inammissibilità prevista dall’art. 22 del D.Lgs. 546/1992 si applica solo al mancato deposito del ricorso originale (comma 1) e non agli altri documenti, come l’atto impugnato (comma 4).
2. Ha argomentato che l’art. 58, comma 2, dello stesso decreto legislativo consente la produzione di nuovi documenti in appello, e che la presentazione dell’atto di accertamento rientra in questa facoltà.

L’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, ha difeso l’operato dei giudici di merito, sostenendo la correttezza dell’impostazione che richiedeva il deposito fin dal primo grado.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi del ricorso, ritenendoli fondati e strettamente connessi. I giudici hanno chiarito in modo definitivo la portata della sanzione di inammissibilità nel processo tributario.

Richiamando una propria precedente ordinanza (n. 19580/2018), la Corte ha ribadito che l’inammissibilità è comminata dalla legge esclusivamente per due ragioni:
* L’incompletezza del ricorso, ad esempio per la mancanza dell’indicazione degli estremi dell’atto impugnato (art. 18, comma 2).
* Il mancato deposito dell’originale del ricorso notificato o di una sua copia con la ricevuta di spedizione (art. 22, comma 1).

La legge, invece, non prevede analoga sanzione per il mancato deposito del fascicolo contenente l’atto impugnato e gli altri documenti (art. 22, comma 4). Di conseguenza, l’originale o la fotocopia dell’atto contestato possono essere prodotti anche in un momento successivo, persino su impulso del giudice stesso.

La Corte ha inoltre demolito l’argomentazione della CTR secondo cui sarebbe preclusa la produzione del documento in appello. Citando l’art. 58, comma 2, del D.Lgs. 546/1992, la Cassazione ha affermato che la produzione di nuovi documenti in secondo grado è generalmente ammessa. Presentare l’atto impositivo notificato per la prima volta in appello non costituisce una nuova ‘eccezione’ in senso stretto (vietata dall’art. 57), ma una ‘mera difesa’ volta a contrastare le ragioni dell’avversario. Pertanto, è un’attività processuale pienamente consentita.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, affinché riesamini il merito della questione. Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale di garanzia per il contribuente: un errore formale, come il mancato deposito iniziale dell’atto impugnato, non può precludere il diritto a un giudizio nel merito, specialmente quando la lacuna può essere colmata nel corso del processo, anche in fase di gravame. La decisione distingue nettamente tra gli adempimenti essenziali a pena di inammissibilità (deposito del ricorso) e quelli che, pur essendo importanti, non sono sanzionati con la stessa severità, tutelando la sostanza del diritto di difesa sulla forma.

È sempre inammissibile un ricorso tributario se non si deposita subito l’atto impugnato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sanzione processuale dell’inammissibilità è prevista dalla legge solo per il mancato deposito del ricorso e non per il mancato deposito della copia dell’atto impugnato. Quest’ultimo può essere prodotto anche in un momento successivo.

È possibile depositare per la prima volta l’atto di accertamento durante il processo d’appello?
Sì. La Corte ha stabilito che la produzione di nuovi documenti in appello è generalmente ammessa dall’art. 58, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992. Il deposito dell’atto impositivo in questa fase è considerato una mera difesa, volta a contrastare le ragioni della controparte, e non una nuova eccezione vietata.

Qual è la differenza tra il mancato deposito del ricorso e quello dell’atto impugnato?
Il mancato deposito dell’originale del ricorso notificato (o copia con ricevuta di spedizione) entro 30 giorni dalla proposizione è sanzionato con l’inammissibilità (art. 22, comma 1). Invece, il mancato deposito dell’atto impugnato, previsto dal comma 4 dello stesso articolo, non è sanzionato con l’inammissibilità e può essere sanato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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