Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22304 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22304 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2024
Oggetto: CASSAZIONE CON RINVIO GIUDIZIO RESCISSORIO – EFFETTI DEL PROVVEDIMENTO EMESSO NELLA FASE CD. RESCINDENTE.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12024/2022 R.G. proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di rappresentanti dello RAGIONE_SOCIALE -ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE TRA GLI AVVOCATI NOME COGNOME, NOME COGNOME E NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO COGNOME (EMAIL);
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 7589/22/21, depositata in data 26/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE professionale denominata «AVV_NOTAIO
–RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME» (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) con atto notificato in data 18/12/2014 aveva proposto ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO del 20/11/2014, con il quale era stato intimato il pagamento in solido della somma di Euro 1.400,00 per maggior IRAP del 2011 ed Euro 5.993 per maggior IVA 2011, oltre sanzioni e interessi.
1.1. Anche l’AVV_NOTAIO aveva proposto autonomo ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO del 27/11/2014, con il quale gli era stato attributo, in base al cd. principio di trasparenza, un maggior reddito di partecipazione allo AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE concernente l’anno d’imposta 2011 per Euro 1.037,00 a titolo di maggior IRPEF, Euro 303,00 per maggior addizionale regionale ed Euro 75,00 per maggior addizionale comunale, oltre sanzioni e interessi.
1.2. Entrambi i ricorsi furono riuniti e definiti con la sentenza n. 826/2017 depositata in data 18/01/2017 dalla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, che li rigettò entrambi.
Tale sentenza fu impugnata davanti alla Commissione tributaria regionale di RAGIONE_SOCIALE che, con sentenza n. 3093/13/18 depositata in data 04/04/2018, rigettò l’appello proposto dall’odierna parte ricorrente.
La ricorrente ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR della Campania, proponendo quali motivi di ricorso
la violazione dell’art. 42 d.P.R. 29/09/1973 n. 600 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. ) e l’omessa motivazione in merito alle ragioni per le quali era stata ritenuta sufficiente la delega prodotta in giudizio, cioè l’ordine di servizio n. 26/2014 (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.).
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 3014/2020 pubblicata in data 07/02/2020, ha ritenuto fondati entrambi i motivi di ricorso e ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla CTR della Campania, in diversa composizione.
4.1. In particolare, nell’ordinanza 07/07/2020, n. 3014 questa Corte ha precisato che: « Deve rilevarsi che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento non è una delega di funzioni, da attribuire solo ad un dirigente, ma solo una delega di firma (Cass., 8814/2019). In caso di delega di “firma” l’atto firmato dal delegato, pur essendo certamente frutto dell’attività decisionale di quest’ultimo, resta formalmente imputato all’organo delegante, senza nessuna alterazione dell’ordine RAGIONE_SOCIALE competenze (Cass., 6113/2005).
Con una recente pronuncia questa Corte (Cass., 29 marzo 2019, n. 8814; Cass., 19 aprile 2019, n. 11013), pur modificando il proprio orientamento (Cass., 22803/2015) in tema di delega di firma ai sensi dell’art. 42 d.p.r. 600/1973, ritenendo irrilevante la mancata indicazione del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega (essendo sufficiente l’indicazione della qualifica rivestita), ha però ribadito che, in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sulla amministrazione fornire la prova della sussistenza di tali requisiti in capo al sottoscrittore (cfr. paragrafo 9 della motivazione).
L’Amministrazione finanziaria, in caso di contestazione, è tenuta, quindi, con onere della prova a suo carico (anche per il principio di
vicinanza alla prova ex Cass., 2 dicembre 2015, n. 24492), a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale (Cass., 14626/2000; Cass., 14195/2000; Cass., 17044/2013; Cass., 12781/2016; Cass., 14942/2013; Cass. 18758/2014; Cass., 19742/2012; Cass., 332/2016; Cass., 12781/2016; Cass., 14877/2016; Cass., 15781/2017; Cass., 5200/2018). Nella specie, dalla trascrizione della delega contenuta nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza si evince che il capo team che ha firmato l’avviso non è indicato nella stessa. Irrilevante è la disposizione di servizio n.25/2013 successiva all’avviso di accertamento impugnato ».
4.2. La RAGIONE_SOCIALE , sempre nell’ordinanza (rescindente) n. 3014 del 2020 richiamato il precedente Cass., Sez. U, 07/07/2014 n. 8053 -ha ritenuto sussistente il difetto di motivazione, evidenziando che: « La CTR non ha dato conto di aver esaminato le censure relative alla mancanza dei nominativi dei sottoscrittori dalla delega prodotta nel giudizio cioè l’ordine di servizio n.26/14 ed in particolare non ha rilevato che il capo team che ha sottoscritto l’avviso diretto all’associazione professionale non era indicato nella delega. A tanto provvederà il giudice di rinvio ».
RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, depositato ricorso per riassunzione davanti alla CTR di RAGIONE_SOCIALE (R.G. n. 7589/2021) e, nel corso del giudizio, si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE.
La CTR della Campania, con sentenza n. 7589/22/21 depositata in data 26/10/2021, ha rigettato l’appello, disponendo la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale sentenza lo RAGIONE_SOCIALE, con atto notificato a mezzo pec in data 26/07/2022, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Non si è costituita l’RAGIONE_SOCIALE, rimasta, pertanto, intimata.
Considerato che :
Con il primo motivo la parte ricorrente ha contestato, con riferimento all’avviso di accertamento notificato allo RAGIONE_SOCIALE, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 394 cod. proc. civ., nonché dell’art. 63 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 e dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. per aver il giudice d’appello violato, disatteso e non correttamente applicato il dettato dell’ordinanza n. 3014/2019 emessa in esito al giudizio rescindente n. 32470/2018, pubblicata in data 07/02/2020, avendo ritenuto valida la delega (ordine di servizio n. 26/14) in base alla quale era stato firmato l’avviso di accertamento, in ragione di documentazione non probante e depositata per la prima volta nel giudizio rescissorio.
La parte ricorrente contesta che la sentenza rescissoria, in violazione del decisum della Corte di cassazione, avrebbe ritenuto valida la delega di firma -anche con motivazione assente, generica e contraddittoria -sulla base di documentazione prodotta tardivamente solo nel giudizio di rinvio.
1.1. Ha richiamato, in primo luogo, i limiti del giudizio di rinvio, fissati nella sentenza della Corte di cassazione, che non potrebbe essere sindacata o elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale o per errore del principio di diritto affermato.
1.2. Ha evidenziato, in secondo luogo, il carattere chiuso del giudizio di rinvio, con le conseguenti ricadute anche in tema di nuove prove o produzioni documentali.
1.3. Ha affermato che l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe prodotto, ritualmente, nei primi due gradi di giudizio, oltre all’ordine di servizio n. 26/2014, solo il conferimento dell’incarico di Capo Team al dott. COGNOME (prot. NUMERO_DOCUMENTO), con validità fino al 30/06/2013, nonché la disposizione di servizio (n. 25/2013, richiamata a pag. 2 dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 3014 del 2020), con la quale l’incarico di capo team fu prorogato al 31/12/2013. Si tratterebbe, tuttavia, di documentazione irr ilevante, considerato che l’avviso di accertamento è stato sottoscritto in data 11/03/2014 e non vi sarebbe, quindi, la prova della legittimazione del dr. COGNOME.
1.4. La parte ricorrente rileva, poi, che: « Solo in sede di rinvio davanti alla CTR di RAGIONE_SOCIALE parte resistente ha prodotto ulteriori documenti per dimostrare il rinnovo dell’incarico anche nel periodo successivo ».
1.5. Ha, quindi, concluso che: « In quest’ottica appare evidente che la C.T.R. esaminando documenti prodotti solo in sede di rinvio non si è attenuta a questi principi di diritto attribuendo, implicitamente, rilevanza probatoria a documenti inammissibilmente acquisiti nel giudizio di rinvio viziando di nullità la impugnata sentenza ».
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in relazione a quanto previsto nell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il quale richiede che il ricorso contenga, a pena di inammissibilità, « la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivi si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi » .
2.1. La CTR della Campania, nella sentenza n. 7589/22/2021 depositata in data 26/10/2021 ha motivato in ordine alla sussistenza
della delega in capo al dr. COGNOME, evidenziando che: « Nel caso di specie tutti i requisiti richiesti sono stati soddisfatti: la delega 26/2014 riporta la carica del funzionario delegato, e la coordinata lettura dell’incarico nominativo al Dr COGNOME in qualità di capo -team cui era stata conferita la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento (individuata nella tabella allegata alla disposizione n. 26/2014 agli atti del processo) ribadisce che lo stesso era nel pieno RAGIONE_SOCIALE facoltà -attribuitegli appunto a mezzo delega -poiché il suo incarico conferito dal 01/07/2011 al 30/06/2013 con atto del Direttore RAGIONE_SOCIALE prot. n. NUMERO_DOCUMENTO, debitamente motivato, è stato successivamente rinnovato una prima volta con differimento della scadenza al 31 dicembre 2013 con disposizione di servizio n. 25/2013 del medesimo Direttore RAGIONE_SOCIALE.»
Confrontando la lettura della sentenza impugnata con i motivi di ricorso non è, infatti, comprensibile quali siano i nuovi documenti prodotti dall’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella cd. fase rescissoria, che sarebbero stati posti a fondamento della (nuova) decisione della CTR della Campania. Quest’ultima fa, infatti, riferimento sia all’ordine di servizio 26/14 (richiamato nel l’ordinanza n. 3014 del 2020 emessa da questa Corte), sia all’incarico nominativo , sia alla tabella allegata alla disposizione n. 26/14 che dichiara essere « agli atti del processo» , senza precisare quando sia stata prodotta.
In mancanza di più puntuali riferimenti tali da consentire l’individuazione dei documenti prodotti tardivamente e di valutar ne l’incidenza sulla decisione assunta nella fase rescissoria è, quindi, precluso, ab imis , l’esame della censura proposta, anche in relazione ai rapporti tra l’art. 394 cod. proc. civ. e l’art. 63 d.lgs. n. 546 del 1992 evocati dalla parte ricorrente.
2.2. In ogni caso , occorre evidenziare come anche nell’ambito dell’orientamento che propugna il carattere chiuso del giudizio di rinvio
non sono escluse, in assoluto, acquisizioni di nuove prove riconducibili a esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza emessa nella fase rescindente (« In tema di istruttoria nel processo tributario, l’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, che fa salva la produzione di nuovi documenti, non si applica nel giudizio riassunto a seguito di cassazione con rinvio della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado, trovando applicazione la disciplina specifica del successivo art. 63, comma 4, in base al quale, essendo sostanzialmente chiusa l’istruzione, è preclusa l’acquisizione di nuove prove, in particolare documentali, salvo che sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore »: Cass., 18/10/2023, n. 28976; v. anche Cass., 10/12/2018, n. 31901). Ne consegue che il motivo di ricorso incentrato sulla pretesa violazione dell’art. 63 d.lgs. n. 546 del 1992 non solo deve indicare in modo specifico (ai sensi dell’art. 366, primo comma, nn. 4 e 6, cod. proc. civ.) gli eventuali documenti prodotti per la prima volta nella fase cd. rescissoria e posti a fondamento della decisione assunta in esito a tale fase, ma deve anche enunciare le ragioni per le quali tali produzioni documentali non siano riconducibili a esigenze istruttorie emerse nella cd. fase rescindente.
Con il secondo motivo la ricorrente ha contestato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per aver il giudice d’appello erroneamente negato la nullità dell’avviso di accertamento privo della sottoscrizione del capo dell’ufficio o di un dirigente da lui validamente delegato . Inoltre, la contribuente contesta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non avere la CTR esaminato l’eccezione di giudicato
sulla nullità della delega (ordine di servizio 26/14) affermata in altro processo tra le stesse parti; e, comunque, per non aver motivato in ordine alle ragioni per cui ha ritenuto valida la delega prodotta nel giudizio.
3.1. Secondo la parte ricorrente la CTR non avrebbe esaminato l’eccezione di giudicato sollevata nel ricorso per riassunzione. In particolare, la Corte di cassazione, con ordinanza 17/05/2019, n. 13313 -con cui è stato definito il ricorso n. 10587/2017 tra le stesse parti -ha annullato un altro avviso di accertamento relativo all’annualità 2010, per aver ritenuto non conforme a l modello legale la delega di firma, adottata con il medesimo ordine di servizio n. 26/2014. Rileva, quindi, l’avvenuta formazione di una res iudicata che dovrebbe valere anche nel presente giudizio. Non potrebbe, quindi, ritenersi valido il medesimo ordine di servizio già ritenuto nullo in altro giudizio, perché impersonale e in bianco. Rileva, altresì, che l’ordinanza n. 13313 del 2019 è cronologicamente successiva alle ordinanze n. 8814 del 2019 e n. 11013 del 2019, con le quali è stato introdotto il nuovo orientamento giurisprudenziale e che ciò dimostrerebbe come il dibattito sulla questione relativa alla cd. delega di firma sia tutt’altro che sopito. Rileva, quindi, che « a parere dei ricorrenti l’esigenza di legalità e di buon andamento della pubblica amministrazione e, a specchio, la tutela dei diritti del contribuente sono maggiormente rispettati e garantiti dal precedente orientamento giurisprudenziale seguito anche dalla citata decisione n. 13313/19 intervenuta tra le parti ».
3.2. Evidenzia, infine, lo AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE come il nuovo orientamento, che fa leva sulla distinzione tra delega di firma e delega di funzioni, sarebbe poco convincente e sollecita, quindi, la rimessione della questione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ.
Tale motivo è infondato: la parte ricorrente pretende, infatti, di far valere nell’ambito del giudizio rescissorio una pronuncia diversa da quella pronunciata da questa Corte con ordinanza n. 3314 del 2020 e resa, addirittura, in data anteriore a quest’ultima (Cass. n. 13313 del 2019).
4.1. Nel fare ciò finisce per mettere, nuovamente, in discussione il principio affermato nella pronuncia appena richiamata resa nella fase rescindente, propugnando una diversa interpretazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, che non è, tuttavia, vincolante, nella cd. fase rescissoria, per il giudice d’appello, tenuto ad adeguarsi a quanto affermato da Cass. n. 3314 del 2020, alla luce di quanto previsto nell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. Secondo tale norma, infatti, il giudice di rinvio « deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto stabilito dalla Corte».
4.2. Nel giudizio di rinvio può assumere rilievo solamente la (sopravvenuta) modificazione della normativa in merito alla quale la Corte di cassazione abbia affermato un determinato principio di diritto, la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità della norma interessata da quest’ultimo (Cass. 16/03/1995, n. 3073), anche a seguito di eventuale rimessione alla Corte costituzionale da parte dello stesso giudice del rinvio (C. cost. 23/06/1994, n. 257), ovvero la sopravvenuta pronuncia della Corte di G iustizia dell’Unione europea (Cass. 09/10/1998, n. 10035) o della Corte EDU (arg. ex art. 391quater cod. proc. civ.).
Tali coordinate ermeneutiche segnano anche i limiti della pronuncia della Corte di cassazione che sia nuovamente evocata nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento emesso nella fase rescissoria. Difatti: « A norma dell’art. 384, primo comma cod. proc. civ., l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, anche se nel frattempo sono intervenuti
mutamenti in seno alla giurisprudenza di legittimità. Ugualmente, la Corte di cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare muovendo dal medesimo principio di diritto precedentemente enunciato e applicato dal giudice di rinvio, senza possibilità di modificarlo, neppure sulla base di un nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte.» (Cass., 16/11/1999, n. 12701; Cass. 31/07/2006, n. 17442).
4.3. Alla luce di quanto appena evidenziato n ell’ambito del giudizio di cassazione avverso la sentenza pronunciata dal giudice di rinvio nell’ambito della fase cd. rescissoria ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. non può disporsi neppure il rinvio alle Sezioni Unite ex art. 374, comma 2, cod. proc. civ., tanto più che tale ordinanza finirebbe per integrare una forma (surrettizia e abnorme) di revocazione del provvedimento reso nella fase rescindente, all’infuori dei casi tassativamente indicati dalla legge.
Con il terzo motivo la parte ricorrente, con riferimento all’avviso di accertamento individuale emesso nei confronti dell’AVV_NOTAIO , ha contestato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per aver il giudice d’appello erroneamente negato la nullità di tale avviso di accertamento (in quanto privo della sottoscrizione del capo dell’ufficio o di un dirigente da lui validamente delegato), aver omesso l’ esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ. e non aver in alcun modo motivato le ragioni per cui ha ritenuto valida la delega prodotta nel giudizio che fa riferimento a un soggetto diverso da quello che ha effettivamente sottoscritto l’avviso di accertamento.
5.1. La ricorrente ha rilevato che il giudizio -oltre all’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’associazione professionale ,
sottoscritto dal dr. COGNOME in base all’ordine di servizio (contestato) n. 26/14 -riguarderebbe anche l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO del 27/11/2014 emesso nei confronti dell’AVV_NOTAIO, al quale è stato attribuito, in base al cd. principio di trasparenza, il maggior reddito da partecipazione accertato all’associazione professionale. Quest’ultimo avviso di accertamento sarebbe stato sottoscritto dalla dr.ssa NOME COGNOME.
L’ RAGIONE_SOCIALE avrebbe prodotto documentazione tardiva solamente in merito al COGNOME. COGNOME, mentre non avrebbe depositato alcunché in relazione alla dr.ssa COGNOME. La motivazione della sentenza impugnata si occuperebbe, infatti, solamente del COGNOME. COGNOME, mentre non si sarebbe accorta della diversità dei soggetti sottoscrittori, omettendo qualsiasi valutazione in merito alla COGNOMENOME COGNOME.
Il motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non ha precisato in quale parte dell’atto d’appello proposto contro la sentenza della CTP di RAGIONE_SOCIALE (n. 826 del 2017, depositata in data 18/01/2017) avesse articolato le proprie censure in merito alla sottoscrizione apposta dalla dr.ssa COGNOME nell’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’AVV_NOTAIO. Sul punto il ricorso proposto contro la sentenza emessa dalla CTR nella fase rescissoria è privo di qualsiasi indicazione che consenta di riscontrare la tempestiva proposizione della questione davanti alla CTR di RAGIONE_SOCIALE nel giudizio d’appello proposto contro la sentenza emessa dalla CTP di RAGIONE_SOCIALE. Di conseguenza, il motivo proposto è da ritenere inammissibile ex art. 366, primo comma, n. 4 e 6, cod. proc. civ.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato emerge la totale infondatezza del ricorso, che deve essere, pertanto, rigettato, senza alcuna disposizione in ordine alle spese di lite, considerata la mancata costituzione della parte resistente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15/05/2024