Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8009 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8009 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
Avviso di accertamento -sottoscrizione -delega di firma
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19572/2021 R.G. proposto da:
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, n. 225/2021, depositata il 13 gennaio 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. TF70E0101924/2017 l’Agenzia delle entrate contestava alla RAGIONE_SOCIALE unipersonale, nella qualità di consolidata, ed alla San Marco Venezia s.r.lRAGIONE_SOCIALE nella qualità di consolidante, per l’anno 2013, una maggiore Irap. L’ atto impositivo conseguiva ad un processo verbale di constatazione del 29 settembre 2015 con il quale l’Ufficio aveva accertato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE la mancata contabilizzazione di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi resi in outsourcing in favore della RAGIONE_SOCIALE società collegata . In particolare, l’ufficio rilevava che, a fronte di un corrispettivo pattuito con scrittura privata, di euro 250.000, erano stati dichiarati ricavi per la minor somma di euro 64.651,60 senza che fosse stata data prova della risoluzione anticipata del contratto, atteso che la lettera esibita per dimostrare il recesso era priva di data certa.
L’atto impositivo veniva impugnato dalla RAGIONE_SOCIALE La C.t.p. rigettava il ricorso con sentenza riformata in appello.
Avverso la sentenza della C.t.r. , di cui all’epigrafe, ricorre l’Agenzia delle Entrate , mentre la società non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. 29 s e ttembre 1973, n. 600 e dell’art. 4 -bis d.l. 19 giugno 2015 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di sottos crizione e, in particolare, laddove ha affermato quanto segue: « l’ Agenzia appellata non ha dimostrato il corretto esercizio del potere di firma e la presenza di una eventuale delega, nonostante la prova dell’esistenza di tale
provvedimento di delega è stato richiesto, già dal primo grado del giudizio, dalla società appellante. Allorquando il ricorrente ne fa esplicita richiesta la delega conferita al funzionario firmatario dell’avviso tributario deve essere esibita dall’Ufficio affinché la Commissione valuti la legittimità e l’efficacia dell’atto di esercizio del potere di delega del funzionario».
Assume che «tale impostazione» si fonda sull’ indebita confusione tra delega di funzioni e di firma e sul presupposto che anche a quest’ultima sia applicabile la specifica normativa prevista per la prima dall’art. 4 -bis d.l. n. 78 del 2015. Osserva che anche l’eventuale invalidità dell’incarico dirigenziale conferito a un funzionario non travolge la validità della delega di firma conferita al medesimo, essendo sufficiente che questi appartenga alla carriera direttiva e che, ai fini della validità dell’atto , rileva solo la riferibilità dello stesso all’U fficio, ossia l’organo titolare del potere nel cui esercizio è stato adottato , e non al sottoscrittore. Aggiunge che, dal disposto di cui all’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, si desume che la nullità dell’avviso d i accertamento si ha solo nei casi espressamente contemplati, tra i quali non vi è l’irregolarità della sottoscrizione; che la disposizione non prevede che la delega debba contenere il nominativo del delegato e debba essere circoscritta ad un periodo det erminato; che l’obbligo di allegazione è previsto solo per i documenti richiamati nella motivazione dell’atto impositivo . Per l’effetto, conclude affermando che l’indicazione in calce all’avviso di accertamento degli estremi della delega conferita dal direttore provinciale al capo area, impiegato della carriera direttiva, è sufficiente a provare la provenienza dell’atto dall’ Ufficio e da soggetto legittimato alla sua emanazione.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione e falsa applicazione dell’art . 12 legge 27 luglio 2000 n. 212.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato il provvedimento amministrativo per mancata instaurazione del contraddittorio endo-procedimentale in ragione del mancato invio di un preventivo invito a comparire. Osserva che non vi era alcun obbligo di invio delle menzionato invito, potendosi procedere direttamente e legittimamente all’emissione dell’avviso di accertamento. Evidenzia che, non vertendosi in tema di tributi armonizzati, il rispetto dell’obbligo di contraddittorio risultava garant ito dalla consegna del processo verbale di constatazione e dal conseguente termine di sessanta giorni per presentare osservazioni. Aggiunge che la C.t.r. non aveva tenuto conto che la parte che deduca l’illegittimità del provvedimento impositivo per violazione del contraddittorio è tenuta a superare la cosiddetta prova di resistenza.
Con il terzo motivo (indicato come sesto motivo in ricorso), denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. falsa applicazion e dell’art. 119 t.u.i.r. e degli artt. 2697 e 2704 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto l’illegittimità nel merito del provvedimento impositivo impugnato e, in particolare, nella parte in cui ha ritenuto che la società avesse provato l’intervenuta risoluzione del contratto di outsourcing in virtù di una lettera datata 31 dicembre 2013 e ciò sebbene quest ‘ultima oltre ad essere stata esibita dopo l’inizio della verifica e a seguito di espressa richiesta dei verificatori -osse inopponibile all’A mministrazione, soggetto terzo al rapporto, in quanto priva di data certa.
Il primo motivo, per come proposto, in parte non coglie la reale ratio decidendi della sentenza impugnata e in parte è infondato.
4.1. La C.t.r ha affermato espressamente che l’A genzia non aveva dimostrato il corretto esercizio del potere di firma, sebbene la presenza di un’eventuale delega fosse stata richiesta dalla controparte già dal
primo grado di giudizio. Ha aggiunto che, allorquando il ricorrente ne faccia esplicita richiesta, la delega conferita al funzionario firmatario dell’atto deve essere esibita dall’Ufficio, affinché la C ommissione possa valutarne la legittimità e l’efficacia. Per l’effetto ha ritenuto fondato il motivo di appello.
E’ evidente, pertanto , che la C.t.r. ha ritenuto necessario, al fine di provare il corretto esercizio del potere di firma da parte di colui che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento , la produzione in giudizio della delega ed ha accolto il ricorso del contribuente rilevando che quest’ultima non era stata esibita .
4.2. Sebbene lo snodo essenziale della pronuncia della C.t.r. fosse la mancata produzione della delega di firma, la ricorrente sul punto non ha mosso alcuna specifica censura.
4.3. La decisione della C.t.r., per altro, è conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte per la quale l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, incombe all’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, mentre la distribuzione dell’onere della prova non può subire eccezioni (Cass.17/7/2019, n. 19190)
La Corte, pur modificando il proprio orientamento in tema di delega di firma (non delega di funzioni), ai sensi dell’art. 42 cit., ritenendo irrilevante la mancata indicazione del nominativo del soggetto delegato e l’indicazione del termine di validità (essendo sufficiente l’indicazione della qualifica rivestita) (Cass., 29/03/2019, n. 8814; Cass., 19/04/2019, n. 11013), ha però ribadito che, in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di
legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sull’ Amministrazione l’onere di fornire la prova della sussistenza di tali requisiti. L’Amministrazione finanziaria è tenuta, quindi, con onere della prova a suo carico (anche per il principio di vicinanza alla prova), a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale (Cass. n. 19190 del 2019 cit.).
Gli ulteriori motivi sono inammissibili.
5 .1. La C.t.r. ha accolto l’appello del contribuente spendendo tre autonome rationes decidendi . In primo luogo ha ritenuto che l’avviso di accertamento fosse invalido mancando la prova della delega di firma in capo al sottoscrittore; poi ha ritenuto che fosse invalido anche per violazione del contraddittorio endo-procedimentale; infine si è pronunciato nel merito della ripresa a tassazione dell’Iva.
5.2. Poiché le censure avverso la prima ratio sono risultate infondate, nei termini di cui sopra, gli ulteriori motivi di ricorso, che attingono le altre due ragioni di decisione, sono inammissibili; infatti, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (tra le più recenti, Cass. 14/08/2020, n. 17182).
6 Il ricorso deve essere, pertanto, complessivamente rigettato. Non deve provvedersi sulle spese, stante la mancanza di attività difensiva dell’intimata.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.