Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21457 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21457 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2324/2021 R.G. proposto da: COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende ex lege -controricorrente- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. CALABRIA n. 1564/2020 depositata il 15/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di rettifica e liquidazione n. 20131T000724000, notificato a NOME COGNOME e NOME COGNOME a seguito di un contratto di compravendita di un terreno agricolo stipulato in data
14 maggio 2013, l’Agenzia delle entrate richiedeva, ai sensi e per gli effetti degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale in ragione della differenza tra il valore dichiarato pari ad euro 11.000,00 in atti ed il maggior valore accertato pari ad euro 78.500,00 sulla scorta della stima eseguita secondo il metodo c.d. sintetico-comparativo.
L’adita CTP annullava l’atto ritenendolo privo di valida sottoscrizione ai sensi dell’art. 42 d.P.R. 600/1973 , in quanto non firmato dal capo dell’ufficio ovvero da altro impiegato della carriera direttiva.
Con la sentenza n. 1564/1/2020 la CTR della Calabria, in accoglimento dell’appello dell’ufficio, rigettava l’originario ricorso dei contribuenti, ritenendo l’atto validamente sottoscritto ed adeguatamente motivato.
Contro detta sentenza i contribuenti propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito l’ufficio con controricorso.
I contribuenti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art.42 d.P.R. 600/1973, non avendo i giudici di appello considerato che l’atto de quo era privo di valida sottoscrizione in quanto la documentazione prodotta dall’agenzia a sostegno della validità e del corretto esercizio del potere di sottoscrizione non appariva decisiva, trattandosi di atti contenenti disposizioni di servizio meramente interne, difettando una delega specifica a favore del sottoscrittore dell’atto conferita da un soggetto legittimato a conferirla.
Con il secondo motivo lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 51 e 52 del del d.P.R. n. 131 del 1986, avendo, a loro dire erroneamente, i giudici di appello ritenuto la legittimità dell’avviso sebbene lo stesso
fosse basato unicamente sui valori OMI, non considerando che gli stessi integravano mere presunzioni semplici.
Con il terzo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5. c.p.c., per avere la CTR ritenuto corretto l’operato dell’ufficio sul presupposto della congruità dei valori OMI, non considerando che le allegazioni e le produzioni documentali di parte contribuente deponevano per il contrario.
Il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate.
4.1. Il primo motivo è da ritenere inammissibile o comunque infondato.
Tale motivo risulta, invero, in primo luogo privo del requisito di autosufficienza, non essendo stata riprodotta la delega in contestazione.
Occorre pure rilevare che, posto che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni -poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante ne discende che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. Sez. 5, n. 11013 del 19/04/2019; Cass. Sez. 6 – 5, n. 28850 del 08/11/2019; Cass. Sez. 5, n. 5826 del 27/02/2023). Questa Corte, inoltre, ha più volte affermato che è irrilevante la mancata indicazione del nominativo del soggetto delegato come pure la durata della delega, essendo adeguata l’indicazione della qualifica rivestita (Cass. n. 8814/19; Cass. 11013/2019; Cass. n. 19190/2019; Cass. n. 2221/2021).
La sentenza impugnata è, dunque, da ritenere rispettosa dei sopra richiamati principi di diritto, laddove accerta l’assolvimento in capo all’Amministrazione della produzione in giudizio della delega. La CTR ha precisato che sulla scorta della prodotta direttiva del Direttore Regionale n. 2014/50 il sottoscrittore appariva legittimamente delegato, e la richiesta di un nuovo sindacato su tali circostanze fattuali, esaminate dai giudici d’appello, non è consentito in questa sede.
Il secondo motivo è privo di fondamento.
5.1. Nella specie l’atto impositivo, come correttamente ritenuto dai giudici di secondo grado, appare adeguatamente motivato attraverso il richiamo, non solo ai dati OMI, ma anche ai valori di altri sette immobili similari di cui sono state specificate le caratteristiche, la metratura e gli estremi dei relativi atti di compravendita (come accertato in punto di fatto dalla CTR). L’avviso di rettifica e liquidazione risulta, quindi, conforme ai criteri fissati dall’art. 51, comma 3, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, essendo fondata la determinazione del valore venale in comune commercio dell’immobile compravenduto sulla base di una ponderata combinazione della stima comparativa con i valori di immobili similari -i cui dati salienti (ubicazione, metratura, pre zzo, data dell’atto) sono stati indicati nell’ avviso sì da consentire l’esercizio del diritto di difesa – ed, altresì, con i dati desunti dal listino pubblicato dall’OMI con riguardo ai beni con analoghe caratteristiche, dati OMI, quindi, non utilizzati quale unico parametro di riferimento.
Atteso che l’avviso risulta sufficientemente motivato con indicazione del criterio astratto e degli elementi valutativi, risulta evidente che parte ricorrente, nella sostanza, finisce per contestare la carenza di adeguati elementi di ‘prova’ ai fini della rettifica del valore (aspetto del tutto diverso dalla motivazione dell’atto ).
Va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del
provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di riguardante la motivazione.
I ricorrenti, di fatto, tendono ad avvalorare, con la proposizione di un vizio di violazione di legge, una diversa valutazione dei fatti di causa per come interpretati dalla C.T.R., alla quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004). In buona sostanza, i contribuenti, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
Il terzo motivo appare inammissibile o, comunque, infondato.
Quanto al contestato vizio motivazionale per asserita mancata valutazione di fatti decisivi oggetto di discussione fra le parti, va premesso che l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 134/2012 n. 134, introduce
nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014; Cass. n. 25216/2014; Cass. n. 27415/2018; Cass. n. 26764/2019; Cass. nn. 19820, 19824, 19826 e 19827 del 2021; Cass., 2021, n. 20963/2021). L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. n. 26305/2018; Cass. n. 2019, n. 22397/2019; Cass., n. 12400/ 2021; Cass. n 21457/2021) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass. n. n. 22397/2019; Cass. n. 10285/2021).
Risulta, invero, che la Commissione territoriale, valutate le prospettazioni difensive operate dalle parti, ha avuto modo di evidenziare, come detto, la completezza della indagine tecnica
dell’ufficio, con richiamo agli atti comparativi, le cui risultanze sono state ritenute idonee a resistere alle contestazioni di parte appellante. Appare, quindi, evidente che sotto il profilo della nullità della sentenza per omessa valutazione di dati decisivi, la società ricorrente mira, in realtà, a sollecitare in questa sede una diversa valutazione del quadro probatorio ed estimativo, il che è certamente precluso nel giudizio di legittimità.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’Ufficio nella somma di euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione