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Definizione agevolata: stop al processo tributario

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato una decisione su un caso di costi indeducibili contestati dall’Agenzia delle Entrate a una società. La controversia riguardava la deducibilità dei compensi del socio amministratore. La Corte ha sospeso il giudizio perché i contribuenti hanno aderito a una definizione agevolata. Ora l’Agenzia deve chiarire quali posizioni fiscali sono state sanate e quali restano oggetto del contendere prima che la Corte possa decidere nel merito.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando il Fisco Deve Fermarsi e Chiarire

L’adesione a una definizione agevolata può cambiare radicalmente le sorti di un contenzioso tributario, anche quando questo è giunto fino all’ultimo grado di giudizio. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione illustra perfettamente questo scenario, bloccando di fatto il processo per chiedere all’Agenzia delle Entrate di fare chiarezza sull’impatto della sanatoria sulla lite in corso.

I Fatti di Causa: Costi del Socio e Accertamenti Fiscali

La vicenda ha origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di una società di servizi in accomandita semplice. L’Agenzia delle Entrate aveva emesso tre avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, contestando la deducibilità di alcuni costi e recuperando l’IVA indebitamente detratta. Il cuore del problema riguardava i compensi fatturati alla società dal suo stesso socio e legale rappresentante per prestazioni professionali. Secondo il Fisco, tali costi non erano deducibili. Di conseguenza, i maggiori redditi accertati venivano attribuiti pro quota ai soci.

La società e i soci hanno impugnato gli atti impositivi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), che ha emesso sentenze contrastanti. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), riuniti gli appelli, ha dato ragione ai contribuenti, riconoscendo la piena deducibilità dei costi relativi alle prestazioni del socio amministratore e la parziale deducibilità di altri costi, sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio.

Il Ricorso in Cassazione e l’impatto della definizione agevolata

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Violazione delle norme sulla deducibilità dei costi e sull’onere della prova: l’Agenzia sosteneva che la CTR avesse erroneamente riconosciuto la deducibilità di costi per prestazioni non dimostrate e liquidate in modo esorbitante.
2. Errata applicazione dei principi sulle presunzioni: la decisione della CTR si sarebbe basata su presunzioni non utilizzabili.
3. Nullità della sentenza per palese difetto di motivazione.

Tuttavia, durante il giudizio di legittimità, è emerso un fatto nuovo e decisivo: alcuni soci avevano aderito a procedure di definizione agevolata previste dalla normativa del 2018 per sanare le proprie pendenze fiscali.

Le Motivazioni dell’Ordinanza Interlocutoria

La Corte di Cassazione ha ritenuto che, prima di poter esaminare i motivi del ricorso, fosse indispensabile fare luce sugli effetti della definizione agevolata sulla materia del contendere. L’adesione a una sanatoria, infatti, estingue il debito tributario e, di conseguenza, fa venir meno l’interesse a proseguire la lite per le posizioni definite.

Per questo motivo, la Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria, con la quale ha disposto il rinvio della causa a un nuovo ruolo. Ha onerato l’Agenzia delle Entrate di presentare una nota scritta dettagliata per chiarire:
* Quali posizioni fiscali oggetto del giudizio sono state definite integralmente.
* Quali sono state definite solo parzialmente, specificando gli importi pagati e quelli ancora dovuti.
* Quali posizioni sono rimaste completamente estranee alla sanatoria.

Questa richiesta è fondamentale per circoscrivere l’esatto perimetro del giudizio residuo e procedere a una decisione consapevole solo sulle questioni ancora aperte.

Le Conclusioni

Questa pronuncia evidenzia un principio cruciale nell’intersezione tra procedure amministrative di sanatoria e contenzioso tributario. La definizione agevolata non è solo uno strumento per regolarizzare i debiti, ma agisce direttamente sul processo in corso, potendo portare alla sua estinzione parziale o totale. La decisione della Corte di Cassazione è un atto di prudenza e di corretta gestione processuale: prima di decidere, è necessario sapere su cosa si deve ancora decidere. Il futuro del ricorso dell’Agenzia dipenderà interamente dalle delucidazioni che essa fornirà in merito all’avvenuta sanatoria da parte dei contribuenti.

Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce a una definizione agevolata?
Il processo può essere sospeso o parzialmente/totalmente estinto per le pretese fiscali coperte dalla sanatoria. Il giudice, prima di proseguire, deve accertare quali pendenze siano state risolte tramite la definizione agevolata per delimitare l’oggetto del contendere residuo.

Perché la Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza interlocutoria invece di una sentenza?
Perché è emerso un fatto nuovo e potenzialmente risolutivo (l’adesione alla definizione agevolata) che impedisce una decisione nel merito del ricorso. La Corte ha bisogno di acquisire informazioni essenziali dall’Agenzia delle Entrate per capire se e in che misura la controversia esista ancora.

Qual era l’oggetto principale della controversia fiscale?
La controversia verteva principalmente sulla legittimità della deduzione, da parte di una società, dei costi relativi a compensi per prestazioni professionali fatturate dal suo stesso socio e legale rappresentante, costi che l’Agenzia delle Entrate riteneva indeducibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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