Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6751 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 6751  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO del Foro di Catania, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ;
Oggetto: Ires, Iva 2005 -Maggior reddito societario -Vizio di legittimazione del firmatario  dell’atto  –  Mancata allegazione del PVC.
-intimata – avverso
la sentenza n. 4764, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, il 21.10.2015, e pubblicata il 17.11.2015;
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Fatti di causa
 A  seguito  di  verifiche  svolte  dalla  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE,  e concluse  con  Processo  Verbale  di  Costatazione  del  30.5.2008, l’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE, esercente
l’attività di supermercati, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, contestando di aver percepito un maggior reddito non  dichiarato  nell’anno  2005,  ai  fini  Ires  ed  Irap,  oltre  sanzioni che  venivano  versate  dalla  società  profittando  di  normativa  di definizione agevolata.
 RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  impugnava  l’atto  impositivo  innanzi  alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, proponendo censure procedimentali  e  di  merito.  La  CTP  accoglieva  in  parte  il  ricorso, annullando la pretesa relativa all’Irap, mentre confermava nel resto l’avviso di accertamento.
La società spiegava appello avverso la pronuncia della CTP, con riferimento alla parte in cui era rimasta soccombente, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania. Si costituiva per resistere l’Amministrazione finanziaria, che proponeva anche ricorso incidentale contestando l’annullamento  della  pretesa  fiscale  con  riferimento  alla  debenza dell’Irap.  La  CTR rigettava tanto l’appello principale quanto quello incidentale.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia  del  giudice  del  gravame  affidandosi  a  tre  motivi  di impugnazione.  L’RAGIONE_SOCIALE  non  ha  svolto  difese  nel giudizio di legittimità.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo  comma,  n.  3,  cod.  proc.  civ.,  la  contribuente  contesta  la violazione dell’art. 42 del Dpr n. 600 del 1973 e dell’art. 2696 cod. civ., per non avere la CTR  rilevato la nullità dell’avviso di accertamento, sottoscritto da funzionario non legittimato dell’RAGIONE_SOCIALE.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società censura la violazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 (c.d.
Statuto  del  contribuente),  per  non  avere  il  giudice  dell’appello rilevato  che  ‘l’avviso  di  accertamento  impugnato  è  nullo  per carenza di motivazione, in quanto motivato solo con riferimento al PVC della RAGIONE_SOCIALE, peraltro non allegato’ (ric., p. 2).
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente critica la nullità della sentenza adottata dalla CTR, per aver ritenuto ammissibile la produzione dell’ordine di servizio n. 5/NUMERO_DOCUMENTO, che interesserebbe la delega  alla  sottoscrizione  dell’atto,  sebbene  intervenuta  solo  in sede di appello da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Mediante il primo motivo di ricorso la società lamenta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice impugnato, per non aver rilevato la nullità dell’avviso di accertamento, in quanto sottoscritto da funzionario non legittimato. Con il terzo mezzo d’impugnazione, poi, la contribuente denuncia la nullità della decisione del giudice del gravame, per non aver ritenuto inammissibile la produzione dell’ordine di servizio n. 5/2010 che interesserebbe la delega alla sottoscrizione dell’atto, sebbene intervenuta solo in sede di appello da parte dell’Amministrazione finanziaria. I due motivi d’impugnazione presentano elementi di connessione, attenendo alla delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento ed alla tempestività della sua produzione in giudizio, e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
4.1. La CTR ha annotato che la società ha contestato il ‘difetto di legittimazione attiva del sottoscrittore dell’avviso di accertamento,  individuato  nella  persona  del  AVV_NOTAIO,  nella  qualità  di  capo  ufficio  controlli  dell’RAGIONE_SOCIALE … che ha firmato in sostituzione del direttore provinciale’, ed  ha  quindi  valutato  che  ‘la  delega  di  firma  degli  atti  e/o documenti  aventi  rilevanza  esterna  al  capo  ufficio  controlli,  come
nel caso di specie, è legittima, come si evince dall’atto dispositivo n. 5/2010, emesso, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 241/1990′.
4.2.  Replica  la  ricorrente  che,  per  essere  valida,  la  delega  di firma deve  indicare le ragioni  che  l’hanno  motivata,  e  deve riportare  il  suo  termine  di  validità  e  l’indicazione  nominativa  del soggetto cui la delega è stata conferita, tutti elementi che mancano nel  caso  di  specie.  Inoltre  il  preteso  atto  di  delega  cui  opera riferimento  la  CTR,  in  realtà  neppure  poteva  essere  esaminato essendo stato prodotto tardivamente, soltanto in grado di appello.
4.3.  Questa  Corte  regolatrice  ha  invero  avuto  occasione  di pronunciarsi ripetutamente in materia di requisiti della delega per la sottoscrizione di un atto impositivo, ed ha raggiunto un orientamento consolidato che gli argomenti proposti dalla ricorrente non inducono a modificare.
Si è infatti di recente ribadito che ‘la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal dirigente a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente, avendo natura di delega di firma e non di funzioni, non richiede, per la sua validità, l’indicazione del nominativo del soggetto delegato, né del termine di validità, poiché tali elementi possono essere individuati anche mediante ordini di servizio, idonei a consentire ex post la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto’, Cass. sez. V, 5.8.2024, n. 21972; non mancandosi di specificare che ‘la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento, conferita dal dirigente ex art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni, in quanto realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna con l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che l’attuazione di detta delega di firma – risultando inapplicabile la disciplina dettata per la delega di funzioni di cui all’art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165
del  2001  –  avviene  anche  mediante  ordini  di  servizio,  senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato che consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore  e  destinatario  della  delega  stessa’,  Cass.  sez.  V, 2.8.2024, n. 21839.
4.4. In ordine alla tempestività della produzione, quindi, si è chiarito che ‘l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, sebbene non necessariamente dal primo grado, visto che si tratta di un atto che non attiene alla legittimazione processuale, avendo l’avviso di accertamento natura sostanziale e non processuale’, Cass. sez. V, 21.6.2016, n. 12781 (conf. Cass. sez. V, 17.7.2019, n. 19190).
Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono pertanto infondati, e devono perciò essere respinti.
 Con  il  secondo  motivo  di  ricorso  la  società  censura  la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per non aver rilevato  il  vizio  insanabile  dell’atto  impositivo,  che  difetta  di  una motivazione propria, operando mero riferimento al PVC, che non è stato allegato.
5.1. In proposito la CTR rileva che non è preclusa la motivazione dell’avviso di accertamento redatta richiamando il contenuto del PVC, pur non allegato all’atto impositivo, quando di esso sia riprodotto il contenuto essenziale, requisito che il giudice dell’appello ha ritenuto soddisfatto nel caso di specie. Inoltre, ha chiarito il giudice dell’appello, ‘come risulta dallo stralcio del p.v. di costatazione allegato in atti di causa dall’RAGIONE_SOCIALE, il suddetto atto è stato regolarmente notificato al legale rappresentante della società che, quindi, ne è venuto a conoscenza
ed  ha  adeguatamente  potuto  approntare  le  proprie  difese’  (sent. CTR, p. 2).
5.2.  Gli  atti  richiamati  nell’avviso  di  accertamento  devono essere allegati, o almeno riprodotti nel loro contenuto essenziale, sol  quando  non  siano  stati  portati  a  conoscenza  del  destinatario. Nel caso in esame la CTR attesta che il PVC è stato regolarmente comunicato alla società, che propone plurime critiche, ma neppure allega che la comunicazione non sia intervenuta.
In  conseguenza  anche  il  secondo  motivo  di  impugnazione risulta infondato e deve essere perciò respinto.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
 Non  devono  essere  liquidate  spese  di  lite,  non  avendo l’Amministrazione finanziaria svolto difese nel giudizio di legittimità.
6.1. Deve quindi darsi atto che ricorrono i presupposti processuali  per  il  versamento,  da  parte  della  ricorrente,  del  c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
rigetta  il  ricorso  proposto  dalla RAGIONE_SOCIALE ,  in  persona  del legale rappresentante pro tempore .
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6.3.2025.