Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25670 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 25670 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11426/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, avvocato, difeso in proprio ed elettivamente domiciliato presso il proprio studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domicilia in Roma, INDIRIZZO; -resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO, n. 5692/14/15 del 29/10/2015;
udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 10 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME;
Tributi-Processo Deposito appello alla segreteria della CTP
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME il quale ha chiesto la remissione in termini per esaminare la documentazione acquisita con i fascicoli di merito, riportandosi per il resto al ricorso.
FATTI DI CAUSA
L’Avv. NOME COGNOME impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma la cartella di pagamento n. 09720110000181811 di Equitalia Gerit s.p.a., notificata il 24/03/2011, per una somma complessiva di euro 7.994,00 comprensive di sanzioni e interessi. A fondamento dell’impugnazione il contribuente poneva la richiesta, e concessa, rateizzazione dell’importo di cui all’avviso bonario precedente la cartella.
L’Agenzia delle Entrate e d RAGIONE_SOCIALE evocate in giudizio, si costituivano chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Commissione adita, con la sentenza n. 2855/06/14 del 18/02/2014, accoglieva il ricorso e compensava le spese.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la sentenza chiedendo il pagamento dell’importo dovuto, detratte le rate versate ma pretendendo le sanzioni e tanto per la dedotta decadenza dal pagamento rateale.
Il contribuente si costituiva in giudizio eccependo, in via preliminare, l’ inammissibilit à̀ dell’appello e , nel merito, chiedendone il rigetto in ragione del gi à̀ intervenuto pagamento di tutte e venti le rate.
Le parti discutevano dell’intervenuto deposito nei termini presso la CT P, della tempestivit à̀ della prova in tal senso offerta dall’appellante e, altres ì̀, della sottoscrizione dell’atto di accertamento.
Con la sentenza n.5692/14/15 del 29.10.2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio, ritenuta l’ ammissibilit à̀ dell’appello,
accoglieva il gravame dell’Agenzia delle Entrate e riformava la sentenza di primo grado dichiarando dovute le sanzioni e gli interessi, detratte le rate perch é́ gi à̀ versate in conto capitale.
Avverso detta sentenza ricorreva per cassazione l’Avv. NOME COGNOME in proprio, spiegando cinque motivi.
L’Agenzia delle Entrate non si costitui va con controricorso ma depositava atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 17/10/2024 all’esito della quale questa Corte, con ordinanza depositata il 19 novembre 2024, disponeva l’acquisizione dei fascicoli d’ufficio dei gradi di merito.
7.Fissata nuovamente la trattazione in pubblica udienza per il giorno 10 settembre 2025, il P.G. ha depositato nuova memoria concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente il Collegio ritiene che l’istanza di remissione in termini avanzata dal ricorrente alla pubblica udienza non meriti accoglimento. La stessa è stata avanzata sul presupposto che tra gli atti depositati telematicamente non risultano essere presenti né i documenti dei fascicoli dei gradi di merito dei quali questa Corte aveva disposto l’acquisizione , con precedente ordinanza interlocutoria, né l’atto di costituzione dell’Agenzia delle entrate.
1.1. Nel caso in esame, trattandosi di ricorso iscritto a ruolo nell’anno 2016, non sussistono i presupposti per rimettere la parte in termini. Il deposito telematico degli atti civili presso la Corte di cassazione è, infatti, obbligatorio dal primo gennaio 2023 mentre il presente procedimento, come detto, è stato introdotto nel 2016 nelle precedenti forme ordinarie mediante il deposito degli atti esclusivamente in forma cartacea. La presenza nell’applicativo ministeriale in uso (cd. desk ) di
atti precedenti è frutto dell’applicazione, meramente facoltativa, del Protocollo di intesa siglato tra la Corte Suprema di Cassazione, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione, l’Avvocatura dello Stato e il Consiglio nazionale forense il 27 ottobre 2020 per la digitalizzazione degli atti nei processi civili davanti alla Corte di cassazione. Facoltà, peraltro, esercitata dal ricorrente il quale tra gli atti depositati sul desk ha allegato documenti relativi al primo e al secondo grado di merito.
Può procedersi, pertanto, all’esame del ricorso.
2.Con il primo motivo di ricorso si deduce «nullit à della sentenza impugnata e del procedimento per mancato deposito dell’atto di appello presso la C.T.P. ex art. 53, comma 2, e 22, comma 1, d.lgs. 31/12/1992, n. 546 nonch é́ per la produzione documentale effettuata direttamente all’udienza senza il rispetto dei termini processuali e , cos ì , in violazione degli artt. 32, comma 1, e 58, comma 2, d.lgs. 546/1992». Il ricorrente lamenta l’ erroneit à̀ della sentenza per non avere la C.T.R. rilevato l’ inammissibilit à̀ del gravame conseguente al mancato deposito di copia dell ‘appello presso la C .T.P. nel termine assegnato dalla legge, con conseguente nullit à̀ del giudizio susseguente.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 2, d.lgs. 546/1992 e dell’art. 36 d.lgs. 175/2014 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ.. Si lamenta l’ erroneit à̀ della sentenza nella parte in cui la C.T.R. avrebbe ritenuto non applicabile l’obbligo di deposito dell’appello presso la C.T.P. perch é́ abrogato da una disposizione intervenuta quando il procedimento era gi à̀ in corso e il termine per l’adempimento dell’appellante, secondo la disciplina previgente, era gi à̀ scaduto invano.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la nullit à̀ della sentenza e/o del procedimento per omessa produzione della delega processuale dal direttore provinciale al funzionario che aveva sottoscritto l’appello della Agenzia delle Entrate, ai sensi degli artt. 75, 77 e ss cod. proc. civ., per incapacit à̀ processuale e difetto di rappresentanza dell’appellante ex art. 11 d.lgs. 546/1992.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce omesso esame circa l’ inammissibilit à̀ dell’appello per la produzione di domande ed eccezioni nuove da parte dell’appellante in violazione dell’art. 57 d.lgs. 546/1992 e art. 345 cod. proc. civ.. La sentenza non avrebbe pronunciato circa l’eccezione di novit à̀ della questione relativa al fatto che con la cartella l’Ufficio chiedeva capitale, interessi e sanzioni e , di seguito, nell’atto di appello si chiedevano solo interessi e sanzioni.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo costituito dal pagamento integrale delle venti rate previste dal piano nonch é́ della sussistenza e validit à̀ di tale pagamento dilazionato comprendente sia sanzioni che interessi ex art. 36bis d.P.R. n.600/1973 nonch é nullit à̀ della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere riesaminato la domanda rispetto a quella originaria dell’appellante e per la genericit à̀ della decisione in violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 d.lgs. 546/1992.
Con il primo motivo di ricorso, come esposto, si critica la sentenza impugnata per avere dichiarato ammissibile l’appello dell’Amministrazione finanziaria, previo rigetto di specifica eccezione sollevata dal contribuente, affermando che al procedimento in questione e alla condotta processuale dell’A genzia ricorrente in secondo grado, non poteva applicarsi l’art. 53, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n.546/1992 nella parte in cui imponeva il deposito presso la Commissione tributaria provinciale, a pena di inammissibilit à̀ del gravame, di copia dell’atto di appello. Il ricorrente si duole, altresì,
che la CTR abbia ammesso la produzione in giudizio, decorsi i termini di trenta giorni prima della udienza, della ricevuta di deposito dell’appello presso la segreteria della Commissione di prima istanza.
La CTR, nella sentenza impugnata, aveva affermato che la disposizione in questione era stata abrogata dall’art. 36 d.lgs. 21/11/2014, n. 175, sopravvenuto nelle more del giudizio di appello e applicabile anche ai giudizi in corso trattandosi di disposizione di carattere processuale.
Questa argomentazione viene espressamente censurata, come sopra esposto, con il secondo motivo di ricorso evidenziandosi che, nel caso in specie, l’appello era stato proposto prima dell’entrata in vigore della nuova normativa così come alla stessa data era già scaduto il termine per depositare l’appello.
7.1 I motivi, strettamente connessi, possono trattarsi congiuntamente. D agli atti dei fascicoli d’ufficio dei gradi di merito, acquisiti all’uopo da questa Corte, emerge che copia del l’atto di appello è stat a depositata presso la (allora) Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 15 ottobre 2014 (v. ricevuta di deposito in atti).
La C.T.R. ha ritenuto che la norma abrogativa ‘… si applichi anche ai processi in corso al momento della sua entrata in vigore – 13 dicembre 2014’, con ciò respingendo l’eccezione di inammissibilità dell’appello spiegata dal contribuente, soccombente poi nel merito.
A sostegno della sua decisione la C.T.R. ha richiamato un precedente di legittimità, Cass. n.18261/14, che, come rilevato anche dal P.G., è inconferente, in quanto esso riguarda la ben diversa ipotesi dell’applicazione della modifica del regime di impugnabilità delle sentenze rese in materia di opposizione di terzo all’esecuzione.
Viceversa, questa Corte si è occupata ex professo della questione oggetto dell’odierna controversia, affermando che <> (v. Cass. n.22627/17; e, in motivazione, Cass. n.5376/15).
Si tratta esattamente della medesima fattispecie oggetto dell’odierno ricorso, dove la spedizione dell’appello è intervenuta prima dell’entrata in vigore della nuova normativa (30 settembre 2014 rispetto al 13 dicembre 2014).
Trova quindi applicazione, in difetto di disciplina transitoria ad hoc, il principio tempus regit actum : trattandosi di atto di appello proposto nella vigenza del comma 2 dell’art. 53, introdotto dall’art. 3 bis comma 7 del decreto legge n. 203/05 convertito nella legge n. 248/05, il deposito di esso andava regolato sulla base della disciplina vigente al mo mento appunto della spedizione dell’atto.
S icché, confermata l’applicabilità ratione temporis dell’art. 53 comma 2 d.lgs. 546/92 prima dell’abrogazione disposta dall’art. 36 d.lgs. 175/14 e vista la data di notifica dell’atto di appello, ne deriva che tale deposito è da ritenere tempestivo, siccome eseguito ‘a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3’ del d.lgs. 546/92, ossia ‘entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena di inammissibilità’.
Ne consegue che i mezzi di impugnazione vanno rigettati previa modifica, nei sensi sopra indicati, della motivazione della sentenza impugnata, conforme a diritto nel dispositivo.
8 Il terzo motivo di ricorso attiene al profilo della eccepita assenza di delega in favore del funzionario firmatario dell’appello. Sul punto, e per il rigetto del mezzo di impugnazione, è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui <<In tema di contenzioso tributario, la provenienza di un atto di appello dall'Ufficio
periferico dell'Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all'ufficio appellante o, comunque l'usurpazione del potere di impugnare la sentenza' (così la recente Cass. n.694/25; conformi, tra le altre, Cass. 15470/16 e 6691/14).
9.Il quarto motivo, con il quale si denuncia l'omesso esame dell'inammissibilità dell'appello per la proposizione da parte dell' Amministrazione appellante di domande ed eccezioni nuove, è infondato.
9.1 Non si ravvisa, invero, alcuna novità nelle difese dell' Amministrazione finanziaria, la quale, in primo grado, aveva invocato il rigetto del ricorso e, preso atto che il contribuente era stato ammesso al pagamento rateale della cartella impugnata, in appello aveva dedotto che questi pagamenti erano stati incompleti e in parte intempestivi. Ci si muove nell'ambito della controversia originaria e l'appello contesta l'avvenuto accoglimento integrale del ricorso disposto in primo grado, eccependosi la permanenza in parte della pretesa impositiva dovendosi escludere che siano state proposte domande o eccezioni nuove.
10 Il quinto motivo è inammissibile, perché involge profili squisitamente di merito, laddove si denuncia che non sarebbe stato 'valutato completamente il pagamento eseguito 'circa le rate previste'. Quanto al rilievo della genericità della previsione, nella sentenza impugnata, in punto di debenza delle sanzioni e degli interessi ('… vanno di conseguenza comminate le relative sanzioni e corrisposti gli interessi di mora'), fermo che il ritardo nel pagamento rateale legittima l'applicazione delle sanzioni e degli interessi, la genericità della previsione resta un problema semmai da valutare in sede di esecuzione
della sentenza una volta rideterminata dall' Amministrazione la propria pretesa, appunto limitata alle sanzioni e agli interessi. In diritto, la statuizione circa la debenza di tali accessori a fronte della inosservanza dei termini di pagamento di alcune rate è corretta.
Alla luce delle complessive superiori considerazioni il ricorso va rigettato.
Non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese attesa la mancata partecipazione alla pubblica udienza della resistente.
13 . Ai sensi dell'art.13 , comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
La Corte
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 10 settembre 2025.
La Cons. est. Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME