Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15130 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 401/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio della prof. avv. NOME COGNOME dalla quale è rappresentata e difesa
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 6843/47/2016 depositata il 14 luglio 2016
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE, incorporante la RAGIONE_SOCIALE
s.p.a., una cartella esattoriale recante l’intimazione di pagamento di un importo pari ai due terzi delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia di IVA irrogate a quest’ultima dalla Direzione Regionale della Campania dell’Agenzia delle Entrate -Ufficio Grandi Contribuenti con atto di contestazione TEBCOT100040/2012.
Tali sanzioni avevano formato oggetto di definizione agevolata ai sensi dell’art. 16, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
Con il menzionato atto di contestazione era stata comminata alla stessa Ericsson s.p.a. anche altra sanzione per l’omesso versamento di ritenute, a norma dell’art. 13, comma 1, del D. Lgs. n. 471 del 1997.
La società intimata impugnava l’anzidetta cartella di pagamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la quale, in accoglimento del suo ricorso, annullava l’atto esattivo, rilevando che in modo del tutto legittimo la contribuente aveva definito la controversia relativa alle sole sanzioni in materia di IVA mediante il versamento di un importo pari a un terzo di quanto dovuto a tale titolo e che, conseguentemente, risultava priva di fondamento giuridico la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria di incamerare anche i residui due terzi delle sanzioni in discorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che con sentenza n. 6843/47/2016 del 14 luglio 2016 rigettava l’appello erariale.
I giudici di secondo grado ribadivano che nulla impediva alla contribuente di definire anche solo parzialmente le sanzioni ad essa contestate, in mancanza di un’espressa previsione normativa che imponga l’integralità dell’adesione alla procedura agevolata, soggiungendo che le sanzioni per omesso o ritardato versamento dei tributi non sarebbero state comunque suscettibili di definizione, giusta il disposto dell’art. 17, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.. Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 16, comma 3, e 17, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
1.1 Viene rimproverato alla CTR di aver erroneamente ritenuto ammissibile la definizione agevolata di una parte delle sanzioni irrogate alla RAGIONE_SOCIALE con l’atto di contestazione innanzi indicato.
1.2 Si sostiene, in contrario, che la disciplina normativa di riferimento impone al contribuente interessato a di .
1.3 Il ricorso è in parte infondato, in parte inammissibile.
1.4 Dopo aver posto in evidenza che in materia di sanzioni amministrative tributarie «non esiste una norma (analoga a quella contenuta nell’art. 5 -bis del DLgs. n. 218/97 in tema di adesione ai processi verbali di constatazione) che impone l’integralità dell’adesione» , la CTR campana ha osservato che nella fattispecie di causa la definizione agevolata non poteva comunque riguardare tutte le sanzioni irrogate alla contribuente, in quanto: – ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997, in nessun caso detta definizione si applica alle sanzioni per omesso o ritardato
versamento dei tributi; – la RAGIONE_SOCIALE era stata sanzionata anche per l’omesso versamento di ritenute.
1.4 La prima delle surriferite «rationes decidendi» , di per sé sola sufficiente a sorreggere l’impugnata pronuncia, si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha avuto modo di precisare che, «in materia di violazioni di norme tributarie, ai sensi dell’ art. 17, comma 2, del d. lgs. n. 472 del 1997, nel testo vigente “ratione temporis”, il contribuente ha la facoltà di addivenire alla definizione agevolata del rapporto sanzionatorio anche parzialmente e con riferimento solo ad alcune delle sanzioni irrogate con lo stesso provvedimento, non essendo obbligato a definire necessariamente anche quelle sanzioni per le quali ritiene illegittimo l’atto impositivo ed impugnabile innanzi al giudice tributario» (cfr. Cass. n. 26061/2015).
1.5 Sotto questo aspetto, quindi, la doglianza in scrutinio si appalesa priva di fondamento.
1.6 A prescindere dalle considerazioni sopra esposte, i giudici regionali non hanno mancato di sottolineare che nella vicenda di causa erano state definite tutte le sanzioni per le quali risultava possibile avvalersi della procedura prevista dall’art. 17, comma 2, del citato decreto legislativo.
1.7 Tale autonoma argomentazione, anch’essa in grado di sostenere «ex se» il «decisum» , non è stata specificamente attaccata dall’Agenzia delle Entrate, limitatasi a contestare l’astratta possibilità per il contribuente di addivenire a una definizione parziale delle sanzioni, sull’apodittico assunto che , senza adeguatamente confrontarsi con i rilievi svolti dai giudici «a quibus» in riferimento alla concreta situazione oggetto di controversia.
1 .7 In assenza di un’apposita censura investente detto punto della motivazione, l’esperito gravame appare, in questa diversa
prospettiva, inammissibile.
1.8 Soccorre, in proposito, il consolidato insegnamento di legittimità secondo cui, quando la sentenza di merito impugnata in sede di legittimità si fonda su più ragioni decisorie autonome, nel senso che ognuna di loro è da sola sufficiente a sorreggere il «dictum» adottato, affinché possa giungersi alla sua cassazione è indispensabile che il soccombente le contesti tutte quante in modo specifico.
1.9 L’omessa impugnazione di una delle suddette «rationes decidendi» rende prive di interesse le censure relative alle altre, giacchè il loro eventuale accoglimento in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non sottoposta a critica (cfr. Cass. n. 18403/2023, Cass. n. 17256/2022, Cass. n. 22914/2018, Cass. n. 18641/2017).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, essendo applicabile all’Agenzia fiscale delle Entrate in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R., prevedente la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 8.000 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione