Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32744 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25916/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA-MILANO n. 3203/2017 depositata il 17/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
A seguito di richiesta di documentazione ed in esito a PVC, l’ RAGIONE_SOCIALE era attinta da due avvisi di accertamento mediante i quali la D.P. di RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in riferimento agli aa.ii. 2009 e 2010, disconosceva i requisiti per la fruizione RAGIONE_SOCIALE agevolazioni di cui alla l. n. 398 del 1991 ed assoggettava la contribuente al regime ordinario di tassazione degli enti commerciali, recuperando imposte dirette ed indirette, oltre accessori.
La contribuente impugnava gli avvisi con separati ricorsi.
La CTP di RAGIONE_SOCIALE, alla pubblica udienza del 1° settembre 2015, riuniti i ricorsi, ammetteva le parti alla discussione, solo in occasione della quale (giusta quanto affermato in ricorso) l’RAGIONE_SOCIALE rimetteva ‘nelle mani del Collegio Giudicante la delega di firma dei due atti impositivi, la cui mancata allegazione in fase di notifica dell’atto impositivo era stata fatta oggetto di espressa eccezione da parte del[la] contribuente in relazione alla violazione dell’art. 42 del d.p.r. 600/73 per entrambe le annualità’.
Con sentenza n. 129/1/2015, la CTP respingeva i ricorsi.
La contribuente proponeva appello, contestando in particolare, ‘l’idoneità del documento [prodotto solo all’udienza di discussione] a rappresentare valida attribuzione di poteri al soggetto delegato nonché la violazione dell’art. 32 del D.Lgs. 546/92 in relazione al termine dì 20 giorni liberi per il deposito utile di atti prima dell’udienza di discussione’ (così nuovamente il ricorso).
Con la sentenza in epigrafe, la CTR della Lombardia rigettava l’appello, osservando:
In merito al primo motivo, relativo al vizio della sottoscrizione degli atti impugnati, la sentenza di primo grado condivisibilmente ribadisce il principio più volte affermato dalla Corte di cassazione secondo cui per la validità dell’atto è sufficiente che lo stesso provenga [dal] e sia riferibile all’ufficio che lo ha emanato.
A ciò si aggiunge che l’ufficio ha depositato nel giudizio di primo grado la delega, come dichiarato dalla sentenza impugnata[,] secondo la quale l’RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore come risulta dall’atto dispositivo n. 22/2013 a firma del direttore provinciale NOME COGNOME che ha delegato funzionario preposto al reparto competente.
In merito deve escludersi che la supposta violazione del termine di deposito della delega di firma abbia impedito l’esercizio del diritto di difesa della ricorrente in quanto la ricorrente ha avuto a disposizione tutto il giudizio di appello per contestare la delega e non l’ha fatto.
Il primo motivo di ricorso va quindi respinto.
Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto l’iscrizione al registro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non comporta una presunzione assoluta di non commercialità di qualunque attività esercitata, ma permane il potere dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di verificare che l’RAGIONE_SOCIALE applichi correttamente la normativa sulla fiscalità di vantaggio prevista per questo tipo di soggetti.
Anche il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto la documentazione utilizzata per l’accertamento relativo al 2009 – dalla quale risulta che l’RAGIONE_SOCIALE erogava denaro ai soci, i compensi non coprivano spese di partecipazione ma venivano erogati a seguito di prestazioni non definite, le somme RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni erano prelevate in contanti in
violazione del limite di 516,46 euro stabilito per le RAGIONE_SOCIALE – non è stata acquisita dai funzionari in sede di verifica ma a seguito di risposta data dal rappresentante legale al questionario.
La contribuente propone ricorso per cassazione con sei motivi. Con atto datato 14 dicembre 2017, l’RAGIONE_SOCIALE si costituisce ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza.
Considerato che:
1 Primo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, co. 1, d.p.r. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; inidoneità della delega prodotta ad identificare il soggetto delegato all’esercizio dei poteri di firma in relazione alle annualità 2009 e 2010’.
1.1. ‘Il Giudice dell’appello non ha tenuto conto della circostanza che la delega depositata dall’RAGIONE_SOCIALE alla pubblica udienza del 1° settembre 2015 era priva della precisa identificazione del funzionario delegato, essendo attribuita ‘nominativamente in bianco’ a diversi soggetti preposti alla titolarità di Uffici o Funzioni’. ‘A prescindere […] dalla irritualità con cui detta delega ha fatto ingresso nel procedimento di primo grado (materia che sarà oggetto della successiva censura c separato motivo di ricorso), l’analisi del documento non consente di identificare l’identità del soggetto delegato perché nominativamente non identificato’. Ed infatti – come si legge testualmente nell’allegato qui prodotto quale Doc. 3 – sulla base del valore di ogni singolo atto, le deleghe di firma risultano attribuite genericamente a: il Capo RAGIONE_SOCIALE Controlli, i Capi Team dell’RAGIONE_SOCIALE Controlli, il Capo dell’RAGIONE_SOCIALE Legale, i direttori degli Uffici Territoriali’. ‘Nessun dubbio […] sull’identità e sull’idoneità alla sottoscrizione dell’atto dì delega da parte del soggetto delegante (i.e. il AVV_NOTAIO NOME COGNOME quale Direttore Provinciale dell’RAGIONE_SOCIALE) che per legge, ai sensi dell’art. 42 del d.p.r. 600/73[,]
detiene il potere di firma dell’atto e che può legittimamente delegarlo. Il problema si pone invece sull’identità del soggetto delegato’. ‘A fronte dell’eccezione sul punto sollevata dal contribuente nel giudizio di secondo grado, […] [il relativo capo della sentenza impugnata] […] non supera la censura svolta dalla scrivente difesa in sede di appello e viene pertanto gravato con il presente motivo di ricorso. Nessuna questione sul fatto che il soggetto che ha sottoscritto l’alto di accertamento appartenga all’RAGIONE_SOCIALE ma il mero inquadramento come dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE non integra la prova circa i requisiti richiesti dalla norma che impone che il delegato appartenga alla carriera direttiva’. ‘[L]’RAGIONE_SOCIALE ha sì esibito una delega dopo la contestazione del contribuente promossa nel momento di instaurazione del giudizio di primo grado, ma[,] ai fini della prova circa la legittimità del conferimento, detto documento non è in grado di superare la contestazione iniziale del contribuente in quanto non soddisfa la verifica soggettiva circa l’idoneità del delegato a poter ricevere il potere di firma degli atti di accertamento a norma dell’art. 42 comma l DPR 600/73. Il fatto che un usciere dell’RAGIONE_SOCIALE sia soggetto dipendente della predetta amministrazione, non lo abilita alla sottoscrizione di atti impositivi per il solo fatto di essere pubblico dipendente. Non solo! Qualora un funzionario sia stato illegittimamente preposto alla guida di un RAGIONE_SOCIALE (ad esempio l’RAGIONE_SOCIALE Controlli o l’RAGIONE_SOCIALE Legale) e non sia in possesso dei requisiti dì cui all’art. 42 del d.p.r. 600/73, il relativo controllo da parte del contribuente resterebbe precluso dalla redazione di un documento quale quello depositato in atti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che non contiene alcuna individuazione della persona e quindi non consente alcuna verifica circa la sua idoneità’.
Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione in combinato disposto tra loro degli artt. 7, 32, 58 d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.: violazione del termine di
20 giorni liberi prima della discussione in pubblica udienza per il deposito della delega di firma di cui all’atto dispositivo 22/2013 (art. 32); impossibilità di acquisizione d’ufficio da parte della CTP di RAGIONE_SOCIALE dell’atto dispositivo 22/2013 (art. 7); illegittimità del deposito dell’atto dispositivo 22/2013 in qualunque altro momento fuori dal termine di cui all’art. 21 d.lgs. 546/92 per non essere detto documento un atto nuovo (art. 58) in relazione alle annualità 2009 e 2010′.
2.1. ‘La Commissione Tributaria Regionale di Milano ha respinto l’appello del contribuente considerando l’atto dispositivo 22/2013 ritualmente acquisito dalla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE alla pubblica udienza del 1° settembre 2015. A fronte della richiesta ed eccezione sollevata dal contribuente in relazione al punto che precede in sede di ricorso introduttivo relativo ad entrambe le annualità oggetto di giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE in sede di deposito della propria memoria di costituzione in primo grado e per entrambe le annualità, ha resistito affermando banalmente la sussistenza di detta delega senza produrla in atti. Essendosi evidentemente ravveduto dell’errore marchiano commesso […], solo in sede di udienza di discussione in data 1° settembre 2015, l’RAGIONE_SOCIALE ha prodotto l’atto 22/2013 in spregio al disposto dell’art. 32 del D.Lgs. 546/92 che limita ai venti giorni liberi precedenti il deposito di documenti. Né l’acquisizione di detto documento poteva essere disposta d’ufficio dal Giudice di primo grado ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. 546/92. Né detto atto costituisce un documento nuovo ai sensi dell’art. 58 D.Lgs. 546/92′. ‘La scrivente difesa, a pagina 4 del ricorso in appello, formulava pertanto la seguente doglianza circa il momento in cui la delega era stata esibita: ‘La questione rappresenta una violazione procedurale ed anche sostanziale […]”. ‘Il Giudice di secondo grado ha […] cristallizzato nella propria sentenza una evidente disparità di trattamento. Da un lato[,] infatti[,] il contribuente si vede costretto
allo stringente termine di cui all’art. 21 del D.Lgs. 546/92 quando voglia contestare, anche sotto il profilo della nullità, l’esistenza e/o l’idoneità di documenti fondanti la legittimità di un atto, dall’altro, l’Amministrazione Finanziaria risulta rimessa in gioco in qualsiasi momento in relazione alla produzione (tardiva) di atti e documenti con l’effetto di costringere a successive tempestive eccezioni il contribuente sotto pena di decadenza’.
I motivi, strettamente correlati, possono essere esaminati congiuntamente.
3.1. Assume priorità logica il secondo, che è in parte inammissibile ed in parte infondato.
È inammissibile in quanto, dinanzi alla ‘supposta’ (per recuperare un termine utilizzato dalla CTR) produzione agenziale effettuata soltanto in sede di pubblica udienza di discussione (ciò di cui non consta evidenza né in sentenza né in ricorso), non documenta alcuna opposizione con eventualmente richiesta di un termine a difesa per controdeduzioni: donde un difetto di precisione, anche sotto il profilo dell’autosufficienza.
È infondato in quanto, alla stregua di un insegnamento che merita di essere espressamente ribadito, ‘in tema di appello nel processo tributario, il documento contenente la delega di firma del sottoscrittore dell’atto di accertamento impugnato, che sia stato prodotto, ancorché tardivamente, nel giudizio di primo grado, deve ritenersi acquisito automaticamente e ritualmente in quello di gravame, anche se depositato oltre il termine previsto dall’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che -sebbene le modalità di produzione non corrispondano a quelle previste dalla legge -il documento era stato già messo a disposizione della controparte, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa da parte della stessa, mediante l’inserimento nel fascicolo di primo grado che, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del detto decreto, resta inserito in modo definitivo in quello d’ufficio e può essere restituito solo dopo il passaggio in
giudicato della decisione’ (Sez. 6 -5, n. 16652 del 25/06/2018, Rv. 649376 -01).
Né, a fronte di ciò, la contribuente allega alcun concreto pregiudizio sofferto in relazione alle sue prerogative difensive, posto che è rimasta di per sé incensurata l’affermazione della CTR secondo cui ‘la ricorrente ha avuto a disposizione tutto il giudizio di appello per contestare la delega e non l’ha fatto’.
3.2. Un tanto introduce alle ragioni dell’inammissibilità del primo motivo.
Ed invero, anche a voler dato per acquisito il deposito dell’atto di delega da parte dell’RAGIONE_SOCIALE solo all’udienza in primo grado, né il primo motivo né più in generale il ricorso riproduce le ragioni di doglianza rassegnate dalla contribuente nell’atto d’appello, costituente la prima difesa utile dopo la produzione. In particolare, né l’uno né l’altro rendono conto della contestazione della concreta qualifica posseduta dal soggetto sottoscrivente gli avvisi ed anzi, ‘a priori’, neppure riproducono gli avvisi nella parte contenente la sottoscrizione onde identificare il soggetto che l’ha apposta e la qualifica – che ancora nella presente sede di legittimità solo in modo generico ed astratto si revoca in dubbio – ivi dichiarata.
Siffatta mancanza, di per sé determinante, lo è a maggior ragione in considerazione del fatto che la CTR, la quale evidentemente ha letto l’atto d’appello ed ha apprezzato le difese nel complesso esperite dalla contribuente dinanzi a sé, non solo, come appena visto, ha espressamente escluso avere la medesima effettuato alcuna contestazione della delega ‘per tutto il giudizio di appello’, ma lo ha fatto dopo aver rilevato, richiamando la sentenza di primo grado, che l’atto di delega prodotto dall’RAGIONE_SOCIALE documenta avere il direttore provinciale ‘delegato funzionario preposto al reparto competente’: talché -al cospetto di tale di per sé insindacato giudizio in fatto, concordemente espresso, peraltro, da entrambi i Giudici di merito – si infrange la solo locutoria deduzione
nel motivo circa l’astratta possibilità – non tuttavia minimamente raccordata al caso concreto – che ad apporre la propria firma in calce ad un atto impositivo possa ‘in limine’ essere ‘ un usciere dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, oppure ‘un funzionario [che] sia stato illegittimamente preposto alla guida di un RAGIONE_SOCIALE‘ o ‘non sia in possesso dei requisiti dì cui all’art. 42 del d.p.r. 600/73’.
3.2.1. Ciò detto, in riferimento al cd. merito cassatorio del motivo, volto a denunciare l’illegittimità di una ‘delega in bianco’, è a rilevarsene, altresì e comunque, l’infondatezza. Infatti, la decisione della CTR è conforme a diritto, per quanto debba esserne in parte rettificata la motivazione, segnatamente laddove essa scrive che ‘per la validità dell’atto è sufficiente che lo stesso provenga [dal] e sia riferibile all’ufficio che lo ha emanato’.
Più nel dettaglio, alla stregua di due celebri arresti ormai non più recenti, cui la successiva giurisprudenza di legittimità si è uniformata, questa Suprema Corte ha avuto modo di affermare che ‘la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma -e non di funzioni -poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa’ (Sez. 5, n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414 -01), puntualizzando come il provvedimento contenente la delega di firma ‘non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di
servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ‘ex post’, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto’ [Sez. 5, n. 8814 del 29/03/2019, Rv. 653352 -01).
Il superiore insegnamento non obnubila la necessità del provvedimento di delega, di guisa da non potersi condividere la tesi della CTR secondo cui sarebbe sufficiente la mera riferibilità dell’avviso di accertamento all’Amministrazione emanante, dacché (come osservato da Sez. 5, n. 8814 del 2019, in motiv., par. 3, p. 4), ‘se […] gli avvisi di accertamento costituiscono la più complessa espressione del potere impositivo, incidendo con particolare profondità nella realtà economica e sociale, deve ritenersi che la loro sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio, o da funzionario da lui delegato, sia stata prevista come essenziale garanzia per il contribuente (Cass. n. 1875 del 2014 e, da ultimo, Cass. n. 22800 del 2015). Sotto tale profilo, appare evidente come il dato fondante sia costituito dal superamento di quella generale presunzione, sopra richiamata, di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo dotato del potere di emanarlo, richiedendosi, al contrario, che tale provenienza sia avvalorata dalla sottoscrizione del capo dell’ufficio, o del funzionario da lui delegato’.
Il superiore insegnamento riposa, invece, sulla considerazione che alla delega di firma, di cui all’art. 42, comma 1, DPR n. 600 del 1973, non possa applicarsi la disciplina prevista per il ben diverso istituto della delega di funzioni, nel senso che ‘l’art. 17, comma 1 -bis, del d.lgs n. 165 del 2001 si riferisce espressamente ed inequivocabilmente alla ‘delega di funzioni’, laddove prescrive che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune RAGIONE_SOCIALE competenze ad essi riservate, a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli
uffici ad essi affidate. Tale rigore non si addice alla delega di firma, nella quale, come è stato già rilevato, il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante […] e che trova titolo nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (art. 11, comma 1, lett. c) e d), Statuto Ag. RAGIONE_SOCIALE -approvato con Delib. 13 novembre 2000, n. 6; art. 14, comma 2, reg. amm. n. 4 del 2000) nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio’ (ivi, par. 8, p. 7 s.).
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione in combinato disposto tra loro degli artt. 10 e 12 l. 212/2000, 33 dpr 600/73, 52 dpr 633/1972, 24 l. 4/1929 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.: violazione del principio del contraddittorio, del principio di trasparenza rilevante sotto il profilo dell’eccesso di delega, dell’obbligo di redazione di specifico processo verbale di accertamento in relazione alla sola annualità 2009’.
4.1. ‘È circostanza pacifica, riscontrabile dalla lettura dell’atto di accertamento emesso in relazione all’annualità 2009, e comunque è fatto non contestato, che i motivi cd i presupposti che hanno condotto l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE all’emissione dell’avviso di accertamento impugnato, si fondano: (i) – sulle risposte ad un questionario inviato in data 21 giugno 2013 con raccomandata A.R. n. 14703174540-3 (pag. 3 dell’avviso di accertamento impugnato, all. A al ricorso introduttivo del primo grado di giudizio nel procedimento RGR 8115 CTP RAGIONE_SOCIALE)[,] nonché (ii) -sulle risultanze del PVC redatto da Funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 17 ottobre 2013 (pag. 3 dell’avviso di accertamento impugnato, all. A al ricorso introduttivo del primo grado di giudizio nel procedimento RGR 8/15 CTP RAGIONE_SOCIALE) relativo tuttavia alla diversa annualità 2010 […]. In sintesi, per trarre le conclusioni, [per] individuare i presupposti in fatto e diritto ed infine per adottare le motivazioni indicate ai fogli da 3 a 7 dell’atto
impositivo, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha dovuto attendere la chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica iniziate dai propri funzionari con l’accesso presso la sede del contribuente in data 5 settembre 2013 e conclusosi con la redazione del PVC del 7 ottobre 2013. Di tali circostanze la stessa RAGIONE_SOCIALE ha dato atto nel proprio avviso di accertamento e precisamente nella sua parte motiva’. ‘Incombeva sugli Uffici Finanziari l’onere di redigere un apposito e separato PVC per l’annualità 2009’. La sentenza impugnata, sul punto, è illegittima. ‘Anzitutto non è dato comprendere sulla base dell’analisi di quale documentazione il Giudice dell’appello abbia tratto detto convincimento posto che, dalla lettura RAGIONE_SOCIALE motivazioni dell’atto di accertamento non è possibile desumere in che modo le risposte al questionario del precedente 21 giugno 2013 fossero dotate di autosufficienza tale da garantire adeguata ed autonoma motivazione dell’accertamento a prescindere dai rilievi contestati nel PVC presentato da entrambi i Giudici dì merito (con scarsa suggestione) quale mero elemento rafforzativo. L’evidente impossibilità di tale distinguo riposa proprio nel tenore della motivazione dell’atto di accertamento impugnato che in nessuna sua parte isola le motivazioni ed evidenze basate sulle risposte al questionario per l’anno 2009 rispetto all’accertamento derivante dall’accesso e dalle ispezioni avviate e poi concluse con la redazione del PVC relativo alla sola annualità 2010 (ai fini di una più compiuta disamina si allega quale doc. 4 al presente ricorso l’atto di accertamento NUMERO_DOCUMENTO relativo all’anno d’imposta 2009 in cui a pag. 3 può trarsi evidenza RAGIONE_SOCIALE circostanze testé asserite). Con la conseguenza che […] l’espresso richiamo alle risultanze del PVC quale presupposto per la rettifica, in assenza di qualsiasi altro distinguo, rappresenta elemento fondante l’accertamento in parola e come tale destinatario della disposizione normativa contenuta nell’art. 24 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 […]’. ‘Non è stato redatto apposito PVC (in violazione
dell’art. 24 L. 4/1929) e pertanto è mancata la possibilità che, dal termine di notifica del PVC, potessero decorrere i sessanta giorni dì cui all’art. 12 L. 212/2000 per l’instaurarsi del contraddittorio preprocessuale o endoprocedimentale […]’.
4.2. Il motivo è inammissibile.
Incorre in difetto di autosufficienza, perché non riproduce la motivazione dell’avviso di accertamento relativo all’a.i. 2009, né le risposte al questionario del 21 giugno 2013, né, a voler essere precisi, il PVC che si assume, ma non si dimostra, redatto per il solo a.i. 2010.
Incorre in difetto di decisività, giacché non si confronta e ‘a fortiori’ non confuta, salvo generici asserti non minimamente radicati negli atti e documenti del procedimento amministrativo, con il preciso accertamento in fatto compiuto dalla CTR, come già prima dalla CTP, circa l’essere stata acquisita ‘la documentazione utilizzata per l’accertamento relativo al 2009’, non già ‘dai funzionari in sede di verifica[,] ma a seguito di risposta data dal rappresentante legale al questionario’.
Deduce una critica motivazionale a siffatto percorso logico della CTR -‘[…] non è dato comprendere sulla base dell’analisi di quale documentazione il Giudice dell’appello abbia tratto detto convincimento’, in riferimento al ‘PVC[,] presentato da entrambi i Giudici dì merito (con scarsa suggestione) quale mero elemento rafforzativo’ al di fuori del paradigma -oltretutto nella specie precluso dalla cd. doppia conforme di merito ex art. 348-ter cod. proc. civ. ‘ratione temporis’ vigente dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., che consente la censura della motivazione nel solo caso -pacificamente non ricorrente nella specie -essa si situi al di sotto del cd. minimo costituzionale (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Infine, sollecita a questa RAGIONE_SOCIALE, chiamata a riesaminare la (non riferita) motivazione dell’avviso, un nuovo, e per la contribuente
più favorevole giudizio di merito, in violazione di canoni e limiti del giudizio di legittimità quale momento di controllo della mera legalità della sentenza impugnata.
Quarto motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 148 d.p.r. 917/1986 (tuir) in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; violazione della corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE regole in materia di riparto dell’onere probatorio in relazione alle annualità 2009 e 2010′.
5.1. ‘I rilievi contenuti negli avvisi di accertamento relativi alle annualità 2009 e 2010 si fondano su una serie di circostanze non documentate ma poste poi alla base della decisione da parte dei Giudici di merito, senza che gli stessi abbiano in alcun modo indicato i motivi per i quali le supposte violazione debbano considerarsi tali da portare alla conseguenza fiscale più grave e cioè il disconoscimento della natura non commerciale dell’ente. In sintesi, ai fogli 4 e 5 di entrambi gli avvisi […], l’RAGIONE_SOCIALE deduce: a) che non c’è prova che le prestazioni di sponsorizzazione stano state realmente effettuate; b) che le fatture dì costo per prestazioni di servizio (catering, affitto vetture da competizione, taratura ed assetto, assistenza navigatore, ccc.) sono ‘ritenute non veritiere’; c) i compensi sportivi erogati per le suddette prestazioni sono in favore degli associati e per tale motivo l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe violato ‘il divieto statutario di erogare utili’; d) le prestazioni fornite da associati e/o da terze parti sarebbero ‘non meglio precisate’; e) l’RAGIONE_SOCIALE, per provvedere ad alcuni pagamenti avrebbe prelevato denaro contante per somme eccedenti € 516,46 alla volta; f) non ci sarebbe correlazione tra ‘luogo ove è stata presumibilmente svolta la pubblicità con il luogo di esercizio dell’attività RAGIONE_SOCIALE società sponsorizzate”. La contribuente contestava tali elementi nei ricorsi in primo grado, di cui segue riproduzione ‘in parte qua’, con richiamo alla documentazione prodotta (‘[L]a ricorrente produceva quale allegato ai ricorsi
introduttivi la seguente documentazione elencata all’ultima pagina di ognuno dei predetti atti: ‘4) iscrizione al registro del Coni; 5) atto costitutivo dell’Associazione; 6) documentazione relativa alla partecipazione ad eventi sportivi; 7) fatture RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni”). A seguito della sentenza sfavorevole della CTP, la contribuente proponeva appello, del pari riprodotto ‘in parte qua’. A fronte della sentenza sfavorevole della CTR, osserva il motivo che ‘la disposizione del comma 3 [dell’art. 148 tuir] si applica a condizione che l’RAGIONE_SOCIALE interessata si conformi alle clausole da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata recate dal comma 8 dello stesso art. 148. Detta circostanza risulta verificata dall’esame del materiale probatorio […]. Se vengono soddisfatti tali requisiti formali, la Legge 16.12.1991, n. 398[,] regola il regime fìscale di vantaggio di cui possono godere le RAGIONE_SOCIALE […]’. [Non contestata’ la ‘natura commerciale dell’attività di sponsorìzzazione svolta dal contribuente (e tuttavia connessa allo scopo istituzionale dell’RAGIONE_SOCIALE), qualora sia messa in discussione la deducibilità di alcuni costi – così come parrebbe desumersi nelle motivazioni degli atti di accertamento – la conseguenza che ne sarebbe dovuta derivare avrebbe imposto una rideterminazione della maggior base imponibile su cui comunque adeguare la tassazione forfettaria del 3% del reddito secondo la tassazione IRES vigente ‘ratione temporis’. Ciò che è invece impropriamente accaduto è tutt’altro […]’.
5.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
È inammissibile sia perché sconta la mancata riproduzione della motivazione degli avvisi di accertamento, oltreché dei pregressi atti e documenti del procedimento amministrativo, sia perché, viepiù dinanzi a sentenze della CTP e della CTR di egual segno, sollecita
una riedizione del giudizio di merito, non evidenziando in alcun modo in cosa consisterebbero le dedotte violazioni di legge.
È manifestamente infondato perché la CTR, dopo aver ampiamente richiamato, nello ‘svolgimento del processo’, l’approfondita motivazione della sentenza della CTP in ordine agli elementi di fatto comprovanti la natura commerciale, nel complesso, dell’attività svolta dalla contribuente, nel dimostrare, quanto al 2009, che il relativo accertamento deriva dalla documentazione prodotta in sede di questionario e non dal PVC relativo al 2010, evidenzia che proprio da tale documentazione ‘risulta che l’RAGIONE_SOCIALE erogava denaro ai soci, i compensi non coprivano spese di partecipazione ma venivano erogati a seguito di prestazioni non definite, le somme RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni erano prelevate in contanti in violazione del limite di 516,46 euro stabilito per le RAGIONE_SOCIALE‘: in definitiva, la CTR, corroborando ulteriormente il giudizio espresso dalla CTP, disconosce in capo alla contribuente il possesso in sé dei requisiti necessari a beneficiare del regime agevolato, venuto meno il quale, la contribuente non può che andar soggetta al regime ordinario per i soggetti che esercitano attività di natura commerciale.
Quinto motivo: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.; mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE allegazioni probatorie e degli scritti difensivi relativi all’errato disconoscimento dei benefici di cui alla l. 398/91 in relazione alle annualità 2009 e 2010′.
6.1. ‘Il Giudice dell’appello non ha tenuto conto nella propria decisione, né in modo implicito né in modo esplicito, RAGIONE_SOCIALE deduzioni offerte dal contribuente nei propri scritti difensivi e negli atti depositati. Dando qui per trascritte le questioni sollevate al motivo di ricorso che precede, si ritiene che le stesse abbiano rilevanza sotto il profilo della omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE allegazioni ed
argomentazioni difensive svolte dal contribuente in entrambi i gradì di giudizio […]’. ‘La fondatezza della presente doglianza è di immediato apprezzamento anche e solo sulla base della semplice valutazione della dimensione quantitativa degli atti: le questioni di merito affrontate dal contribuente inerenti la corretta qualificazione RAGIONE_SOCIALE erogazioni per compensi sportivi, l’irrilevanza del luogo di svolgimento dell’evento sportivo rispetto al territorio in cui hanno sede gli sponsor, la connessione oggettiva alle prestazioni di sponsorizzazione RAGIONE_SOCIALE spese di catering, di servizi di accomodation, di servizi dì noleggio autovetture, navigatore, di taratura ed assetto vetture e gomme, ecc. che hanno occupato intere pagine di memorie difensive, sono state liquidate dal Giudice di appello in tre righe di sentenza’.
6.2. Il motivo è inammissibile.
Deduce la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in costanza di preclusione ex art. 348-ter cod. proc. civ. ‘ratione temporis’ vigente e senza rappresentare alcun fatto storico decisivo per il giudizio di cui la CTR abbia omesso l’esame. Invero, ‘l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l”omesso esame’ come riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio’ ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censure irritualmente formulate’ (Sez. 6 -1, n. 2268 del 26/01/2022, Rv. 663758 -01).
7. Sesto motivo: ‘ Nullità della sentenza quanto al capo inerente il disconoscimento dei benefici di cui alla l. 398/91 ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; inesistenza di argomentazioni logicogiuridiche a sostegno della decisione assunta in relazione alle annualità 2009 e 2010’.
7.1. ‘Il Giudice dell’appello ha erroneamente riqualificato fatti di gestione e rapporti giuridici tra RAGIONE_SOCIALE e suoi associati (trasformando ad esempio l’erogazione di compensi sportivi a fronte di prestazioni occasionali in distribuzione di utili) e ha recepito in tal modo in maniera acritica le risultanze dell’accertamento senza offrire alcuna argomentazione idonea a sorreggere il percorso logico argomentativo alla base della decisione. Dando qui per trascritte le premesse in fatto e richiamati gli atti e gli allegati di cui al IV motivo di ricorso, si ritiene che gli stessi abbiano rilevanza anche sotto il profilo della autoreferenzialità della motivazione, della illogicità dell’iter argomentativo utilizzato dal Giudice in sede di redazione della sentenza, tale da rappresentare motivazione apparente circa il rilievo connesso all’integrale disconoscimento RAGIONE_SOCIALE agevolazioni fiscali dì cui alla L. 398/91 […]’.
7.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
È inammissibile per le stesse ragioni del quarto, che si richiamano.
È manifestamente infondato perché la motivazione della sentenza impugnata esiste ed e tutt’altro che illogica.
Come evidenziato nella trattazione del quarto, la CTR, dopo aver dedicato ampia parte dello ‘svolgimento del processo’ a riassumere le motivazioni spese dalla CTP a dimostrazione dell’effettiva natura commerciale dell’attività svolta dalla contribuente, aggiunge ulteriori considerazioni critiche evinte dalla documentazione dalla medesima prodotta in risposta al questionario relativamente al 2009.
Un tanto patentemente esclude alcuna omissione, ‘autoreferenzialità’ o ‘contraddittorietà’ della motivazione, denunciate nel motivo.
Al contrario, ad una semplice lettura, la sentenza impugnata esibisca una motivazione effettiva dal punto di vista grafico e viepiù congrua, lineare e solidamente argomentata dal punto di vista contenutistico, in tal guisa integrando pienamente il requisito del cd. minimo costituzionale, solo violato il quale, come già detto, rileva il denunciato vizio di omessa od apparente motivazione. Quel che il motivo mira a censurare non è un’assenza grafica o contenutistica della motivazione, ma sono piuttosto le argomentazioni che la CTR ha profuso per addivenire alla decisione. Nondimeno, la deduzione di un tale vizio non è più consentita, quand’anche si avesse a riqualificare la censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., comunque preclusa dalle due conformi sentenze di merito (Sez. U, n. 8053 del 2014).
8. In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese per la mancanza di attività processuale dell’RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 27 settembre 2024.