Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34516 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 34516 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23551/2016 R.G. proposto da
NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocata NOME
NOME, dalla quale è rappresentata e difesa
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore -intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 2417/16 depositata il 10 marzo 2016
udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 13 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale II di Napoli dell’Agenzia delle Entrate
notificava alla notaia NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale, sul presupposto dell’omessa fatturazione di prestazioni professionali svolte dalla contribuente nell’anno 2009, determinava il reddito di lavoro autonomo, il valore della produzione netta e il volume d’affari da riprendere a tassazione ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA, irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
La COGNOME impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale, con sentenza n. 2417/16 del 10 marzo 2016, respingeva l’appello della contribuente.
A sostegno della pronuncia resa, per quanto qui ancora interessa, il collegio regionale osservava che: quand’anche fosse risultata fondata l’eccepita violazione del termine legale di permanenza dei militari della Guardia di Finanza presso la sede della contribuente, ciò non avrebbe comunque determinato l’inutilizzabilità degli elementi probatori acquisiti e la conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio; tanto più che, nel caso concreto, il superamento del detto termine trovava giustificazione nel fatto che il controllo eseguito risultava funzionale anche all’espletamento di indagini penali avviate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola; – la mancata presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2009 non poteva ritenersi validamente giustificata dal fatto che la COGNOME si fosse premurata di sporgere denuncia contro i professionisti ai quali aveva affidato il relativo còmpito, rimasto colpevolmente inadempiuto, permanendo in capo alla contribuente l’onere di vigilare sul regolare assolvimento del mandato conferito e, a monte, di effettuare una scelta oculata della persona da incaricare dell’incombente; -l’atto impositivo impugnato era stato legittimamente sottoscritto dal capo
dell’Ufficio Controlli NOME COGNOME in virtù di apposita delega di firma contenuta nella disposizione di servizio n. 17/2012 del 16 aprile 2012 emanata dal Direttore Provinciale dell’Agenzia delle Entrate, con allegata tabella indicante i nominativi dei singoli soggetti delegati.
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
La causa è stata chiamata per la discussione all’odierna pubblica udienza.
Nel termine di cui all’art. 378, comma 1, c.p.c. il Pubblico Ministero ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Tutti e quattro motivi di ricorso sono stati formulati ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c..
1.1 Con il primo è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.2 Si rimprovera alla CTR di aver omesso di verificare l’appartenenza alla carriera direttiva tanto del capo dell’Ufficio quanto dell’impiegato da questi delegato alla firma dell’avviso di accertamento per cui è causa.
Con il secondo motivo è nuovamente lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si sostiene che l’avviso di accertamento non potesse ritenersi validamente sottoscritto dal funzionario NOME COGNOME capo dell’Ufficio Controlli, in quanto il suo nominativo non figurava nell’ordine di servizio n. 17/2012 emanato dal Direttore Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Napoli 2 -con il quale i delegati alla firma erano stati individuati «per relationem» attraverso il richiamo alle cariche da loro rivestite-, ma compariva solamente nella tabella ad esso allegata.
2.2 Viene, inoltre, dedotto che la delega di firma risultava affetta
da nullità perché priva dell’indicazione di un termine di validità e di una motivazione idonea a far comprendere le ragioni del suo conferimento; per giunta, essa recava la data del 26 settembre 2013, sicchè non poteva essere utilizzata per la sottoscrizione di un atto notificato in precedenza, come quello di cui si discute.
Con il terzo mezzo sono prospettate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, della L. n. 212 del 2000.
3.1 Viene censurata la decisione assunta dalla CTR per aver erroneamente negato che il superamento del periodo di legittima permanenza dei militari della Guardia di Finanza presso la sede della contribuente, pari a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, determini l’inutilizzabilità degli elementi probatori acquisiti e la conseguente nullità dell’avviso di accertamento adottato sulla base degli stessi.
Con il quarto motivo sono contestate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
4.1 Si contesta alla CTR di non aver reputato sufficiente, ai fini dell’operatività dell’esimente contemplata dalla norma anzidetta, la proposizione di una denuncia penale nei confronti del professionista responsabile dell’omessa della presentazione della dichiarazione IVA.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro intima connessione.
5.1 Va anzitutto notato che appaiono inammissibili per la loro novità i profili di censura volti a denunciare: (a)il difetto di prova dell’appartenenza alla carriera direttiva tanto del Direttore Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Napoli 2, quanto del capo dell’Ufficio Controlli dallo stesso delegato alla firma dell’atto impositivo; (b)l’illegittimità della delega in parola per omessa indicazione del termine di validità della stessa e delle ragioni che ne avevano giustificato il conferimento.
5.2 Invero, dalla lettura del ricorso non è dato ricavare se, come e quando le cennate questioni -di cui non v’è traccia nella motivazione della qui impugnata sentenza- siano state sottoposte al vaglio della CTP nel giudizio di primo grado.
5.3 A pag. 7, righi 10-20, viene riportato soltanto un breve stralcio dell’atto di appello (pagg. 24 -25), dal quale emerge che la contestazione mossa dalla COGNOME atteneva unicamente al possesso della qualifica direttiva da parte del soggetto delegato, non anche di quello delegante ( ; ).
5.4 Non risulta, tuttavia, dimostrato, mediante le allegazioni necessarie ai fini dell’osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che tale contestazione fosse già stata sollevata nel libello introduttivo del giudizio di primo grado come motivo specifico di impugnazione dell’avviso di accertamento.
5.5 Analogo discorso va fatto per la questione di cui alla lettera (b) del sottoparagrafo 5.1, non evincendosi dal ricorso se, come e quando essa sia stata prospettata nei pregressi gradi di merito; precisazione necessaria per evitare di incorrere in una dichiarazione di inammissibilità per novità della censura (cfr., ex ceteris , Cass. n. 34422/2023, Cass. n. 17658/2022, Cass. n. 11066/2022).
5.6 Fermo quanto precede, la COGNOME non ha comunque indicato dove sia reperibile l’ordine di servizio di cui trattasi, né ha provveduto a trascriverlo o quantomeno a riprodurne il contenuto, onde consentire alla Corte di verificare dalla sola lettura del ricorso -senza bisogno di accedere a fonti ad esso esternese
effettivamente l’atto richiamato fosse privo di elementi dai quali poter evincere che il funzionario delegato alla firma appartenesse alla carriera direttiva, cioè all’area terza funzionale dell’attuale sistema classificatorio del personale delle agenzie fiscali (sull’argomento si vedano Cass. n. 10587/2024, Cass. n. 10561/2022, Cass. n. 8351/2022, Cass. n. 34940/2021).
5.7 Per il resto, le lagnanze in esame sono infondate.
5.8 La CTR campana ha acclarato che l’Ufficio aveva prodotto in atti «la disposizione di servizio n. 17/2012 del 16.4.2012, con cui (era) no state conferite le deleghe alla firma» , precisando che «alla sopraindicata disposizione e (ra) stata regolarmente allegata non solo la tabella relativa ai limiti di delega (all’) ufficio controlli, ma anche quella in cui c’e(ra) l’esplicita indicazione dei soggetti delegati, tra cui il Capo Ufficio Controlli COGNOME … firmatario dell’impugnato atto impositivo» .
5.9 Alla luce di tale accertamento in fatto, insindacabile in questa sede, deve in primo luogo escludersi che alla data di notificazione dell’avviso di accertamento, quale indicata dalla stessa ricorrente (20 luglio 2012), l’ordine di servizio contenente la delega di firma non fosse stato ancòra emanato.
5.10 Occorre, poi, tener presente che, per giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma -e non di funzioni-, poiché realizza un mero decentramento burocratico privo di rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante (cfr. Cass. n. 21839/2024, Cass. n. 34775/2023, Cass. n. 9625/2021).
5.11 È stato, inoltre, precisato che, nell’àmbito dell’organizzazione interna dell’Ufficio, l’attuazione di detta delega può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione
nominativa dell’impiegato delegato, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica da questi rivestita, la quale consente la verifica «ex post» della corrispondenza fra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (cfr. Cass. n. 2221/2021, Cass. 18675/2020, Cass. n. 19190/2019, Cass. n. 11013/2019).
5.12 Deve, pertanto, ritenersi legittima la disposizione di servizio corredata delle tabelle contenente l’identificazione della tipologia dell’atto impositivo e l’indicazione dei funzionari delegati con le rispettive qualifiche (cfr. Cass. n. 111/2024).
Il terzo motivo è infondato.
6.1 Per costante giurisprudenza di legittimità, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione Finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna norma lo dichiara perentorio o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né tale nullità può ricavarsi dalla «ratio» delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla prolungata presenza degli agenti verificatori (cfr., ex permultis , Cass. n. 15003/2023, Cass. n. 17983/2022, Cass. n. 28696/2019, Cass. n. 18390/2018, Cass. n. 30560/2017).
6.2 Ai suenunciati princìpi di diritto si è rettamente conformata la Commissione regionale, sicchè deve escludersi la configurabilità del dedotto vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, dello statuto del contribuente.
Il quarto mezzo è anch’esso infondato.
7.1 Ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997, «il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi».
7.2 Per giurisprudenza di questa Corte, in caso di mancato
pagamento delle imposte conseguente alla condotta del professionista infedele, non si sottrae a responsabilità il contribuente che non fornisca prova dell’attività di vigilanza e controllo in concreto esercitata sull’operato del professionista, nonchè del comportamento fraudolento dallo stesso tenuto al fine di mascherare il proprio inadempimento all’incarico, estrinsecatosi nella falsificazione dei modelli F24 o delle ricevute di trasmissione delle dichiarazioni telematiche o in altri espedienti ingannevoli di difficile riconoscibilità da parte del mandante (cfr. Cass. n. 21742/2024, Cass. n. 40922/2021, Cass. n. 30729/2021, Cass. n. 16291/2021, Cass. n. 19422/2018).
7.3 Al riferito insegnamento giurisprudenziale si è attenuta la CTR, la quale ha escluso che al caso in esame sia applicabile l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997 sulla scorta delle seguenti argomentazioni:
la COGNOME «non può invocare a sostegno della propria buona fede il fatto di aver attribuito a dei professionisti il còmpito di presentare le dichiarazioni fiscali, còmpito di fatto non correttamente adempiuto» ; e ciò in quanto «l’affidamento delle incombenze fiscali a terzi non esonera il contribuente dall’onere di vigilare e controllare sul regolare assolvimento dell’incarico, né tanto meno, a monte, di operare una scelta oculata nell’individuazione del professionista, tenuto conto anche del proprio volume di affari» ;
-«il mero fatto di aver sporto denuncia contro i predetti professionisti, in assenza di più concreti ed univoci elementi probatori di riscontro, non consente di attribuire in via esclusiva a questi ultimi la responsabilità per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi» .
7.4 Di qui l’inesistenza del preteso «error in iudicando» .
Per le ragioni esposte, sulle conformi conclusioni del Pubblico Ministero, il ricorso deve essere respinto.
Nulla va statuito in ordine alle spese processuali, essendo
l’Agenzia delle Entrate rimasta intimata.
10. Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione