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Definizione agevolata: sì per l’atto di pagamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’intimazione di pagamento notificata agli ex soci e all’ex liquidatore di una società estinta costituisce il primo atto impositivo nei loro confronti. Di conseguenza, la controversia che ne deriva è ammissibile alla definizione agevolata. La Corte ha chiarito che, quando un atto è il primo a comunicare la pretesa fiscale al contribuente (in questo caso, i successori della società), esso è impugnabile nel merito e rientra nell’ambito della sanatoria, portando all’estinzione del giudizio pendente.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Anche un’Intimazione di Pagamento può Aprire le Porte alla Pace Fiscale

La definizione agevolata delle liti tributarie rappresenta un’importante opportunità per chiudere i contenziosi con il Fisco. Tuttavia, la sua applicabilità dipende dalla natura dell’atto impugnato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo quando anche una semplice intimazione di pagamento può essere considerata un “atto impositivo” e, di conseguenza, beneficiare della sanatoria. La decisione offre spunti fondamentali per gli ex soci e liquidatori di società estinte che si trovano a dover rispondere di debiti fiscali pregressi.

I Fatti del Caso: La Società Estinta e la Pretesa Fiscale

A seguito della cancellazione di una società a responsabilità limitata dal registro delle imprese, l’Agenzia delle Entrate notificava due distinte intimazioni di pagamento agli ex soci e all’ex liquidatore. La pretesa riguardava maggiori imposte e sanzioni accertate nei confronti della società per annualità precedenti, i cui avvisi di accertamento erano divenuti definitivi. Gli ex soci e il liquidatore, in qualità di successori della società estinta, impugnavano tali intimazioni, sostenendo la loro illegittimità.

Il contenzioso giungeva fino in Corte di Cassazione. Nelle more del giudizio, i contribuenti presentavano domanda di definizione agevolata ai sensi del D.L. n. 119 del 2018. L’Agenzia delle Entrate respingeva le istanze, argomentando che le intimazioni di pagamento non avessero “natura impositiva, ma di mera riscossione” e, pertanto, non rientrassero tra gli atti definibili.

L’Applicabilità della Definizione Agevolata al Primo Atto

Il nodo cruciale della controversia era stabilire se un’intimazione di pagamento, notificata ai successori di una società estinta, potesse essere qualificata come atto impositivo ai fini della definizione agevolata. Secondo la tesi del Fisco, l’intimazione è un mero atto della riscossione, che presuppone una pretesa già consolidata. Per i contribuenti, invece, quell’atto rappresentava la prima e unica comunicazione della pretesa fiscale nei loro confronti, rendendola di fatto un atto impositivo.

La Corte di Cassazione, accogliendo la tesi dei contribuenti, ha ribadito un principio fondamentale già sancito dalle Sezioni Unite: una controversia tributaria è suscettibile di definizione agevolata ogni volta che l’atto impugnato costituisca il primo e unico mezzo con cui l’Amministrazione Finanziaria comunica la pretesa impositiva al contribuente. In questi casi, l’atto, a prescindere dal suo nome formale (cartella, intimazione, ecc.), può essere contestato non solo per vizi propri, ma anche per il merito della pretesa. Questa possibilità di difesa nel merito gli conferisce la natura sostanziale di atto impositivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto prioritario esaminare il ricorso relativo al diniego della definizione agevolata, poiché il suo accoglimento avrebbe determinato l’estinzione dell’intero giudizio. I giudici hanno osservato che le intimazioni di pagamento rappresentavano indiscutibilmente i primi atti con cui gli ex soci e l’ex liquidatore erano stati messi a conoscenza delle pretese fiscali vantate nei confronti della società cessata.

Facendo leva sull’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 18298/2021), la Corte ha affermato che quando un atto, seppur formalmente esattoriale, è il primo a portare a conoscenza del destinatario la pretesa fiscale, esso diventa impugnabile per motivi di merito. Di conseguenza, la controversia che ne scaturisce ha per oggetto un “atto impositivo” e rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione della definizione agevolata. Poiché nel caso di specie sussistevano tutte le altre condizioni previste dalla legge (pendenza del giudizio, versamento delle somme dovute, etc.), i ricorsi dei contribuenti sono stati accolti.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi proposti dai contribuenti contro i provvedimenti di diniego della definizione agevolata e, di conseguenza, ha dichiarato l’estinzione dei giudizi riuniti. Questa pronuncia consolida un principio di garanzia per il contribuente: la natura di un atto fiscale non dipende solo dal suo nomen iuris, ma dalla sua funzione sostanziale nel rapporto tributario. Per gli ex soci, liquidatori o eredi che ricevono per la prima volta un’intimazione di pagamento per debiti di un soggetto estinto, questa decisione conferma la possibilità di accedere agli strumenti di pace fiscale, a condizione che quell’atto sia il primo veicolo di conoscenza della pretesa. La sentenza assorbe i motivi di ricorso originari dell’Agenzia, chiudendo definitivamente un lungo contenzioso.

Un’intimazione di pagamento può rientrare nella definizione agevolata delle liti?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un’intimazione di pagamento può rientrare nella definizione agevolata quando costituisce il primo e unico atto con cui l’Amministrazione Finanziaria comunica la pretesa fiscale al contribuente, perché in tal caso assume natura di atto impositivo.

Gli ex soci di una società estinta possono accedere alla definizione agevolata per debiti della società?
Sì, gli ex soci, in qualità di successori, possono accedere alla definizione agevolata se l’atto con cui viene loro comunicato per la prima volta il debito della società estinta (come un’intimazione di pagamento) è l’oggetto della controversia pendente.

Cosa succede al processo se la domanda di definizione agevolata viene accolta dalla Corte?
Se la Corte riconosce il diritto del contribuente alla definizione agevolata e accerta che la procedura si è perfezionata, dichiara l’estinzione del giudizio. Questo comporta l’assorbimento di tutti gli altri motivi di ricorso e la chiusura definitiva della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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