Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7717 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7717 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
Nullità accertamenti Delega di firma -Violazione contraddittorio preventivo -Difetto motivazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24696/2017 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione del nuovo difensore, p.e.c. EMAIL;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato;
-resistente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 2960/1/17, depositata in data 03/04/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con unico ricorso NOME COGNOME impugnava distinti avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2009 e 2010, relativi a Irpef e Irap nonché a Iva, e fondati su un p.v.c. della Guardia di Finanza del 16 ottobre 2013 emesso a seguito di indagini bancarie.
L’adita C .T.P. di Napoli, in parziale accoglimento del ricorso, rideterminava il reddito accertato per ciascun anno di imposta.
Avverso tale sentenza il contribuente proponeva appello davanti alla Commissione tributaria regionale di Napoli (C.T.R.) che rigettava il gravame; riteneva insussistente un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per l’ Amministrazione finanziaria ed evidenziava che la parte non aveva formulato alcuna difesa nel merito; statuiva, inoltre, che la delega di firma relativa agli avvisi di accertamento non ne inficiasse la legittimità, alla luce della delega e della disposizione di servizio in atti; sottolineava inoltre che, in virtù del principio della riferibilità dell’atto all’autorità che l o ha emanato, la delega conferisce al soggetto titolare dell’ufficio delegato il potere di sottoscrivere atti che restano comunque riconducibili a ll’autorità delegante, salvo un eventuale disconoscimento da parte di quest’ultimo ; confermava la piena legittimità dell’operato della Guardia di Finanza e rilevava che la presunta assenza di gravi indizi di violazione di norme fiscali -necessaria a tutela del contribuente -è richiesta solo in caso di accesso in locali diversi da quelli in concreto ispezionati, di talché nel caso di specie nessuna violazione avrebbe potuto essere riscontrata; riteneva infine insussistente il vizio di motivazione in quanto la motivazione per relationem al p.v.c. della Guardia di finanza era legittima ove la parte ne fosse a conoscenza, rappresentando una mera economia di scrittura.
Contro la decisione della C.T.R. NOME COGNOME propone ricorso affidato a cinque motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione dell’art. 42, primo comma , d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. ; censura la sentenza ribadendo l’illegittimità degli accertamenti per essere stati sottoscritti da soggetto privo di idonea delega da parte del Direttore dell’Ufficio , in quanto la delega era mancante dell ‘i ndicazione del nominativo del soggetto delegato, delle ragioni e della durata di essa.
1.1. Il motivo non è fondato.
La quaestio iuris posta dal motivo è stata ripetutamente risolta in senso favorevole alla tesi erariale, condivisa dalla C.T.R. impugnata, per cui nell’avviso di accertamento di cui all’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che dispone che «Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato», la delega è delega di firma e non di funzioni e quindi non richiede indicazione espressa della durata né delle ragioni, poiché con essa il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante, trovando titolo il suo agire nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (art. 11, comma 1, lett. c e 4, Statuto Agenzia delle entrate, approvato con delibera n. 6 del 2000; art. 14, comma 2, reg. amm. n. 4/2000) (cfr. Cass. n. 28850/2019; Cass. n. 11013/2019; Cass. n. 8814/2019, superando
l’originaria impostazione di Cass. n. 22803/2015; ancora Cass. n. 23433/2019; Cass. n. 18675/2020; Cass. n. 28393/2021).
Questa Corte, infatti, in tali decisioni rese su fattispecie analoghe, ha evidenziato che, in primo luogo, non è richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, né la sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e di legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire anche attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega e che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato.
Pertanto, non è applicabile la disciplina dettata per la delega di funzioni, e cioè l’art. 17, comma 1bis , del d.lgs. n. 165 del 2001 laddove prescrive che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze ad essi riservate, a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidate.
Di conseguenza, esclusa l’applicabilità della disciplina in tema di delega di funzioni, non è necessaria alcuna indicazione nè del termine di validità (esplicitamente in tal senso Cass. n. 8814/2019; Cass. n. 21972/2024) né della motivazione della delega di firma (esplicitamente in tal senso cfr. Cass. n. 8814/2019; Cass. n. 15122/2024).
2. Con il secondo motivo il contribuente lamenta la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e censura la sentenza per l’omess a valutazione, da parte dei giudici del gravame, della prova prodotta in giudizio dall’Agenzia relativa alla delega di firma , inidonea in quanto incompleta a dare prova del corretto esercizio del potere sostitutivo, mancando gli allegati b), c) e d).
2.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
In primo luogo, infatti, la sentenza della CTR non evidenzia che fosse oggetto di contestazione (ed in particolare dei motivi di appello) la completezza della documentazione depositata dall’ufficio (in base alla quale anzi essa accertava la conformità al prospetto delle deleghe di firma) né tale contestazione risulta indicata nella pur ampia trascrizione del motivo di appello, tutto rivolto a contestare la validità della delega impersonale o in bianco.
In secondo luogo, il motivo non tiene conto della ulteriore argomentazione utilizzata dalla CTR, secondo la quale la sottoscrizione dell’atto anche da parte d i funzionario privo di qualifica dirigenziale non comporti la invalidità ove sia certa la riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, argomentazione rimasta del tutto priva di censura.
Infine, il motivo non evidenzia le ragioni per le quali l’allegato a) non sarebbe idoneo a indicare la posizione funzionale idonea alla sottoscrizione dell’avviso nel caso concreto, e per quali motivi la CTR avrebbe errato sul punto.
Con il terzo motivo la parte privata deduce la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., invocando la riforma della decisione di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto legittima l’acritica trasposizione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle conclusioni del p .v.c. della Guardia di Finanza.
3.1. Il motivo è infondato.
Ed infatti secondo questa Corte la motivazione per relationem con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio
stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. n. 18160/2022; Cass. n. 6524/2020; Cass. n. 32957/2018; Cass. n. 30560/2017; né depone in senso inverso la invocata Cass. n. 127094/2016, ove il motivo erariale è stato ritenuto inammissibile per mancato confronto con la reale ratio decidendi ).
Con il quarto motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., si deduce la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. per travisamento della prova, non avendo rilevato la C.T.R. che le rettifiche erano relative anche a tributi armonizzati e quindi dovevano essere supportate dal contraddittorio preventivo, sulla cui instaurazione sussiste in tal caso un obbligo in capo all’Amministrazione finanziaria.
4.1. Il motivo è inammissibile ed infondato.
Nulla della motivazione della CTR lascia intendere che essa abbia travisato l’oggetto dell’accertamento escludendo che la ripresa fosse anche in tema di IVA (imposta citata sia nella intestazione che nello svolgimento del processo).
Inoltre, la CTR ha dato esatta applicazione ai principi posti da Cass. Sez. U., n. 24823/2015, da essa richiamata espressamente, e costantemente ribaditi da questa Corte, per cui:
in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto esclusivamente per i tributi «armonizzati», mentre, per quelli «non armonizzati», non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito;
b) in tema di tributi armonizzati, però, la violazione del diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di provvedimento lesivo, determina l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento «avrebbe potuto comportare un risultato diverso» (cfr.: Corte giust. 3/07/2014, in causa C-129 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE, punti 78 – 82 e la precedente giurisprudenza ivi richiamata); affinché il difetto al contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente quindi che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto;
c) tutte le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, l. 212/2000, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente ma non nei casi di accertamenti cd. a tavolino.
Tale stabile assetto giurisprudenziale (vedi infatti tra le tante Cass. n. 11563/2016; Cass, n. 11560/2018; Cass. n. 6219/2018; Cass. n. 27421/2018; Cass. n. 20436/2021) è stato confermato da Corte Cost. n. 47 del 2023, che ha rimesso al legislatore l’adeguamento della normativa così pacificamente interpretata; da qui la Corte ha tratto la
conclusione della declaratoria di inammissibilità della questione in quanto il superamento dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale esige un intervento di sistema del legislatore; intervento che garantisca l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria ; ed infatti il legislatore è intervenuto con l’art. 1, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 219 del 2023 inserendo l’art. 6 -bis della l. n. 212 del 2000, ma con espressa previsione dell’efficacia a decorrere dal 18/01/2024.
Ebbene, la CTR ha evidenziato la non necessità del contraddittorio in generale ed espressamente precisato, il che vale per la cd. prova di resistenza, che «la instaurazione del contraddittorio preventivo può determinare la nullità del provvedimento conclusivo solo se, altrimenti, il provvedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso, prospettato dal contribuente, circostanza non verificatasi nel caso in esame dal momento che il contribuente nulla ha eccepito nel merito degli avvisi di accertamento opposti»; né il ricorrente evidenzia nel proprio motivo alcuna allegazione in tale senso, rivelandosi quindi sul punto la censura inammissibile poiché non si confronta con le ragioni della decisione.
La Corte non ignora che con ordinanza interlocutoria 22/03/2024, n. 7829 è stata rimessa alle Sezioni Unite (in ragione non dell’esistenza di un contrasto ma della natura di massima importanza della questione) la questione del contenuto dell’onere probator io gravante sul contribuente in merito alla cd. prova di resistenza, se cioè esso abbia ad oggetto la non pretestuosità delle ragioni spese o anche della probabile fondatezza delle medesime; ma il contenuto del motivo e l’assenza di indicazione di alcuna a llegazione relativa alla cd. prova di resistenza rendono irrilevante, nel caso di specie, la questione della intensità della stessa.
Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione de ll’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.; il contribuente evidenzia come la statuizione sulla rinuncia alla richiesta di annullamento delle sanzioni non costituisce autonoma ratio decidendi, non impedendo di conseguenza l’annullamento dell’atto nella sua interezza, inclusa la sanzione.
5.1. Il motivo censura la statuizione preliminare della CTR con la quale quest’ultima ha evidenziato che l’appellante non aveva riproposto specifiche doglianze in merito alle sanzioni; in questa sede il ricorrente deduce che ciò non impediva comunque l’annullamento delle stesse in conseguenza dell’accoglimento dei motivi sul merito dell’accertamento.
Alla luce di quanto deciso in merito a tali motivi, appare evidente la carenza di interesse in relazione a tale ultimo motivo.
Concludendo, il ricorso deve essere respinto. Non vi è condanna al pagamento delle spese di lite in ragione del mancato svolgimento di effettiva attività difensiva dell’Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 21/02/2025.