Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32657 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: delega firma -tempestività contestazione -poteri doveri giudice – principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11460/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. ;
-intimata – avverso la sentenza n.9605/31/16 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, depositata il 3.11.2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, veniva rigettato l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento n. 508/7/15. Tale decisione aveva accolto il ricorso proposto avverso l’ avviso di accertamento n. TFMCRO400050/2014 con il quale era stata recuperata ad imposizione IVA relativa all’anno di imposta 2012.
Il giudice di prime cure accoglieva la preliminare doglianza di difetto di legittima sottoscrizione dell’avviso ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 600/73, ravvisando un vizio della delega di firma, nella mancata indicazione del nominativo del delegato.
Il giudice d’appello confermava siffatto esito decisorio, ritenendo assorbente il fatto che, ai fini della legittimazione del soggetto sottoscrittore, la delega fosse nulla in quanto priva del nominativo del dirigente delegato, non potendo il contenuto della delega essere individuato per relationem con riferimento a un soggetto incerto.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in due censure, mentre la contribuente non ha svolto difese. La notifica del ricorso per cassazione è stata ritualmente effettuata presso la parte personalmente, perché la delega in primo grado è specifica in favore del difensore per il primo grado e la società è stata contumace in appello.
Considerato che:
1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. poiché il giudice avrebbe pronunciato sul contenuto della delega priva del nominativo, senza
che il contribuente avesse in realtà mai sollevato ritualmente il profilo di illegittimità accertato dal giudice. Questa contestazione avrebbe dovuto essere presente nel ricorso di primo grado per poter essere presa in considerazione dal giudice .
Il motivo è infondato, per le ragioni che seguono.
2.1. L’Amministrazione finanziaria evidenzia che il motivo di doglianza dedotto dal contribuente ha riguardato esclusivamente la mancanza di sottoscrizione dell’atto da parte del direttore dell’Ufficio, circostanza che avrebbe comportato l’illegittimità dell’avviso per mancanza di un elemento costitutivo rappresentato dalla firma del titolare dell’Ufficio, secondo quanto previsto dall’art. 42, comma 1, del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600, a norma del quale «Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato».
2.2. La ricorrente lamenta il fatto che, nonostante le difese svolte dall’Ufficio e il deposito della delega di firma de ll’ avviso impugnato, la Commissione tributaria regionale ha motivato l’accoglimento del ricorso osservando che «non è sufficiente, in entrambe le tipologie di deleghe (di firma o di funzione) l’indicazione della sola qualifica professionale del dirigente destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alla generalità di chi effettivamente rivesta tale qualifica».
Tale profilo di illegittimità o comunque di invalidità dell’atto impugnato, secondo l’Agenzia, non sarebbe mai stato ritualmente dedotta dal contribuente, perché non era contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio, unica sede legittima di delimitazione del petitum.
2.2. Siffatta interpretazione dall’art. 42, comma 1, cit. e delle norme sul processo tributario, in particolare dell’art.18, comma 1, lett. d) del d.P.R. 31 dicembre 1992 n. 546, con riferimento alla necessaria
indicazione nel ricorso introduttivo dell’ oggetto della domanda, non è condivisibile.
Questa Corte ha affermato, in tema d’imposte sia sui redditi sia sul valore aggiunto (Cass. Sez. 5, n.24492 del 02/12/2015), che l’avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, in caso di contestazione del contribuente, incombe sull’Amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere. Inoltre, in plurime pronunce di questa Corte è stato anche chiarito che, alla luce del principio della tassatività delle nullità, in mancanza di una disposizione espressa, tale sanzione non trova applicazione per l’attribuzione di rendita (Cass. n. 8248 del 2006), l’avviso di mora (Cass. n. 4283 del 2010) la cartella di pagamento (Cass. Cass. n. 13461 del 2012), il diniego di condono (Cass. Cass. n. 220 del 2014), e l’omessa sottoscrizione del ruolo (Cass. n. 24322 del 2014), fattispecie nelle quali opera la presunzione di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere.
Ciò non vale per l’avviso di accertamento, ossia l’atto impugnato alla base del presente processo, fattispecie con riferimento alla quale gli artt. 42, d.P.R. n. 600/73 e 56, d.P.R. n. 633/72 comminano espressamente la nullit à dell’atto in difetto di sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
2.3. Nel ragionare sull’applicazione di quest’ultima previsione normativa con riferimento all’ impugnazione di un avviso di accertamento, la Sezione ha anche stabilito (ad. es., cfr. Cass. 17/07/2019, n. 19190) che se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell’atto, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare, in applicazione del principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere
producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega, che pure è solo di firma e non di funzioni (cfr., in tal senso, tra le molte, Cass. n. 5200/2018, Cass. n. 12781/2016; Cass. n. 18758/2014).
2.4. Infatti, la delega non è necessariamente allegata all’avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione finanziaria (v. Cass. n. 4884 del 2022) ed è principio acquisito quello secondo il quale l’Agenzia ben può produrla anche nel secondo grado di giudizio (v. tra le molte, Cass. n. 15781/2017; Cass. n. 12781/2016), in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale. A maggior ragione, il giudice nel presente processo bene ha fatto ad esaminare la delega, prodotta dall’Amministrazione finanziaria nel presente processo già in primo grado (cfr. p.2 ricorso).
2.5. La giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di sottoscrizione ‘delegata’ degli atti impositivi ha anche affermato che «in caso di contestazione del contribuente, incombe sull’Amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere (fra le tante, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24492 del 02/12/2015 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27871 del 31/10/2018)».
Il principio di non contestazione va poi coordinato con quello acquisitivo, tenendo presente (v. Cass. Sez. 3, sentenza n. 9863 del 13/04/2023) che le regole sull’onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria – secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) – e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie. Nel caso in esame non vi è dubbio che la questione della delega di firma è stata posta con il ricorso intro-
duttivo, e che il contenuto concreto della delega era ignoto nel momento dell’incardinamento del processo in primo grado, ulteriore elemento che concorre a far ritenere che dovesse esse valutato dal giudice.
Ciò è coerente con l’ interpretazione offerta dalle Sezioni Unite in materia di prova documentale nel processo civile (Sez. U, sentenza n. 4835 del 16/02/2023), e che investe anche il processo tributario in forza del rinvio previsto dall’art. 1, comma 2, del d.P.R. n. 546 del 1992 alle norme del codice di procedura civile compatibili con quelle del processo tributario. L’autorevole consesso nella pronuncia da ultimo citata ha stabilito che il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni. Tanto più si deve ritenere che tale potere-dovere in capo al giudice tributario sussista quando l’istanza è già stata avanzata in primo grado in relazione al documento per la prima volta prodotto in giudizio e la sentenza di primo grado vi abbia fatto esplicito riferimento.
2.6. I principi giurisprudenziali sopra riportati, condivisi dal Collegio, vanno assimilati in relazione alla presente fattispecie nel senso che, a seguito della introduzione da parte del contribuente, con il ricorso in primo grado , della questione dell’illegittima sottoscrizione dell’avviso di accertamento per assenza di rituale delega di firma e, dunque, carenza di legittimazione in capo al soggetto che abbia sottoscritto l’atto impositivo impugnato, il giudice è investito dal poteredovere di esaminarne il contenuto, se questo sia idoneo ad assolvere alla funzione di delega di firma e non di funzioni.
La contestazione sull’esistenza della delega riguarda la valutazione del documento in funzione del suo contenuto, ossia i requisiti minimi di validità ed efficacia.
Diventa perciò irrilevante, a seguito della produzione in giudizio della delega da parte dell’Amministrazione finanziaria, se la contestazione contenuta nel ricorso introduttivo ab origine investisse o meno specificamente anche un determinato profilo del contenuto della delega stessa qual è l’indicazione del nome del delegato. Del resto, ragionare diversamente non terrebbe conto del fatto che al momento della preparazione del ricorso introduttivo la parte non poteva esaminare il contenuto della delega poiché questa non era ancora stata esibita dall’Amministrazione finanziaria, ai fini del rispetto dei diritti della difesa e di parità delle armi (Artt. 111 Cost., 47 CDFUE, 6 § 1 CEDU).
Dunque, una volta indicata la questione nel ricorso introduttivo, il giudice è investito del potere-dovere di valutare ogni profilo relativo al difetto di legittimazione del sottoscrittore, quanto al suo contenuto e alla sua idoneità ad assolvere lo scopo di delega di firma e non di funzioni. La deduzione introduttiva della questione sposta a carico dell’A mministrazione finanziaria la prova della sussistenza della delega e dei relativi requisiti in capo al sottoscrittore.
2.7. Quale ulteriore conseguenza, dal fatto che la contestazione della delega reca con sé quella della idoneità del suo contenuto a dispiegare gli effetti, deriva anche che, se la delega è stata posta dall’Amministrazione a base dell’ appello e nonostante il fatto che in tale grado di giudizio il contribuente appellato non abbia resistito in quanto contumace, è comunque compito del giudice verificare che la delega prodotta sia valida e idonea a conferire in capo al delegato il potere di firma, e non incorre in ultrapetizione la pronuncia del giudice che si sia pronunciata a riguardo.
Infatti, una volta tempestivamente introdotta la questione, è demandato al giudice del merito, non solo in primo, ma anche in secondo grado se la questione è posta a base dell’appello, verificare che la delega prodotta in giudizio sia idonea a spiegare effetti nei confronti del delegato. Il corretto esercizio del potere di delega si estrinseca infatti attraverso l’emanazione di una delega valida ed efficace, che il giudice è tenuto ad accertare in caso di contestazione.
Come già il giudice di prime cure, il giudice d’appello investito della questione sulla delega di firma ha il potere-dovere di apprezzamento del documento prodotto, per verificarne la validità ed efficacia e anche esaminarne la sua completezza in sede di gravame, iniziando dal controllo sui poteri in capo al soggetto delegante.
2.8. Dev’essere perciò affermato il seguente principio di diritto:
« In tema di processo tributario, a seguito della introduzione da parte del contribuente con il ricorso in primo grado della questione dell’illegittima sottoscrizione dell’avviso di accertamento per assenza di rituale delega di firma ai fini dell’art.42, comma 1, d.P.R. 29/09/1973 n. 600 e, dunque, della carenza di legittimazione in capo al soggetto che abbia sottoscritto l’atto impositivo impugnato, il giudice è investito del potere-dovere di esaminare il contenuto della delega prodotta in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, se questo sia idoneo ad assolvere alla funzione di delega di firma e non di funzioni; pertanto, anche se il contribuente appellato è contumace, non incorre in ultra petizione il giudice d’appello che si pronunci sullo specifico contenuto della delega posta dall’Agenzia a base del gravame. ».
In applicazione del principio, il Collegio constata che, nel caso di specie, la questione del contenuto concreto della delega, compreso il profilo della non indicazione nominativa del delegato, avrebbe dovuto essere esaminata dal giudice, anche se il contribuente in appello
è rimasto intimato. Va dunque escluso che la decisione del giudice sullo specifico contenuto della delega di firma sia stata resa ultra petita in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., perché ciò rientrava nei suoi poteri.
Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli articoli 42, d.P.R. 600/73 e 2700 cod. civ., con riferimento al capo della decisione in cui si afferma la necessità dell’indicazione nel contenuto della delega del nominativo del delegato.
Il motivo è fondato.
4.1. La giurisprudenza della Sezione (a partire da Cass. n. 8814/2019 e Cass. n. 11013/2019) ha reiteratamente affermato che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma e non di funzioni. Infatti, realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma pu ò avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessit à di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa. È per tali ragioni che (tra le molte, si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n.8814 del 29/03/2019) il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ex post , la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto. Il giudice d’appello non si è attenuto al
principio di diritto sopra richiamato e cui va data ulteriore continuità e ne discende la fondatezza della censura.
5. Per l’effetto , la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.9.2024