Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22020 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22020 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17322/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
e
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE AGENZIA DELLE ENTRATE -DIREZIONE PROVINCIALE DI COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che le rappresenta e difende
-resistenti- avverso SENTENZA della CORTE di GIUSTIZIA TRIBUTARIA di SECONDO GRADO della SICILIA n. 402/2023 depositata il 13/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 402 del 2023 depositata in data 13/01/2023, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 974/2018 con il quale la Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta aveva respinto, a sua volta, i ricorsi riuniti e in particolare:
il ricorso (iscritto a R.G. n. 1502/2010) proposto dalla società contribuente contro il ruolo n.250019, partita 83270 del 2010, indicato nella cartella di pagamento n. 292 2010 000563207, asseritamente mai notificata, relativa a debiti d’imposta derivanti dalla liquidazione della dichiarazione presentata con modello unico 2007, per l’anno d’imposta 2006, del complessivo importo di Euro 99.887,49, oltre diritti di notifica, aggi e interessi di mora;
il ricorso (iscritto n. 1074/12) proposto da RAGIONE_SOCIALE contro il provvedimento sub prot. n. 40340 del 20.8.2012 di rigetto della domanda di definizione agevolata della lite fiscale pendente dinanzi alla stessa Commissione, avente R.G.R. n. 1502/2010, avverso il ruolo n. 250019 partita 83270 dell’anno 2010, emesso a seguito della liquidazione della dichiarazione presentata con modello Unico 2007, per l’anno d’imposta 2006 e contenuto nella cartella di pagamento n. 292 2010 000563207.
2. Ai fini del presente giudizio e dell’unico motivo di ricorso proposto dalla società contribuente contro la sentenza della CGT2, occorre evidenziare che quest’ultima, in ordine alla quarta doglianza del contribuente, ha affermato che: « Quanto, infine, alla quarta doglianza, relativa alla richiesta di compensazione delle spese del giudizio di primo grado a seguito della definizione agevolata del carico di ruolo in oggetto, si osserva, anche a prescindere della possibile inammissibilità della richiesta, perché dedotta per la prima volta in questa sede, non essendo stati formulati nessun rilievo né eccezione o deduzione nel giudizio di primo grado in ordine alla richiesta di definizione agevolata del carico di ruolo in oggetto, della quale la società appellante ha fatto menzione per la prima volta solo nella presente sede, si ribadisce che correttamente il primo Giudice ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio stante la sua soccombenza. Nessun rilievo può avere in proposito la sentenza della CTP n. 892/1/2018, intervenuta nel giudizio di impugnazione del diniego di definizione agevolata dell’iscrizione a ruolo e della cartella, pur favorevole per la società appellante, sia perché detta pronuncia è passata in giudicato successivamente alla pronuncia della sentenza oggi appellata, sia perché, in ogni caso, era onere della medesima parte processuale di dedurre, in ordine al suddetto diniego avanti al Giudice di primo grado, ciò che invece non ha fatto, sia perché l’adesione alla rottamazione peraltro comportava la rinuncia ai giudizi pendenti, ciò che la medesima parte invece non ha manifestato, nemmeno in via subordinata, sia, infine, perché è, in ogni caso, mancata, in questa sede, la prova della conclusione del procedimento di definizione agevolata, ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 193/2016, definizione che si configura solo all’esito dell’integrale versamento di quanto dovuto/concordato.»
Contro la sentenza della CGT2 la società contribuente ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’Agenzia delle Entrate non hanno depositato controricorso nei termini di legge, ma solo memoria di costituzione.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è stata denunciata la v iolazione o falsa applicazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. della norma di diritto di cui all’art. 6 d.l. n. 193 del 2016 convertito dalla legge n. 225 del 2016 recante la ‘Definizione agevolata’ relativamente ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016.
1.1. La ricorrente rileva che la norma posta a fondamento del motivo di ricorso prevedeva che, relativamente ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016, i debitori potessero estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, d.P.R. 29/09/1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, d.lgs. 26/02/1999, n. 46, provvedendo al pagamento integrale delle somme di cui alle lettere a) e b), anche dilazionato in rate. Dalla lettura del ricorso emerge che la società contribuente abbia aderito alla definizione agevolata, formulando al concessionario della riscossione, in data 10/02/2017, apposita istanza per tre cartelle di pagamento tra cui quella originata dalla iscrizione a ruolo oggetto di causa, dichiarando, contestualmente, la rinuncia al giudizio tributario pendente.
Il diniego opposto illegittimamente dall’amministrazione finanziaria alla richiesta di definizione agevolata è stato annullato, con sentenza
della Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta n. 892/1/18 del 9/04-31/07/2018, passata in giudicato.
La ricorrente rileva, quindi, che in tema di definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 193 del 2016, la rinuncia al giudizio da parte del contribuente costituisce un’eccezione alla previsione di cui all’art. 391, comma 2, c.p.c. e implica la necessaria compensazione delle spese di lite, posto che la condanna al pagamento di queste ultime contrasterebbe con la “ratio” della definizione agevolata, dissuadendo il contribuente dall’a derire a quest’ultima , considerati gli oneri ulteriori rispetto a quelli contemplati dalla legge. Di conseguenza, anche se l’Amministrazione finanziaria non accetta la rinuncia, deve essere disposta la compensazione delle spese.
La società ricorrente r ileva che l’osservazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la questione relativa alla definizione agevolata non era stata evidenziata nel giudizio di primo grado, ma solo in grado di appello, non è dirimente, in quanto la questione prospettata in quest’ultima sede, afferendo alla cessazione della materia del contendere avrebbe potuto essere dedotta anche dagli enti intimati. In ordine al rilievo secondo cui sarebbe mancata in ogni caso la prova della conclusione del procedimento di definizione agevolata, ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 193 del 2016 definizione che si configura solo all’esito dell’integrale versamento di quanto dovuto -la ricorrente osserva che la definizione del procedimento amministrativo è passata per la via giudiziale (sent. 892/01/18) con conseguente inapplicabilità della previsione in tema di pagamento a scadenze prefissate di cui al predetto art. 6 d.l. n. 193/2016, intervenuta nel termine di prescrizione decennale legato al titolo giudiziale.
Il motivo di ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.
È inammissibile, in quanto si confronta solo parzialmente con la ratio decidendi della sentenza impugnata in ordine al rigetto della richiesta di compensazione delle spese. La CGT2 -mentre ha meramente lambito il profilo processuale censurato dall’odierna ricorrente inerente alla proposizione della questione relativa all’adesione all a definizione agevolata solo nell’ambito del giudizio di appello ha dato rilievo alla circostanza che, al momento in cui è stata pronunciata la sentenza di primo grado che ha condannato la contribuente al pagamento delle spese, non fosse ancora passata in giudicato la sentenza che ha annullato il diniego dell’amministrazione finanziaria sull’istanza di adesione alla definizione agevolata (« detta pronuncia è passata in giudicato successivamente alla pronuncia della sentenza oggi appellata, sia perché, in ogni caso, era onere della medesima parte processuale di dedurre, in ordine al suddetto diniego avanti al Giudice di primo grado, ciò che invece non ha fatto, sia perché l’adesione alla rottamazione peraltro comportava la rinuncia ai giudizi pendenti, ciò che la medesima parte invece non ha manifestato …» ).
Ne consegue che, al momento in cui è stata disposta, dal giudice di prime cure la condanna della contribuente al pagamento delle spese di lite, non si era perfezionata la fattispecie che avrebbe determinato la cessazione della materia del contendere.
Secondo questa Corte in tema di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 del d.l n. 193 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225 del 2016, l’impegno del debitore a rinunciare al giudizio in corso dev’essere seguito, dopo la comunicazione dell’adesione dell’agente della riscossione, dalla presentazione di una rinuncia formale o, comunque, da una richiesta che, ancorché non espressa in forma di rinuncia ma con altre formule, costituisce adempimento del suddetto impegno, alla quale consegue, per diretto disposto
legislativo, l’estinzione del giudizio, senza che sia necessaria, per l’effetto estintivo, una successiva attestazione dell’Ufficio sulla regolarità del pagamento (Cass., 06/11/2024, n. 28602).
Nel caso di specie, al momento della pronuncia di condanna, in assenza dell’adesione dell’agente alla definizione agevolata non solo quest’ultima non poteva considerarsi perfezionata, ma spettava al contribuente portare all’attenzione del giudice di prime cure la presentazione dell’istanza ex art. 6 d.l. 193 cit. , evidenziando, sotto tale aspetto, anche un profilo di infondatezza del motivo di ricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, senza alcuna condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, considerato che la controparte non si è formalmente costituita nei termini mediante il deposito del controricorso.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato p ari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.