Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15582 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15582 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22207/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in NAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COMUNE
DI
NAPOLI
-intimato- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 890/2021 depositata il 27/01/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso. Uditi i difensori delle parti presenti
Fatti di causa.
§ 1 . La RAGIONE_SOCIALE propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento notificatole il 27.12.2018 dal Comune di Napoli per Tares 2014 su un fabbricato ivi sito in INDIRIZZO e destinato a ristorazione.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
-la debenza del tributo da parte della società non era esclusa dall’affermata occupazione dei locali, nell’anno in esame, da parte di altro soggetto (RAGIONE_SOCIALE in forza di contratto registrato di sublocazione, dal momento che questo contratto non era versato agli atti di causa (né lo era stato in primo grado) e comunque, come già affermato da altra sentenza della Commissione Tributaria Regionale con riguardo alle annualità 2010/2012, non era rilevante a fronte della mancata denuncia da parte di NOME COGNOME (neppure tardiva) della cessazione dell’occupazione e dell’inizio dell’occupazione da parte di RAGIONE_SOCIALE, ovvero della mancata dimostrazione, quantomeno, del pagamento della tassa direttamente da parte di quest’ultima (art. 64, co. 4^ d.lvo 507/93);
-la circostanza della sublocazione era stata comunque già considerata nell’interesse della società, almeno per parte dei locali, come desumibile dalla riduzione di superficie operata dal Comune a seguito di sentenza di merito relativa a pregresse annualità.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla parte intimata Comune di Napoli.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso per inammissibilità o infondatezza di tutti i motivi.
La società ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 73 e 74 disp.att cod.proc.civ., dal momento che il contratto di sublocazione con Sire era stato, fin dal primo grado di giudizio, debitamente prodotto ed affoliato nel fascicolo delle produzioni di parte (allora ancora in cartaceo), come da indice degli atti depositati sottoscritto dal Segretario; sicché, in caso di suo mancato reperimento al momento della decisione, era onere della Commissione Tributaria Provinciale (prima) e Regionale (poi) segnalarne la mancanza per dare modo alla parte di provvedere alla ricostruzione del fascicolo.
§ 2.2 Il motivo è inammissibile perché non mirato sulla ragione decisoria insita nella sentenza di appello.
Si legge in sentenza (pag.5): ‘ a parte il fatto che il contratto di sublocazione di cui si tratta (tra l’odierna appellante e la RAGIONE_SOCIALE) effettivamente non si rinviene né tra gli atti del fascicolo di prime cure né tra quelli depositati in questo grado, risulta dirimente un’altra considerazione (…) ‘, costituita non già dalla mancata prova del contratto di sublocazione, bensì dalla mancata presentazione della dichiarazione di cessazione dell’occupazione da parte della società RAGIONE_SOCIALE.
E’ dunque evidente che, nel ragionamento seguito dal collegio regionale, ciò che rilevava ad escludere la fondatezza dell’appello (‘ risulta dirimente un’altra considerazione (…)’), era quest’ultima circostanza e non la questione della sublocazione (sebbene portata da un contratto debitamente registrato e dunque opponibile), tanto che – secondo logica – quand’anche il giudice di merito avesse in effetti acquisito il contratto di sublocazione mancante, ed avesse per questa via positivamente accertato lo stato di occupazione dei locali da parte di una società terza, ciò ancora non avrebbe comportato l’accoglimento del gravame, sul presupposto della decisività di
una circostanza tutt’ affatto diversa (in sostanza riferita alla mancata osservanza dell’articolo 64 co. 4^ cit.).
Ecco allora che la censura si incentra su un aspetto non decisivo di causa, nè il suo ipotetico accoglimento potrebbe di per sé portare al sovvertimento della decisione impugnata.
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società lamenta -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione dell’articolo 64, quarto co., d.lvo 507/93, il quale andava interpretato (v. Cass. n. 13296/13, citata anche dalla stessa Commissione Tributaria Regionale) nel senso che la parte era ammessa a provare in giudizio, anche in difetto di denuncia, di non aver effettivamente continuato l’occupazione o la detenzione del bene; da qui la rilevanza ai fini di causa del contratto di sublocazione attestante l’occupazione da parte di terzi dell’intera superficie dell’immobile.
§ 3.2 Il motivo è infondato.
In base all’art. 64 d.lvo 507/93: ‘Inizio e cessazione dell’occupazione o detenzione. 1. La tassa è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria. 2. L’obbligazione decorre dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui ha avuto inizio l’utenza. (…). 3. La cessazione, nel corso dell’anno, dell’occupazione o detenzione dei locali ed aree, dà diritto all’abbuono del tributo a decorrere dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui è stata presentata la denuncia della cessazione debitamente accertata. 4. In caso di mancata presentazione della denuncia nel corso dell’anno di cessazione, il tributo non è dovuto per le annualità successive se l’utente che ha prodotto denuncia di cessazione dimostri di non aver continuato l’occupazione o la detezione dei locali ed aree ovvero se la tassa sia stata assolta dall’utente subentrante a seguito di denuncia o in sede di recupero d’ufficio ‘.
La disposizione è già stata varie volte vagliata da questa Corte di legittimità, la quale ha stabilito (Cass.n. 13296/13) che: ‘In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 64, quarto comma, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, deve interpretarsi nel senso che, pur in caso di omissione della denuncia di cessazione di occupazione dell’immobile nell’anno in cui tale cessazione è avvenuta , la tassa non è comunque dovuta, per gli anni successivi a quello della cessazione così dichiarata, qualora: a) l’utente presenti denuncia tardiva di cessazione (comunque non oltre sei mesi dalla notifica del ruolo, ex art. 75, secondo comma, del d.lgs. cit.) e fornisca la prova di non aver effettivamente continuato, dalla data indicata, l’occupazione o la detenzione del bene ; b) oppure, anche a prescindere dalla presentazione della denuncia tardiva, risulti che la medesima tassa è stata assolta dal soggetto effettivo nuovo occupante o detentore, subentrato a seguito di denuncia od iscrizione a ruolo d’ufficio a suo carico’.
Si osservava in motivazione che: ‘(…) In sostanza, nel rispetto del presupposto impositivo della tassa, è consentito al soggetto che ha omesso di presentare la denuncia di cessazione tempestivamente (cioè nell’anno stesso in cui essa si è verificata) di ottenere lo sgravio o il rimborso del tributo qualora presenti la denuncia entro sei mesi dalla notifica dell’iscrizione a ruolo e dia la prova della cessazione, ovvero il tributo stesso sia stato pagato dall’effettivo nuovo occupante o detentore. In un caso e nell’altro, come già detto e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, l’esonero dal tributo, come si evince chiaramente dalla lettera e dalla ratio della disciplina, ha effetto dall’anno successivo a quello nel corso del quale si è verificata la cessazione (e non già dall’anno successivo a quello di presentazione della denuncia tardiva), ferma rimanendo la debenza della tassa per l’intero anno in cui è avvenuta la cessazione, restando ovviamente esclusa l’applicabilità del sopra citato art. 64, comma 3, che prevede, ma solo in caso di denuncia tempestiva,
l'”abbuono” del tributo a decorrere dal bimestre successivo alla presentazione della stessa’.
Il principio (necessità di denuncia, sebbene tardiva ma entro il termine prefissato dalla notificazione del ruolo ovvero dell’avviso di accertamento) ha trovato successive applicazioni in Cass.n. 24577/15 e n. 37420/22.
Inoltre lo stesso principio è stato ritenuto dirimente da Cass.ord. n. 2728/23 tra le stesse parti odierne, sebbene in relazione ad altre annualità, poste però in continuità fattuale e di disciplina con quella qui dedotta. Anche nel precedente da ultimo citato, in particolare, è stata esclusa la rilevanza esonerativa del contratto di sublocazione a RAGIONE_SOCIALE
Per il resto, non vi è controversia, in causa, sulla inesistenza della sola evenienza che potrebbe tenere indenne MP COGNOME dalle conseguenze della mancata denuncia di cessazione, vale a dire l’effettivo assolvimento del tributo, nell’anno in esame, da parte di NOME.
§ 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione degli articoli 115 e 116, comma secondo, cod.proc.civ.. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che il Comune, fin dalle sue prime difese, non aveva contestato che i locali fossero stati fatti oggetto di sublocazione a favore di terzi, salvo apoditticamente sostenere che la RAGIONE_SOCIALE ne aveva comunque trattenuto una porzione; ma ciò solo sulla base di un accertamento intervenuto il 18 maggio 2016 e, come tale, per nulla probante perché successivo di due anni al periodo qui considerato (tanto più che la subconduttrice RAGIONE_SOCIALE aveva in effetti dismesso i locali alla fine del 2014).
§ 4.2 Il motivo è infondato, dal momento che la condotta processuale del Comune non concretava ‘mancata specifica contestazione’ del fatto costituito dalla cessata occupazione, avendo anzi esso assunto che, quantomeno per una parte, i locali continuavano nel 2014 ad essere occupati proprio dalla RAGIONE_SOCIALE; questa affermazione difensiva rileva di per sé ad escludere il riconoscimento, a prescindere dal fatto che potesse
in ipotesi rivelarsi infondata per la posteriorità del relativo accertamento (2016) rispetto alla annualità qui dedotta (2014).
Inoltre, il Comune non aveva mai ammesso che la società avesse in effetti presentato la cessazione, per cui l’eventuale riconoscimento di altrui detenzione non sarebbe valsa, appunto in difetto di denuncia, a soddisfare l’imperatività dell’art. 64 co. 4^ cit..
Si è stabilito (Cass.n. 16984 del 14/06/2023) che: ‘ Nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impugnato ‘ e, inoltre, che (Cass.n. 19806 del 23/07/2019: ‘ Nel processo tributario, nell’ipotesi di ricorso contro l’avviso di accertamento, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti dal contribuente, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato mediante l’atto impositivo, in quanto detto atto costituisce nel suo complesso, nei limiti delle censure del ricorrente, l’oggetto del giudizio ‘.
Tutto ciò non esime tuttavia dal rilevare anche l’inammissibilità della doglianza nella parte in cui, ancora una volta, vorrebbe poggiare l’aspetto dirimente di causa sull’avvenuto accertamento (per non contestazione ex adverso ) in un elemento (la sublocazione) che si è già detto, in accordo con la Commissione Tributaria Regionale, non dirimente.
§ 5. Ne segue il rigetto del ricorso; nulla si provvede sulle spese, stante la mancata partecipazione al giudizio della parte intimata Comune di Napoli.
P.Q.M. La Corte
-rigetta il ricorso;
-v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,