Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2054 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27911-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende assieme all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura speciale estesa a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende giusta procura estesa a margine del controricorso
-controricorrente-
e
COMUNE RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore
-intimato- avverso la sentenza n. 4784/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 6/7/2018;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/1/2024 dal AVV_NOTAIO Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE, concessionaria del RAGIONE_SOCIALEo di RAGIONE_SOCIALE tributi su delega del Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, notificava a RAGIONE_SOCIALE sei avvisi di accertamento per omesso versamento ICI, anni di imposta 2005-2010, relativi a terreni, censiti al C.T. Comune di RAGIONE_SOCIALE al foglio 130, mappali 21, 124 e 131, sui quali la contribuente esercitava attività agricola;
gli atti impositivi venivano emessi sul presupposto dell’intervenuto mutamento di destinazione urbanistica dall’anno 2000 (delibera n. 185 del 29.12.2000, successivamente approvata dalla Giunta regionale con delibera n. 66 del 2006), quando le aree, a seguito di variante al P.R.G., da agricole erano divenute edificabili;
la società contribuente impugnava gli avvisi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, ritenendo non dovuta l’imposta, in quanto il mutamento di destinazione urbanistica non era stato
comunicato, ed inoltre, i terreni erano gravati da diversi vincoli insistenti sulle effettive possibilità edificatorie;
la Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 338/22/13, annullava i provvedimenti, ritenendo non dovute le sanzioni e gli interessi;
NOME appellava la pronuncia dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, denunciando violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in quanto i Giudici di prime cure avevano confermato la base imponibile sulla base della determina n. 7 del 2000 (che specificava in modo esauriente e dettagliato i criteri e il metodo di calcolo del valore delle aree interessate) che non era stata mai prodotta in giudizio;
i Giudici di appello, con sentenza n. 291/01/15, annullavano gli atti di accertamento rilevando che la CTP aveva erroneamente ritenuto che l’atto accertativo dell’imposta scaturisse dalla variante di piano e non, invece, dalla determina di RAGIONE_SOCIALE;
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, deciso con sentenza n. 22254 del 2016, con cui questa Corte accoglieva il gravame, cassando con rinvio la sentenza impugnata e formulando il relativo principio di diritto;
NOME proponeva ricorso per riassunzione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, per parziale riforma della decisione n. 338/22/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma e l’adita Commissione, con sentenza n. 4784/6/2018, rigettava l’appello proposto dalla ricorrente;
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della pronuncia, svolgendo tre motivi, illustrati con memorie;
RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso, il Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a cui risulta ritualmente notificato il ricorso, come da documentazione prodotta nel corso del presente giudizio dalla ricorrente, non ha svolto difese
CONSIDERATO CHE
1.1. va preliminarmente revocata in parte qua l’ordinanza, emessa all’esito della camera di consiglio del 2.3.2021, con cui questa Corte ha rinviato a nuovo ruolo la controversia per la trattazione in pubblica udienza in relazione all’istanza proposta dalla ricorrente «in ragione della rilevanza della questione sottoposta all’esame»;
1.2. il Collegio, invero, re melius perpensa , ritiene di prestare adesione all’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il Collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (cfr. Cass., Sez. Un., 5 giugno 2018, n. 14437) e non vertendosi in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (cfr. Cass., Sez. Un., 23 aprile 2020, n. 8093), come di seguito illustrato;
1.3. tali conclusioni non trovano, peraltro, smentita nell’ulteriore richiesta di trattazione del ricorso in pubblica udienza, proposta dalla ricorrente nella memoria difensiva da ultimo depositata;
2.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa pronuncia sul primo motivo di appello della contribuente circa la mancata pubblicazione della delibera su cui era stata basata la congruità del valore venale del bene tassato e sul motivo subordinato relativo alla richiesta di «revisione dei valori indicati negli avvisi impugnati … in considerazione dei vincoli e delle caratteristiche delle aree di proprietà della ricorrente», lamentando altresì che la Commissione tributaria regionale aveva erroneamente accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE, che quest’ultima non aveva mai proposto;
2.2. le doglianze vanno disattese;
2.3. in primo luogo, quanto al dedotto erroneo accoglimento dell’appello della RAGIONE_SOCIALE (relativamente alla mancata applicabilità delle agevolazioni previste relativamente alla proprietà di
terreni agricoli ai sensi dell’art. 9 d.lgs. n. 504/1992), in realtà mai proposto, il Collegio rileva trattarsi di mero refuso materiale contenuto nella motivazione della sentenza, così come reso esplicito, in primo luogo, dalla chiara ratio decidendi , sottesa alla pronuncia di rigetto, di cui si darà conto di seguito, e che non ha neppure inficiato il dispositivo (in cui si dispone esclusivamente il rigetto dell’appello della contribuente);
2.4. dall’esame degli atti del giudizio di merito, prodotti dalla stessa ricorrente, emerge infatti che, a fronte dell’originario annullamento, da parte della Commissione tributaria provinciale, dell’atto impositivo limitatamente alle applicate sanzioni ed interessi, la contribuente ebbe a formulare specifico motivo di gravame anche in relazione al lamentato mancato riconoscimento dell’agevolazione di cui al citato art. 9 del d.lgs. n. 504/1992, mentre RAGIONE_SOCIALE ebbe unicamente a dolersi dell’annullamento, da parte della Commissione tributaria provinciale, delle sanzioni e degli interessi;
2.5. ne consegue che laddove la Commissione tributaria regionale, con la sentenza impugnata, ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della suddetta esenzione, ha in realtà respinto, in parte qua , l’appello della contribuente e non, come erroneamente riportato, quello della RAGIONE_SOCIALE, che non avrebbe avuto alcun interesse ad impugnare la statuizione del giudice di primo grado, in parte qua a sé favorevole;
2.6. a seguire, le doglianze della contribuente non colgono la ratio decidendi sottesa alla decisione impugnata;
2.7. questa Corte, con la pronuncia di rinvio n. 22254 del 2016, ha infatti cassato per violazione di norme di diritto la sentenza impugnata (che aveva «ritenuto l’atto nullo per mancata allegazione ad esso della delibera c.d. di determina della concessionaria per la RAGIONE_SOCIALE, che aveva stabilito i parametri per la determinazione del tributo, in quanto avente natura di atto privato») sul rilievo che «la delibera di determinazione della stima dei valori costituisce autolimitazione dei
poteri comunali di accertamento, tanto che basta menzionarla (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 18 febbraio 2014, n. 3757) e può anzi addirittura mancare, senza pregiudizio per il potere impositivo (Cass. sez. 5, 30 dicembre 2015, n. 26077), integralmente delegabile al concessionario in house (Cass. sez. 5, 19 marzo 2010, n. 6672)»;
2.8. ne consegue che la Commissione tributaria regionale, in sede di rinvio, era tenuta ad uniformarsi al suddetto principio di diritto con preclusione, quindi, per il Giudice di rinvio di riesaminare la suddetta doglianza della contribuente;
2.9. la Commissione tributaria regionale risulta, inoltre, aver esaminato, con ampia motivazione, l’ulteriore censura della RAGIONE_SOCIALE in merito alla pretesa errata determinazione del valore venale degli immobili tassati, anche in considerazione dei vincoli sugli stessi sussistenti, rilevando che la contribuente si era limitata a «lamenta…(re)… genericamente vincoli di rispetto, servitù, il carattere scosceso di taluni tratti non idonei a consentire una profittevole edificazione» e che «per i terreni oggetto della pretesa di pagamento … la qualificazione come area edificabile attribuita …(doveva)… considerarsi corrispondente allo stato della legislazione vigente»;
2.10. non sussiste, quindi, al riguardo alcuna omessa pronuncia da parte della Commissione tributaria regionale;
3.1. con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, circa la mancata produzione in giudizio della delibera del c.d.a. della RAGIONE_SOCIALE, e circa la mancata pubblicazione della medesima nelle forme previste ex lege ;
3.2. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente rigettato l’appello sulla scorta di una delibera (la delibera
n. 7/2010 del c.d.a. di RAGIONE_SOCIALE) mai prodotta in giudizio e «pertanto non conosciuta o … conoscibile dal Giudice»;
3.2. le censure vanno disattese in quanto trattasi di questione assorbita sulla scorta del principio di diritto indicato da questa Corte nella pronuncia di rinvio, laddove era stato espressamente affermato che, essendo delegabile alla concessionaria della RAGIONE_SOCIALE anche il potere di determinare i valori zonali delle aree fabbricabili, «la delibera di determinazione della stima dei valori costituisce autolimitazione dei poteri comunali di accertamento, tanto che basta menzionarla (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 18 febbraio 2014, n. 3757) e può anzi addirittura mancare, senza pregiudizio per il potere impositivo (Cass. sez. 5, 30 dicembre 2015, n. 26077)»;
per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;
le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.800,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonché alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità