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Definizione sanzioni tributarie: il nesso col tributo

Un contribuente ha tentato di accedere alla definizione agevolata per le sole sanzioni derivanti dall’uso di un credito d’imposta inesistente, senza aver definito il tributo principale. L’Agenzia delle Entrate ha negato la richiesta. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, stabilendo che la definizione sanzioni tributarie ‘collegate’ è preclusa se il rapporto tributario principale non è stato estinto. Entrambi i ricorsi del contribuente sono stati rigettati.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione sanzioni tributarie: quando il legame col tributo è indissolubile

La possibilità di chiudere le pendenze con il Fisco attraverso strumenti deflattivi del contenzioso è un tema di grande interesse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale riguardo la definizione sanzioni tributarie: non è possibile definire in via agevolata le sanzioni ‘collegate’ se prima non si è estinto il debito tributario principale. Questa decisione sottolinea l’indissolubile legame tra la sanzione e il tributo a cui si riferisce.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un atto di recupero notificato a un contribuente per l’indebito utilizzo, in compensazione, di un credito d’imposta per l’anno 2016. Dopo la reiezione del ricorso in primo grado, il contribuente, nel corso del giudizio di appello, ammetteva la fondatezza del recupero del credito, chiedendo però l’applicazione di sanzioni ridotte. Anche l’appello veniva respinto.

Successivamente, nelle more del ricorso per cassazione, il contribuente presentava istanza di definizione agevolata della lite ai sensi della L. n. 197 del 2022, cercando di definire le sole sanzioni oggetto del contenzioso. L’Agenzia delle Entrate opponeva un diniego, sostenendo che la definizione non fosse possibile senza il previo versamento del tributo a cui le sanzioni erano collegate. Contro tale diniego, il contribuente proponeva un autonomo ricorso in Cassazione, che veniva riunito al precedente.

La questione giuridica: il nesso tra tributo e sanzione

Il cuore della controversia risiede nella qualificazione della sanzione per l’utilizzo di un credito inesistente. Può questa essere considerata ‘non collegata al tributo’ e quindi definibile separatamente? Secondo il ricorrente, sì. Secondo l’Agenzia delle Entrate e, infine, per la Corte di Cassazione, la risposta è un netto no.

La normativa sulla definizione delle liti pendenti (in particolare, l’art. 6 del D.L. 119/2018, richiamato anche dalle successive normative) prevede condizioni diverse per le sanzioni a seconda che siano ‘collegate’ o ‘non collegate’ al tributo. Per le sanzioni collegate, la definizione è possibile a zero importi solo se il rapporto relativo al tributo è già stato definito in altro modo (pagamento, conciliazione, annullamento dell’atto, etc.).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato entrambi i ricorsi del contribuente, fornendo una chiara interpretazione del concetto di ‘sanzioni collegate al tributo’.

Innanzitutto, i giudici hanno chiarito che per ‘definizione’ del tributo si intende la sua estinzione in modo satisfattivo per il creditore. Nel caso di specie, era pacifico che il tributo principale (il credito indebitamente compensato) non fosse stato né pagato né definito in altro modo. Questa mancata definizione preclude, di per sé, la possibilità di accedere alla definizione agevolata delle sole sanzioni.

In secondo luogo, la Corte ha affermato che la sanzione per l’indebita compensazione con un credito inesistente è strutturalmente e sostanzialmente ‘collegata’ al tributo. La condotta del contribuente, infatti, incide direttamente sul quantum del tributo effettivamente versato, riducendolo illegittimamente. Si tratta di una violazione sostanziale che provoca un danno diretto all’Erario, non di una mera infrazione formale. La sanzione, in questo contesto, ha la funzione di punire una condotta che ha portato a un’evasione d’imposta. Pertanto, non può essere trattata separatamente dal tributo evaso.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili anche i motivi del ricorso originario contro l’atto di recupero, evidenziando come le censure del contribuente si limitassero a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito, operazione non consentita in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una ‘doppia conforme’ (decisioni identiche in primo e secondo grado).

Le conclusioni

La decisione in commento ribadisce un principio cardine in materia di contenzioso tributario: non si può scindere la sanzione dalla violazione sostanziale che l’ha generata. La definizione sanzioni tributarie in via agevolata è uno strumento vantaggioso, ma il suo accesso è subordinato alla risoluzione del rapporto giuridico principale. Un contribuente che ha omesso un versamento o utilizzato un credito inesistente non può sperare di ‘sanare’ solo le sanzioni senza prima aver regolato il debito d’imposta. Questa pronuncia offre un importante monito sulla necessità di affrontare le pendenze fiscali in modo organico, riconoscendo il legame inscindibile tra l’obbligazione tributaria e le conseguenze sanzionatorie della sua violazione.

È possibile definire in via agevolata solo le sanzioni se il tributo principale non è stato pagato o definito?
No, secondo la Corte di Cassazione, se le sanzioni sono ‘collegate al tributo’ (come nel caso di indebita compensazione), la loro definizione agevolata è preclusa finché il rapporto tributario principale non sia stato estinto in modo satisfattivo per l’Erario.

Cosa si intende per ‘sanzioni collegate al tributo’ ai fini della definizione agevolata?
Sono quelle sanzioni stabilite per violazioni che incidono direttamente sulla determinazione o sul pagamento del tributo, causando un danno patrimoniale all’Erario. La sanzione per l’uso di un credito inesistente rientra in questa categoria perché riduce illegittimamente l’importo versato.

Perché la sanzione per l’uso di un credito inesistente è considerata collegata al tributo?
Perché, come chiarito dalla Corte, tale comportamento costituisce nella sostanza una violazione collegata all’imposta. Il quantum del tributo dovuto viene illegittimamente ridotto, configurando un illecito vantaggio per il contribuente e un danno speculare per l’Erario, in quanto si opera una compensazione del tutto disconnessa dalla realtà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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