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Delega di firma: onere della prova sull’Agenzia

Una società impugna due avvisi di accertamento, contestando tra l’altro il difetto di delega di firma del funzionario sottoscrittore. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8505/2025, dichiara estinto il giudizio per il primo avviso grazie a una definizione agevolata. Per il secondo avviso, accoglie il ricorso, stabilendo che in caso di contestazione della delega di firma, spetta all’Amministrazione Finanziaria e non al contribuente fornire la prova della sua esistenza. La sentenza impugnata viene cassata con rinvio.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Delega di Firma: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico del Fisco

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nel contenzioso tributario: la validità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento e, in particolare, la questione della delega di firma. La decisione chiarisce in modo definitivo su chi ricada l’onere di provare l’esistenza e la validità della delega quando questa viene contestata dal contribuente. L’ordinanza n. 8505/2025 della V Sezione Civile rappresenta un importante punto di riferimento per la difesa dei diritti del contribuente.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata si vedeva notificare due avvisi di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria, relativi agli anni d’imposta 2011 e 2012. L’Agenzia contestava un maggior reddito derivante da ricavi non contabilizzati, da servizi di outsourcing verso una società collegata e da contratti di sub-locazione, oltre all’indebita deduzione di alcuni costi.

La società impugnava entrambi gli atti impositivi, sollevando diverse eccezioni. Tra queste, spiccava un vizio di forma ritenuto dirimente: il difetto di sottoscrizione dell’atto, in quanto il funzionario firmatario non avrebbe avuto la necessaria delega di firma da parte del capo dell’ufficio. I ricorsi, riuniti, venivano rigettati sia in primo che in secondo grado. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, riteneva che fosse onere del contribuente fornire la prova negativa dell’irregolarità della delega. Di qui, il ricorso per Cassazione da parte della società.

La questione della delega di firma e la decisione della Corte

Il cuore della controversia portata all’attenzione della Suprema Corte riguarda la ripartizione dell’onere della prova in materia di sottoscrizione degli atti impositivi. L’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973 stabilisce che gli avvisi di accertamento devono essere sottoscritti dal capo dell’ufficio o da un altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. La mancanza di tale sottoscrizione comporta la nullità dell’atto.

La Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito, ha dichiarato estinto il giudizio relativo all’accertamento per l’anno 2011. Questo perché la società consolidante, facente parte dello stesso gruppo fiscale, aveva nel frattempo definito la controversia tramite una procedura di definizione agevolata, i cui effetti si estendono anche alle altre società del gruppo.

Per l’anno 2012, invece, la Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo al vizio di sottoscrizione. Ribaltando la decisione del giudice d’appello, ha affermato un principio consolidato: quando il contribuente contesta specificamente la legittimazione del firmatario dell’avviso di accertamento, è l’Amministrazione Finanziaria a dover dimostrare la sussistenza di una valida delega di firma.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la propria giurisprudenza consolidata. I giudici hanno chiarito che l’onere della prova non può essere invertito. È irragionevole e contrario al principio di vicinanza alla prova pretendere che il contribuente dimostri un fatto negativo, ossia l’assenza di una delega che è un atto interno all’amministrazione.

L’Amministrazione Finanziaria, essendo in possesso del documento, ha il dovere di produrlo in giudizio per dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore. La semplice menzione degli estremi della delega sull’avviso di accertamento non è sufficiente a superare la contestazione del contribuente. Il giudice di secondo grado aveva errato nel ritenere che la menzione della delega fosse di per sé prova sufficiente e che spettasse al contribuente provare il contrario. Per questo motivo, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, la quale dovrà riesaminare la questione attenendosi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un importante baluardo a tutela del contribuente. L’onere di provare la legittimità formale dell’atto impositivo, inclusa la validità della sottoscrizione, spetta interamente all’ente impositore. I contribuenti che ricevono un avviso di accertamento hanno il diritto di verificarne la regolarità formale e, in caso di dubbi sulla legittimità del firmatario, possono contestarla in giudizio. In tale evenienza, sarà l’Agenzia delle Entrate a dover esibire la delega di firma, pena la nullità dell’atto. La decisione sottolinea come il rispetto delle regole procedurali non sia una mera formalità, ma un elemento essenziale per la validità degli atti che incidono sulla sfera patrimoniale dei cittadini.

Chi deve provare l’esistenza della delega di firma se un contribuente la contesta in un avviso di accertamento?
In caso di contestazione da parte del contribuente, l’onere di dimostrare l’esistenza e la validità della delega di firma del funzionario che ha sottoscritto l’avviso di accertamento spetta all’Amministrazione Finanziaria.

Cosa succede a un avviso di accertamento firmato da un funzionario senza una valida delega di firma?
Secondo l’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973, un avviso di accertamento non sottoscritto dal capo dell’ufficio o da un altro funzionario da lui validamente delegato è nullo.

La definizione agevolata di una controversia da parte di una società consolidante ha effetti anche sulle altre società del gruppo?
Sì, la Corte ha confermato che la definizione agevolata della controversia perfezionata da un coobbligato solidale, come nel caso di società appartenenti a un consolidato fiscale, produce effetti favorevoli anche per gli altri coobbligati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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