Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 689 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 689 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30202/2017 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata al ricorso,
AVVISO DI ACCERTAMENTO
dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, al INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL L’ABRUZZO n. 724/1/2017, depositata in data 24/8/2017; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 12 novembre 2024;
Fatti di causa
L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di L’Aquila notificò alla società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME (d’ora in avanti, anche ‘la società contribuente ‘ ), un avviso di accertamento per l’anno 2010, con riferimento all’Irap.
Venne poi notificato ad NOME COGNOME‘contribuente’ ) un avviso di accertamento per l’anno 2010, in relazione all’Irpef.
Venne altresì notificato ad NOME COGNOME ‘contribuente’ ) un avviso di accertamento per l’anno 2010, in relazione all’Irpef e ai contributi previdenziali.
Venne, poi, notificato a NOME COGNOME ‘contribuente’ ) un avviso di accertamento per l’anno 2010, in relazione all’Irpef.
Proposte separate impugnazioni, successivamente riunite, nel contraddittorio con l’Ufficio, la C.T.P. di L’Aquila le respinse.
La C.T.R. respinse l’appello congiunto dei contribuenti.
Avverso la sentenza d’appello, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
I contribuenti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato con riferimento alla violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., i contribuenti censurano la sentenza impugnata per non aver considerato che dopo la pronuncia qui impugnata , relativa all’anno d’imposta 2010, è sopravvenuto il passaggio in giudicato della sentenza della C.T.R. dell’Abruzzo che ha annullato gli avvisi di accertamento relativi all’anno 2011 per identiche violazioni di legge. Questa Corte, dunque, secondo i contribuenti, dovrebbe prendere atto della sentenza passata in giudicato prodotta ed accogliere il presente loro ricorso.
1.1. Il motivo è infondato.
Gli stessi contribuenti, nella memoria difensiva, affermano che la sentenza passata in giudicato che vorrebbero far valere in questa sede (la sentenza n. 226/01/2017 della C.T.R. dell’Abruzzo) ha dichiarato l’a vviso di accertamento relativo all’anno 2011 nullo per mancanza di una delega valida.
Orbene, questa Corte con un orientamento consolidato ritiene che la sentenza del giudice tributario con la quale si accerta il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su
presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità ( ex coeteris , Cass., Sez. 5 – , Sentenza n. 38950 del 07/12/2021, Rv. 663418 – 01).
La fattispecie sulla quale si è pronunciata la C.T.R. dell’Abruzzo con la sentenza prodotta, passata in giudicato, riguarda gli elementi formali dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2011, con specifico riferimento ai requisiti di validità della delega di firma rilasciata in relazione a quell’ avviso di accertamento.
In altri termini, il giudicato che i contribuenti vorrebbero qui far valere ‘copre’ l’accertamento dei vizi formali dell’avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2011, e non può estendersi anche ai requisiti formali di validità di un avviso di accertamento per un diverso periodo d’imposta, con la conseguenza che deve essere rigettata la qui proposta exceptio rei iudicatae .
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Erroneità ed illegittimità della decisione di seconde cure per violazione dell’art. 42, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 che prescrive i requisiti a sottoscrivere gli atti impositivi, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., stante la erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa’ , i contribuenti censurano la sentenza impugnata per non aver considerato la illegittimità, per carenza dei requisiti formali ed extraformali, della delega conferita al funzionario sottoscrittore degli avvisi di accertamento, e per non aver considerato che il funzionario delegato mancava dei requisiti per poter sottoscrivere in base alla delega.
Deducono i contribuenti che la delega conferita dal dirigente ad un altro funzionario deve essere motivata, nominativa e a termine, requisiti che dovrebbero coesistere ai fini della validità della delega e che è onere dell’amministrazione documentare.
Non sarebbe stato provato il possesso, in capo al sottoscrittore, della qualifica soggettiva idonea in capo al funzionario sottoscrittore.
2.1. Il motivo è infondato.
Secondo il più recente orientamento di questa Corte Suprema, cui il Collegio intende dare continuità, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal dirigente a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente, avendo natura di delega di firma e non di funzioni, non richiede, per la sua validità, l’indicazione del nominativo del soggetto delegato, né del termine di validità, poiché tali elementi possono essere individuati anche mediante ordini di servizio, idonei a consentire ex post la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto ( ex coeteris , da ultimo, Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 21972 del 05/08/2024, Rv. 672339 – 01).
Orbene, la sentenza impugnata dà atto che il funzionario sottoscrittore degli avvisi di accertamento era stato formalmente delegato dal Direttore provinciale e che non è necessario, per la validità della delega, che il delegato fosse un dirigente.
La C.T.R., dunque, ha esaminato la delega versata in atti e l’ha giudicato valida, affermando, correttamente, che non è necessario che il funzionario delegato alla firma fosse un dirigente.
Tale affermazione è in linea con la disposizione dell’art. 42 , comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, che ai fini della validità della delega richiede l’appartenenza del funzionario delegato ai ruoli della ‘carriera direttiva’.
L’Agenzia delle Entrate, nel controricorso, ha dato atto che il funzionario sottoscrittore degli avvisi di accertamento appartenevano alla terza area funzionale, ricompresa nella carriera direttiva.
Peraltro, è il caso di affermare, dissipando così qualche incertezza giurisprudenziale in ordine alla parte sulla quale incomb e l’ onere della
prova dell’appartenenza del funzionario delegato alla carriera direttiva, che, una volta che agli atti del giudizio risulti la delega di firma, l’appartenenza del delegato alla carriera direttiva si presume.
Trattandosi, infatti, di delega di firma e non di funzioni, l’atto di delega del dirigente, pur necessario ai fini della validità dell’atto delegato , è un atto organizzativo interno all’ufficio, sicché se lo stesso apparato pubblico da cui promana l’atto non ne disconosce gli effetti, deve presumersi la sussistenza dei requisiti soggettivi in capo al funzionario sottoscrittore.
Con riferimento, infatti, a fattispecie confinanti anche se non sovrapponibili, questa Corte ha statuito che la provenienza di un atto (nella specie, un diniego di definizione di lite pendente ex art. 39, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) dall’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono finché non venga provata la non appartenenza del sottoscrittore all’Ufficio o, comunque, l’usurpazione dei relativi poteri (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 220 del 09/01/2014, Rv. 629872 -01; in relazione alla rappresentanza processuale dell’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20628 del 14/10/2015, Rv. 636898 -01; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15470 del 26/07/2016, Rv. 640640 – 01).
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Erroneità ed illegittimità della decisione della Corte d’Appello per violazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 600/73, come modificato dal d.lgs. n. 46/99, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , i contribuenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il calcolo degli interessi risultante dagli avvisi di accertamento era stato effettuato secondo quanto previsto dall’art. 20 del d.P.R. n. 602 del 1973 e che, dunque, esso era facilmente verificabile dai contribuenti.
3.1. Il motivo è inammissibile per novità.
Sono gli stessi contribuenti ad affermare, in ricorso, che essi avevano originariamente contestato la determinazione da parte dell’ufficio degli interessi di mora in quanto ‘nell’avviso di accertamento impugnato non è indicato il calcolo con cui si è pervenuti alla determinazione degli interessi di mora né la relativa norma di legge e, pertanto, deve ritenersi err ato’ (pag. 16 del ricorso).
Solo con il ricorso in appello i contribuenti danno atto di aver posto la questione della illegittimità del tasso d’interesse applicato (il 4% in luogo del 3,50%).
In ogni caso, deve farsi presente che, trattandosi di accertamento in rettifica dei redditi dichiarati, si applica l’art. 2 del D.M. 21 maggio 2009 in base all’art. 20 del d.P.R. n. 602 del 1973, con la conseguente legittimità dell’applicazione, nel caso di specie, del tasso del 4%. 4. In definitiva, il ricorso è infondato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME , in solido, al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro cinquemilaseicento per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 novembre