Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20592 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20592 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2822/2024 R.G. proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
SOCIETA RAGIONE_SOCIALE COGNOME, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in RAGUSA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE COGNOME in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in RAGUSA INDIRIZZO
COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente incidentale-
CONTRO
COMUNE DI RAGUSA, in persona del Sindaco pro tempore; -intimato- avverso SENTENZA della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della SICILIA n. 5330/2023 depositata il 22/06/2023 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Ragusa impugna la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado di rigetto dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Ragusa, di accoglimento dei ricorsi riuniti proposti da Società semplice RAGIONE_SOCIALE COGNOME per l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo alla TARSU per gli anni 2010, 2011 e 2012, nonché degli avvisi di pagamento per la TARI del 2017 e 2018 (acconto e saldo).
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado, ritenuto che la società avesse provveduto alla comunicazione dei dati relativi alla liquidazione del tributo a mezzo della presentazione della richiesta di autorizzazione allo Sportello Unico del Comune (SUAP) e che la natura pertinenziale delle aree assoggettate a tributo fosse già stata riconosciuta dal Comune di Ragusa, ciò risultando dall’atto impositivo impugnato ove la tassa era ridotta alla misura del 50% -poi ulteriormente ridotta al 25% dal primo giudice- ha affermato che, essendo previsto dall’art. 15 del Regolamento che il tributo è da commisurare alle quantità e qualità medie ordinarie, esso
dovesse essere rapportato al periodo di apertura dell’agriturismo, pari a giorni 180. La Corte ha, inoltre, escluso la debenza delle sanzioni per l’omessa denuncia.
La Società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, spiegando ricorso incidentale.
Con istanza del 19 dicembre 2024 la parte controricorrente chiede provvedersi alla riunione del presente giudizio a quelli pendenti fra le stesse parti, iscritti al R.g. n. 11103/2024 avente ad oggetto la TARES per l’anno 2013 chiamato all’odierna Adunanza, e al R.g. n. 20272/2024, avente ad oggetto la TARI per l’anno 2019, per cui non è stata ancora fissata l’udienza.
Con memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ., la resistente ribadisce le conclusioni assunte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Comune di Ragusa formula cinque motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 62, comma 1 e 70 d.lgs. 507 del 1993. Ricorda che l’avviso di accertamento relativo alla TARSU per le annualità 2010-2012 era stato emesso per omessa denuncia. Osserva che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, la richiesta e la presentazione di documentazione rivolta ad altra finalità non integrano la denuncia prevista dall’art. 70 d.lgs. 503 del 1993 e che il provvedimento unico rilasciato dal SUAP è finalizzato unicamente al rilascio dell’autorizzazione per l’attività produttiva.
Con il secondo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., della violazione e falsa applicazione degli artt. 62, comma 1 e 2 d.lgs. 507 del 1993 e 18 del Regolamento comunale sulla TARSU, nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.. Rammenta che l’art. 18 del Regolamento comunale
stabilisce al comma 2 che le aree scoperte che costituiscono pertinenza vanno tassate al 25%, mentre le aree scoperte a qualsiasi uso adibite sono da computarsi, ai sensi del comma 3, al 50% e che dalla semplice lettura dell’avviso di accertamento emerge come il Comune avesse ritenuto le aree scoperte oggetto di tassazione quali aree operative, non riconoscendone affatto la pertinenzialità come erroneamente sostenuto dai giudici di merito, i quali hanno inopinatamente applicato il comma 2, anziché il comma 3. Sottolinea che la giurisprudenza di legittimità, interpretando l’art. 62, comma 1 d.lgs. 507 del 1993, ha chiarito che l’esenzione dalla tassazione delle aree scoperte, legata alla produzione di rifiuti speciali autosmaltiti o all’inidoneità alla produzione di rifiuti, è subordinata alla loro delimitazione ed alla presentazione di documentazione dimostrativa delle condizioni di esclusione. Sicché in assenza di siffatti presupposti non poteva applicarsi la riduzione del 75% del tributo.
Con il terzo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 66, comma 3 del d.lgs. 507 del 1993, nonché dell’art. 15 del Regolamento comunale sulla TARSU. Rileva che secondo l’art. 66, comma 3 cit. il Comune ‘può’ e non ‘deve’ ridurre la tassa nella misura non superiore ad un terzo per le aree scoperte adibite ad uso stagionale o non continuativo e che il Regolamento comunale non ha provveduto a stabilire detta diminuzione, ciò rientrando nella sua facoltà, come dimostra la lettera dell’art. 15. Né la contribuente ha formulato istanza in tal senso in sede amministrativa a mezzo di denuncia, ciò escludendo la possibilità di far valere la stagionalità in sede processuale.
Con il quarto motivo lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per omessa
pronuncia in ordine alla debenza dell’addizionale ex ECA, oggetto del quarto motivo di appello.
Con il quinto motivo censura, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 62, comma 1 e 70 d.lgs. 507 del 1993. Assume che, stante l’assenza di denuncia ai sensi dell’art. 70 cit., le sanzioni sono dovute, contrariamente a quanto affermato dal giudice di secondo grado.
La Società semplice RAGIONE_SOCIALE formula quattro motivi di ricorso incidentale.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per avere omesso ogni pronuncia sui motivi dell’appello incidentale, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Con il secondo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6 Cost., 1, comma 2 e 36, comma 2 n. 4 d.lgs. 546 del 1992 e 118 disp. att. cod. proc. civ., e per omessa motivazione, se di rigetto implicito, in ordine al motivo di appello con cui era stata censurata la mancata riduzione del 20% della superficie lorda dei locali, ai sensi dell’art. 40 del Regolamento comunale, non avendo il giudice di seconda cura motivato sulla funzionalità all’attività agrituristica della stalla, del fienile, della pagliera, del deposito di scorie varie, del vano scala con annesso piccolo deposito, della superficie destinata a portico, della tettoia, del locale servizi e del deposito.
Con il terzo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., della nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ., 817 e 2729 c.c., dell’art. 41 del Regolamento UIC del Comune di Ragusa e dell’art. 14 della Direttiva 2008/98/CE. Sostiene che la
decisione, se di rigetto implicito, ha omesso di motivare sull’assoggettamento a tassazione dei locali di cui al precedente motivo, nonostante dalla relazione tecnica prodotta in giudizio emergesse l’assenza della loro destinazione all’attività agrituristica.
Con il quarto motivo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 5) cod. proc. civ. l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, per avere il giudice di appello mancato di esaminare quanto accertato sulla effettiva destinazione dei locali.
Va preliminarmente esaminata l’istanza di riunione del presente ricorso a quelli iscritti al R.g. n. 11103/2023, chiamato all’odierna Adunanza, e n. 20272/2024, per il quale non è stata ancora fissata la trattazione. Invero, il principio della ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2 Cost.) importa la reiezione dell’istanza, posto che sia il ricorso n. 11103/2023 R.g., così come quello in esame, sono di pronta soluzione e non esattamente sovrapponibili, mentre non essendo il ricorso iscritto al n. 20272/2024 la trattazione congiunta comporterebbe un sicuro ritardo della definizione dei processi.
Il primo motivo ed il quinto motivo del ricorso principale, da trattare unitariamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.
13.1 La sentenza impugnata ritiene che la richiesta presentata dalla Società RAGIONE_SOCIALE allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) valga come denuncia al Comune dei dati relativi alla tassazione per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, trattandosi di ‘denuncia unica’ per legge, essendo compito del funzionario che la riceve trasmettere per competenza all’Ufficio interessato.
13.2 Per dare soluzione al quesito occorre muovere dal disposto dell’art. 70 d.lgs. 507 del 1993, che introduce il
generale obbligo di denuncia dei locali tassabili e delle variazioni successive che influiscano sull’applicazione del tributo. La disposizione prevede, al comma 1, che ‘ I soggetti di cui all’art. 63 presentano al comune, entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, denuncia unica dei locali ed aree tassabili siti nel territorio del comune. La denuncia è redatta sugli appositi modelli predisposti dal comune e dallo stesso messi a disposizione degli utenti presso gli uffici comunali e circoscrizionali’. Due, dunque, sono gli obblighi imposti dalla disposizione coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui all’art. 62, l’uno è quello di provvedere ad una denuncia ‘unica’ per tutti i locali assoggettabili a tassazione, l’altro, strettamente collegato, riguarda la necessaria utilizzazione dei modelli posti a disposizione dagli uffici comunali.
La previsione trova la sua ragione nella necessità di consentire un’ordinata e coerente previa acquisizione dei dati per la determinazione della tassa applicabile da parte del Comune. Non appare, altrimenti possibile garantire il controllo di cui all’art. 73 d.lgs. 507 del 1993, posto a presidio dell’interesse comune al reperimento delle risorse per il servizio reso alla collettività, attraverso la ripartizione dell’onere sulle categorie sociali che ne sono avvantaggiate, attesa la necessità per la mano pubblica di provvedervi. Deve, infatti, ricordarsi che per la TARSU (così come per la TIA, la TARES e la TARI) è stata esclusa l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione dalla quale scaturisce l’onere suddetto ed il beneficio che il singolo ne riceve (così anche Cass. Sez. 1, 14/06/2016, n. 12275, in motivazione, in tema di applicazione del privilegio di cui all’art. 2752, comma 3 c.c.).
L’obbligo di denuncia assolve, dunque, una doppia esigenza, da un lato, quella di determinare il dovuto a carico del
singolo contribuente, mettendolo in condizione di corrispondere, ai sensi dell’art. 62 d.lgs. 507 del 1993, il tributo solo per le aree effettivamente possedute o detenute, con le esclusioni previste dalla legge, dall’altro, quella di assicurare le risorse per il costo del servizio. È per questa ragione che il sancito l’obbligo di fedele denuncia è presidiato da sanzioni per il suo inadempimento (art. 76) ed è per la medesima ragione che incombe sul contribuente l’onere probatorio sui presupposti dell’esclusione o della riduzione del tributo sin dalla fase amministrativa (art. 62, comma 2).
14. Occorre, a questo punto, chiedersi se la denuncia di cui all’art. 70 d.lgs. 507 del 1993 possa essere ‘contenuta’ in dichiarazioni presentate dal contribuente allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) istituito dall’art. 24 del d.lgs. n. 112 del 1998 ed inizialmente regolamentato dall’art. 3 del d.P.R. 447 del 1998, recante le norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi e per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi.
Il SUAP nasce, infatti, con lo scopo di ridurre le procedure per la creazione dell’impresa, sulla base del principio di semplificazione ‘once only’, per ciò intendendosi che l’interessato anziché indirizzarsi ad una pluralità di uffici per svolgere le pratiche necessarie. si rivolge ad uno soltanto, il SUAP appunto, con il quale interloquisce telematicamente e dal quale unicamente riceve risposta.
Con il nuovo Regolamento di disciplina del SUAP adottato, ai sensi dell’art. 38, comma 3 del d.l. 112 del 2008, conv. con mod. dalla l. 133 del 2008 e contenuto nel d.P.R. 160 del 2010, si stabilisce all’art. 2 che il SUAP è individuato quale
‘quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività’ ed all’art. 4 che ‘ Il SUAP assicura al richiedente una risposta telematica unica e tempestiva in luogo degli altri uffici comunali e di tutte le amministrazioni pubbliche comunque coinvolte nel procedimento, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storicoartistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità’
14.1 Ora, la lettura delle disposizioni indica che il rapporto fra l’interessato ed il SUAP è certamente unico in relazione a tutte le pratiche amministrative inerenti le autorizzazioni necessarie per l’apertura dell’impresa, nonché per le sue successive trasformazioni, ma non indica, al contrario, il venir meno dell’obbligo di denuncia di cui all’art. 70 d.lgs. 507 de 1993, che inerisce non ad una pratica amministrativa rivolta all’apertura o alla trasformazione dell’impresa, ma ad una dichiarazione resa ad esclusivi fini tributari, inerente alle caratteristiche dei locali occupati e dell’attività ivi svolta quale presupposto della determinazione della tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
14.2 Non è inutile ricordare che la TARSU, prevista dal d.lgs. 507 del 1993, è stata sostituita dalla TIA, introdotta dal d.lgs. 22 del 1997, cui è seguita la TIA2, introdotta con l’art. 238 del d.lgs. 152 del 2006, sostituita dalla TARES introdotta con il d.l. 201 del 2011, conv. dalla l. 214 del 2011, a sua volta seguita dalla TARES di cui all’art. 1, commi 639 e segg. della l. 147 del 2013. Nelle pur notevoli modifiche che hanno interessato la disciplina relativa alla tassazione dei rifiuti,
nessuna disposizione ha fatto venir meno l’obbligo di denuncia previsto dall’art. 70 d.lgs. 507 del 1993, che resta tuttora norma applicabile. Né le disposizioni che si sono susseguite hanno stabilito che la denuncia di cui all’art. 70 cit. possa essere sostituita da diversa comunicazione fatta dall’interessato ad altri fini. E ciò perché la denuncia ha un contenuto specifico, non sovrapponibile ad altre comunicazioni, rivolto a mettere a conoscenza il Comune di dati oggettivi o delle loro variazioni da cui consegue un diverso ammontare del tributo dovuto, tanto è vero che essa deve essere resa sui moduli a ciò predisposti dal Comune, in quanto proprio la compilazione del modulo consente all’ente di acquisire non solo tutti, ma proprio quei dati necessari alla liquidazione della tassa.
14.3 Depone, inoltre, per la non equiparabilità della denuncia di cui all’art. 70 cit. ad altre forme di comunicazione l’ultimo comma della disposizione secondo il quale ‘In occasione di iscrizioni anagrafiche o altre pratiche concernenti i locali ed aree interessati, gli uffici comunali sono tenuti ad invitare l’utente a provvedere alla denuncia nel termine previsto, fermo restando, in caso di omesso invito, l’obbligo di denuncia di cui al comma 1’.
14.4 La norma, benché dettata prima dell’istituzione del SUAP, come si è detto, non è mai stata modificata (salvo per quanto riguarda il comma 3, che qui non interessa), e, ove letta con le disposizioni del Regolamento di cui al d.P.R. d.P.R. 160 del 2010 e di cui al d.P.R. 447 del 1998, che l’ha preceduto, dimostra che il legislatore ha inteso mantenere un distinto obbligo di formalizzazione della denuncia di cui all’art. 70 d.lgs. 507 del 1993tanto da prescrivere l’obbligo del Comune di invito a provvedervi in occasione di iscrizione o pratiche relative alle aree interessate- ancorché abbia previsto che le pratiche amministrative relative all’apertura ed alla trasformazione
dell’impresa siano concentrate presso il solo Sportello unico per le attività produttive.
14.5 D’altro canto, nulla vieta che i Comuni stabiliscano che anche le denunce di cui all’art. 70 siano trasmesse attraverso il SUAP, non essendo ciò impedito dal disposto dell’art. 2 del d.P.R. 160 del 2010, né dall’art. 3 del d.P.R. 447 del 1998, ma ciò che è certo è che la denuncia, comunque presentata, deve essere redatta sull’apposito modello predisposto dal Comune. Peraltro, proprio l’art. 2 comma 2 d.P.R. 160 del 2010, nel disporre che ‘Le domande, le dichiarazioni, le segnalazioni e le comunicazioni concernenti le attività di cui al comma 1 ed i relativi elaborati tecnici e allegati sono presentati esclusivamente in modalità telematica’ dimostra che il ricorso alla Sportello unico, non significa affatto unicità dell’atto di comunicazione, ma solo unicità del soggetto pubblico di riferimento per i procedimenti inerenti le pratiche ed i procedimenti che abbiano ad oggetto l’apertura, l’esercizio o la trasformazione delle imprese.
14.6 La scelta legislativa di mantenere un separato obbligo di denuncia dei dati inerenti alla liquidazione del tributo per la raccolta e lo smaltimento di rifiuti rappresenta la scelta legislativa di dar prevalenza, nel bilanciamento degli interessi, alle esigenze pubbliche all’ordinato svolgimento del servizio di interesse collettivo, rispetto a quelle private di non provvedere alla compilazione di più comunicazioni.
15. La conseguenza è che la ‘domanda unica’ presentata dalla Società semplice RAGIONE_SOCIALE COGNOME al SUAP del Comune di Ragusa in data 10 giugno 2009 per ottenere l’autorizzazione all’apertura dell’attività agrituristica non può far luogo della denuncia ex art. 70 d.lgs. 507 del 1993. Né ciò appare in contrasto, come affermato dalla controricorrente, con l’art. 16 del Regolamento del Comune secondo il quale ‘al cittadino
contribuente non possono essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione comunale’. Si deve, infatti, ritenere che le informazioni che non possono essere richieste, in quanto già in possesso dell’amministrazione siano proprio quelle fornite con la denuncia di cui all’art. 70 cit., che una volta comunicate non possono essere pretese per una seconda volta, se non nell’ipotesi di variazione, in armonia con la previsione di cui al comma 2, prima parte della disposizione, secondo cui ‘La denuncia ha effetto anche per gli anni successivi, qualora le condizioni di tassabilità siano rimaste invariate’.
15.1 Non può, infine, non rilevarsi che in concreto la domanda presentata al SUAP dalla società (prodotta dal Comune ricorrente) se indica l’estensione totale delle superfici in mq. 1124 e quella delle superfici coperte in mq. 924, nulla dice sulla natura (pertinenziale o no) e sulla destinazione (operativa o no) delle superfici scoperte (determinabili solo per sottrazione) ciò chiaramente dimostrando l’insufficienza dei dati così comunicati, ai fini della determinazione della tassa sui rifiuti.
16. Il secondo motivo è fondato.
16.1 Va, innanzitutto, sgombrato il campo dall’eccezione formulata dalla parte controricorrente, con cui si pretende la sostanziale estensione degli effetti dell’istanza mediazione ex art. 17 bis d.lgs. 546 del 1992 parzialmente accolta dal Comune di Ragusa con provvedimento del 28 luglio 2020 (indicato in controricorso come del 30 luglio 2020), essa inerendo esclusivamente all’avviso di accertamento in rettifica n. L2210xxTI/2019 relativo alla TARI per l’anno 2014, oggetto del relativo ricorso proposto avanti alla C.T.P. di Ragusa, notificato il 23 gennaio 2020. Deve, infatti, ritenersi che quanto concordato dalle parti in sede di reclamo-mediazione, non possa che afferire alla specifica domanda per la quale il procedimento è stato
attivato, in quanto, non solo l’art. 17 bis cit. (abrogato dall’art. 2, comma 3 lett. a) del d.lgs. n. 220 del 2023) collega il procedimento alla specifica controversia (comma 1), fra l’altro subordinandone il perfezionamento al pagamento della prima rata (comma 6), ma perché la mediazione fondandosi sull’incertezza delle questioni controverse non può che riguardare il singolo atto impositivo o la pluralità degli atti impositivi oggetto della controversia. E’ ben possibile, infatti, che l’atto o gli atti impugnati contengano determinazioni dubbie, anche sotto il profilo interpretativo, che atti precedenti o successivi risolvono, o perché oggetto di accertamenti più accurati o perché oggetto di chiarimenti normativi e regolamentari. Ed invero, proprio nell’atto di mediazione di cui si discute si legge che con l’avviso di rettifica L2210xxTI/2019 erano state sottoposte a tassazione solo le superfici interne coperte (c.d. locali), annullandosi il precedente avviso in rettifica L01698xxTI/2018, che comprendeva anche le aree scoperte. Tanto è vero che, adeguandosi alla pronuncia resa dalla C.T.P. di Ragusa n. 1495/2019, relativa a precedenti avvisi di accertamento, la mediazione si limita alle sole aree coperte, per essere quelle scoperte già state escluse dall’avviso di L2210xxTI/2019. Sicché neppure si può dire che l’ente impositore abbia rinunciato con riferimento ad altri atti impositivi ad assoggettare a tassazione le aree scoperte, peraltro ritenute tassabili dalla stessa sentenza della C.T.P. di Ragusa con la sentenza n. 1495/2019 nella misura del 25%.
Fatta questa precisazione, deve affrontarsi la questione dell’inquadramento delle aree scoperte come operative o pertinenziali, essendo previste percentuali diverse di tassazione (50% per le prime, 25% per le seconde, secondo l’art. 18 del Regolamento comunale, allegato al ricorso per cassazione e sulla
cui legittimità in ordine alla tassazione delle aree pertinenziali non vi è contrasto).
17.1 È bene premettere che la distinzione tra aree scoperte accessorie o pertinenziali e le aree scoperte operative è causa di esclusione dal tributo di risalente impianto. Ed invero, l’art. 21 del d.P.R. del 10 settembre 1982,n. 915, modificando l’art. 269 del t.u.l.f. del 14 settembre 1931, n. 1175, aveva stabilito che la tassa deve essere applicata anche alle aree adibite a campeggi, a distributori di carburante, a sale da ballo all’aperto, a banchi di vendita all’aperto, nonché a qualsiasi altra area scoperta ad uso privato, ove possono prodursi rifiuti, la quale non costituisca accessorio o pertinenza dei locali assoggettabili a tassa. La disposizione è stata sostanzialmente recepita nella vigenza del règime relativo alla TARSU (d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1) -da una sequenza di dd.ll. (d.l. 25 novembre 1996, n. 599, art. 2, comma 4bis , conv. in l. 24 gennaio 1997, n. 5; d.l. 29 settembre 1997, n. 328, art. 6, conv. in l. 29 novembre 1997, n. 410; d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 1, comma 3, conv. in l. 25 marzo 1999, n. 75) che ne hanno stabilizzato la disciplina a decorrere dal 1997 (cfr. altresì, con riferimento alla Tariffa di igiene ambientale, il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 3, e, quanto alla cd. TIA2, il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 1 nonché, quanto alla TARI, la l. l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 641).
L’art. 14, comma 4 cit. secondo cui, nel testo risultante dalla modifica di cui all’art. 10, comma 3 del d.l. n. 35 del 2013 con mod. nella l. n. 64 del 2013 ‘Sono escluse dalla tassazione, ad eccezione delle aree scoperte operative, le aree scoperte
pertinenziali o accessorie a locali tassabili e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva” ha, dunque, definitivamente chiarito che le aree scoperte operative sono assoggettabili a tassazione, in quanto in rapporto funzionale con locali tassabili.
Negli altri casi l’assoggettamento all’imposta è riservato alle ipotesi in cui l’area scoperta non costituisca accessorio o pertinenza del locale, dovendo, invece, escludersi quando lo sia. Su questo punto, nondimeno, va chiarito che la fattispecie di esclusione in discorso è stata ricondotta dalla Suprema Corte, con precedenti arresti relativi al regime della Tarsu, -e con specifico riferimento alle aree destinate a parcheggio – alla disposizione di cui all’art. 62, comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, essendosi rilevato che detta disposizione, nell’escludere dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti «per il particolare uso cui sono stabilmente destinati», chiaramente esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso, ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti (cfr. Cass. Sez. 5, del 09/03/2020 n. 6551; Cass., Sez. 5, del 26 luglio 2017, n. 18500 Cass. Sez. 5, del 14/09/2016, n. 18054; Cass. Sez. 5, del 13/03/2015, n. 5047 ) .
Parimenti, in relazione alla TARES si è affermato che ‘la tassazione è esclusa solo per le aree scoperte che, ai sensi del codice civile, presentano la condizione della pertinenza soggettiva e oggettiva rispetto al locale o all’area principale e purché non siano operative; operatività consiste nell’idoneità a produrre rifiuti ulteriori rispetto al locale e all’area principale che già versa il tributo e non rappresenta dunque un’ulteriore estensione dell’attività svolta’ (Cass., Sez. 5, del 26 maggio
2023, n. 14718). Il nesso di pertinenzialità -che, ad ogni modo, va accertato in concreto (Cass., Sez. 5, del 16 febbraio 2018, n. 3800) -non esclude ‘ ex se l’imponibilità laddove detto nesso involga un’area da considerarsi operativa siccome luogo di esercizio di un’attività che deve considerarsi funzionale allo svolgimento dell’attività su quella superficie cui si raccorda lo stesso nesso pertinenziale’ (così Cass. Sez. 5, del 15/11/2024, n. 29538, in tema di TARES, in motivazione)
17.2 Il presupposto del tributo, quindi, risiede sempre nell’occupazione o conduzione di locali ed aree produttive di rifiuti, ma se spetta all’Amministrazione allegare la fonte dell’obbligazione tributaria, altrettanto indubbio è che invece è ‘onere del contribuente dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare della riduzione della superficie tassabile ovvero dell’esenzione, trattandosi di eccezione rispetto alla regola generale del pagamento dell’imposta sui rifiuti urbani nelle zone del territorio comunale (Cass. Sez. 5, Sentenza del 12/06/2024 n. 19551, con riferimento a TARSU, TARES; Sez. 6, 06/07/2022, n. 21335, a proposito della TARI).
Ne consegue che la concreta esclusione dall’imposizione di area pertinenziale rispetto al locale assoggettato al tributoprevista con riferimento alla TARSU dall’art. 62 d.lgs. 507 del 1993 e con riferimento alla TIA dall’art. 49 d.lgs. 22 del 1997 – è da valutarsi in concreto, incombendo sul contribuente la prova non solo della pertinenzialità, ma dell’estraneità della stessa alla capacità di produzione di rifiuti. Onere rivolto a vincere la presunzione iuris tantumprevista dall’art. 62 d.lgs. 507 del 1993di produttività dei rifiuti dell’area o del locale occupato, che, nondimeno, va onorato nella fase amministrativa, ove ciò sia richiesto dall’amministrazione (art. 73 d.lgs. 507 del 1993).
E’ per questa ragione che il sancito l’obbligo di fedele denuncia è presidiato da sanzioni per il suo inadempimento (art.
76) ed è per la medesima ragione che incombe sul contribuente l’onere probatorio sui presupposti dell’esclusione o della riduzione del tributo
17.3 Ora, al di là della legittimità del regolamento comunale di disporre tout court la tassazione delle aree pertinenziali nella misura del 25%, ciò di cui qui si discute è la natura delle aree, ritenute dall’avviso impugnato quali aree scoperte operative (cfr. doc. 7 di parte ricorrente, riportato anche nel corpo del ricorso) e dalla Corte di secondo grado, che si uniforma alla sentenza di prima cura, come aree pertinenziali.
17.4 Va subito detto che, come si è supra precisato, la società contribuente non ha presentato denuncia ai sensi dell’art. 70 d.lgs. 507 del 1993. Eppure, ai sensi dell’art. 62, comma 2 d.lgs. cit. la denuncia di cui all’art. 70, originaria o in variazione, è l’unico strumento a disposizione del ricorrente per comunicare la pertinenzialità dell’area o la sua inattitudine a produrre rifiuti, tali circostanze infatti possono solo essere ‘indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione’. Non può, pertanto, ritenersi che il contribuente, che non abbia provveduto alla denuncia originaria o in variazione, possa limitarsi a provare solo in giudizio i presupposti di esclusione o riduzione del tributo, se non tradendo la ratio legis che, come si è già detto, impone la denuncia per assicurare un’ordinata e coerente ripartizione dei costi del servizio, in favore di tutta la collettività .
17.5 In un solo caso, dunque, il contribuente può dimostrare in giudizio che l’area sia pertinenziale o inidonea alla produzione di rifiuti, ed è l’ipotesi in cui, pur avendo tempestivamente denunciato, ai sensi dell’art. 70 cit., la natura dell’area con la denuncia originaria o con la variazione, egli si
veda tassata la stessa in modo difforme dalla comunicazione, a corredo della quale abbia presentato idonea documentazione.
La conseguenza è che il giudice, in assenza di denuncia, non può semplicemente riqualificare l’area descritta nell’avviso di accertamento come operativa, quale area pertinenziale. E ciò è ancor più vero nel caso di specie, in cui l’unica comunicazione, ovverosia quella fatta al SUAP per l’apertura dell’impresa, nell’indicare le aree complessive non fa alcun cenno alla loro qualificazione.
Il terzo motivo è fondato.
Vanno preliminarmente introdotte alcune precisazioni.
20.1 Deve, innanzitutto, ricordarsi che, a mente dell’art. 66, comma 3 d.lgs. 507 del 1993: ‘La tariffa unitaria può essere ridotta di un importo non superiore ad un terzo nel caso di (…): lett. c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente, risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività’
20.2 Dunque, come precisato da questa Corte ‘In tema di TARSU, la riduzione tariffaria per la c.d. natura stagionale dell’attività esercitata dal contribuente richiede un’esplicita previsione regolamentare, poiché l’art. 66, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993 è una disposizione derogatoria, la cui applicazione è rimessa ad una facoltà discrezionale dell’ente locale’ (così da ultimo, Cass. Sez. 5, del 08/08/2024, n. 22420; cfr. anche Cass. Sez. 6, del 07/12/2016, n. 25214).
20.3 La particolarità del caso di specie consiste nel fatto -non contestatoche l’autorizzazione rilasciata all’impresa dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Ragusa prevedeva una limitazione temporale di operatività, pari a gg. 180 annuali e che in questo senso disponeva anche il provvedimento unico autorizzativo rilasciato dal Comune di Ragusa.
20.4 Nondimeno, appare invalicabile la previsione di cui all’art. 66, comma 3 cit. che subordina la riduzione di imposta alla previsione regolamentare. D’altro canto, non soccorre il disposto dell’art. 15 del Regolamento comunale secondo cui la tassa ‘è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni producibili nei locali ed aree per il tipo di uso cui i medesimi sono destinati, nonché al costo dello smaltimento’. Ed infatti, non può ritenersi che la disposizione valga a prevedere la riduzione del tributo per la stagionalità dell’attività, posto che essa non contiene nessun riferimento al ‘tempo’ della produzione dei rifiuti, ma solo al rapporto fra quantità e qualità dei rifiuti e superficie imponibile.
Il quarto motivo, con cui si fa valere l’omessa pronuncia in ordine alla debenza dell’addizionale EX ECA, è fondato.
Il motivo è stato correttamente introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ.. Va, infatti, ricordato che ‘In tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o
incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. (Cass. Sez. 5, 23/10/2024, n. 27551).
22.1 Invero non è contestato che il motivo di doglianza fosse effettivamente stato proposto dal Comune di Ragusa con l’appello (ciò d’altro canto risultando dall’atto di gravame prodotto dal Comune). La parte controricorrente, al contrario, ne ritiene l’implicito il rigetto per avere l’Ente impositore richiesto l’addizionale con l’avviso impugnato, notificato nel 2017, nonostante detta addizionale fosse stata soppressa già nel 2013.
22.2 Nulla dice la sentenza sul punto, incorrendo, per l’appunto nell’errore denunciato. Tuttavia, ancorché spetti al giudice di merito la necessaria verifica sugli atti, in questa sede non richiesta, vale la pena di ricordare che ‘Con la legge di conversione del d.l. del 31.08.2013, n.102, il legislatore ha consentito ai Comuni di rimanere con i previgenti regimi (Tarsu, Tia1 o Tia2), rinviando al 2014 l’applicazione della Tares, che poi sarà soppressa e sostituita dalla Tari. La disciplina ponte del 2013 è contenuta nell’articolo 5 del citato d.l. n.102/2013, in particolare nel comma 4 quater, inserito dalla legge di conversione n. 124 del 28.10.2013. Ebbene, in base alla normativa citata, l’addizionale ex Eca risulta soppressa solo dal 1° gennaio 2013, non trovando applicazione per le annualità di imposta pregresse’ (Cass. Sez. 5 n. 9913 del 6/04/2023).
Occorre, a questo punto, passare all’esame dei motivi di ricorso incidentale.
Va subito rilevato che i medesimi motivi vengono sollevati sono distinti profili: il primo, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., quali omessa pronuncia sui motivi dell’appello incidentale; il secondo, ai sensi dell’art 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ. per omessa decisione sul motivo inerente alla mancata riduzione dell’imposizione di cui all’art. 40, comma 3 del
Regolamento comunale IUC, relativamente ai locali fienile, pagliera, deposito, vano scale ecc.; il terzo, ai sensi dell’art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 817 e 2729 c.c., nonché della Direttiva 2008/98/CE e dell’art. 41 del Regolamento IUC del comune di Ragusa, in relazione alla ritenuta assoggettabilità a tassazione dei suddetti locali; il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di contraddittorio fra le parti, in relazione alla effettiva destinazione dei locali (fienile, pagliera, deposito, vano scale ecc.).
Il primo motivo merita accoglimento, posto che nella sentenza nulla si rinviene in ordine ai motivi di appello incidentale proposti dalla società contribuente. Cionondimeno, per la risoluzione delle questioni poste con l’appello incidentale, non risolte dal giudice di seconda cura, dovranno essere applicati i principi supra enunciati, ove interferenti con la decisione sulle doglianze introdotte in via incidentale dalla società contribuente, nel secondo grado di giudizio.
In conclusione, va accolto il ricorso principale per fondatezza di tutti i motivi. Il ricorso incidentale va accolto limitatamente al primo motivo (con assorbimento degli altri)
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, cui è demandata anche la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, cui
demanda la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025.