Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25560 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Diniego di condono- cartella di pagamento
ex art. 36bis del d.P.R. n. 600/73
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25560 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
del ruolo generale dell’anno 2015, proposto
Sul ricorso iscritto al numero 14951 Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo difensore in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 2023/31/2014, depositata in data 5 dicembre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 75/08/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Treviso che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso il diniego di definizione agevolata di lite fiscale pendente, ex art. 39, comma 12, della legge n. 98/2011, avente ad oggetto una cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 con la quale l’Ufficio aveva disconosciuto un credito di imposta indicato dalla società nella dichiarazione del 2003 (per l’anno 2002) , per omessa presentazione della dichiarazione relativa alla precedente annualità.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR- confermando la sentenza di primo grado- ha ritenuto che la cartella di pagamento ex art. 36bis cit. non rientrasse tra gli atti definibili ex art.39, comma 12, della legge n. 98 del 2011 in quanto l’Ufficio ‘aveva esercitato una potestà riconducibile alla sola liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte essendosi limitato a recuperare un credito inesistente sulla base di una dichiarazione omessa e quindi non aveva rideterminato o quantificato l’obbligazione tributaria … ma si era limitato a riscuotere il dovuto’.
3.Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
All’udienza del 27.06.2016, la Sesta sezione civile -T, non ravvisando i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c. rinviava la causa a nuovo ruolo per la fissazione in P.U. dinanzi alla V sezione tributaria.
CONSIDERATO CHE
1.Con i primi due motivi, formulati in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., si deducono -rispettivamente -la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 16 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 in relazione all’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011’ nonché ‘la violazione e falsa applicazione dell’art. 36bis del DPR n. 600/73, art. 39, comma 12, della legge n. 98/11 e art. 54bis del DPR n. 633 del 1972’ per avere la CTR erroneamente ritenuto che la cartella di pagamento , oggetto della istanza di definizione della lite fiscale pendente, emessa a seguito di un controllo automatizzato sulla dichiarazione dei redditi, non rientrava tra gli atti definibili ex art.39, comma 12, cit. in quanto l’Ufficio ‘aveva esercitato una potestà riconducibile alla sola liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte essendosi limitato a recuperare un credito inesistente sulla base di una dichiarazione omessa e quindi non aveva rideterminato o quantificato l’obbligazio ne tributaria .. ma si era limitato a riscuotere il dovuto’. Al contrario, ad avviso della ricorren te, si sarebbe trattato di un vero e proprio ‘atto impositivo’ ‘espressamente criticato sia in termini di an che di quantum ‘ dalla contribuente in quanto recante il disconoscimento di un credito sulla base di un’attività di controllo, non già di mera liquidazione e riscossione.
2.Con il terzo motivo, intestato ‘ art. 360, comma 4, c.p.c. per inesistente o solo apparente motivazione ‘ , si denuncia sostanzialmente l’errone a conferma da parte della CTR della legittimità del diniego di definizione agevolata, ex art. 39, comma 12, cit. della lite fiscale pendente avente ad oggetto una cartella di pagamento ex art. 36 bis cit. in quanto trattavasi di ‘esercizio di una potestà riconducibile alla sola liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte’ sebbene tale operato dell’Amministrazione violasse la ratio sottesa alla scelta del legislatore- come chiaramente espresso dall’art. 39, comma 12, cit -di ‘ di ridurre il numero RAGIONE_SOCIALE pendenze giudiziarie ‘.
I primi due motivi -da trattare congiuntamente per connessione- sono fondati con assorbimento del terzo.
4. Nel caso di specie è in contestazione la natura o meno di ‘ atto impositivo ‘ della cartella di pagamento emessa, ex art. 36bis, ai fini Irap e Iva, relativamente al 2002, nei confronti della società (per disconoscimento di un credito di imposta esposto nella dichiarazione del 2003), la cui legittimità era stata statuita dalla CTP di Treviso, con sentenza n. 10/9/09 confermata dalla CTR del Veneto con sentenza n. 38/22/2011, depositata in data 15.2.2011 (v. ricorso pag. 2) non ancora definitiva al momento della presentazione dell’istanza di definizione agevolata in data 10 gennaio 2012 (v. ricorso pag. 2 e pag. 5 del controricorso) ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011 facente rinvio alle disposizioni di cui alla legge n. 289 del 2002 art. 16.
5. Invero le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 18298 del 25 giugno 2021, hanno affermato il seguente principio « In tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva.». La motivazione di tale arresto prende espressamente ed ampiamente in considerazione la medesima questione anche con riferimento alla fattispecie normativa qui in esame, rilevando innanzitutto «come l’art. 6, comma 1, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136/2018 – laddove stabilisce che «e controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’RAGIONE_SOCIALE, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al
valore della controversia», stabilito ai sensi dell’art. 12, comma 2, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – si ponga, in termini di sostanziale continuità con le precedenti disposizioni di cui: all’art. 2 – quinquies del d.l. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 novembre 1994, n. 656; all’art. 16 della l. 27 dicembre 2002, n. 289; all’art. 39, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla I. 15 luglio 2011, n. 111.». Viene poi dato atto che «Tra le precedenti disposizioni, in particolare, pare utile ricordare il contenuto dell’art. 16, terzo comma, della l. n. 289/2002, al quale il c.d. minicondono del 2011 per le liti di valore fino a ventimila euro ha, salvo alcune specificazioni, fatto rinvio, trattandosi della norma in relazione alla quale si è, per lo più, affermato l’indirizzo in esame. L’art. 16 della I. n. 289/2002, per quanto qui d’interesse, stabilisce, al terzo comma, che per lite fiscale pendente, in relazione al disposto del primo comma della stessa norma, s’intende quella in cui è parte l’amministrazione finanziaria dello Stato avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali, alla data di entrata in vigore di detta legge, è stato proposto l’atto introduttivo del giudizio. Nella vigenza del condono previsto dalla I. n. 289/2002, si è andato affermando l’indirizzo secondo cui «in tema di condono fiscale, l’art. 16 della I. n. 289/2002, consentendo la definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE sole liti aventi ad oggetto un atto impositivo comunque denominato, non si applica alle controversie riguardanti la cartella, emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con cui l’Amministrazione richiede il pagamento di versamenti omessi e RAGIONE_SOCIALE conseguenti sanzioni, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell’omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione» (cfr, tra le molte, Cass., sez. 5, 21 aprile 2011, n. 9194; Cass., sez. 5, ord. 24 maggio 2012, n. 9894; Cass., sez. 5, 11 aprile 2014, n. 8529; Cass., sez. 5, 28 gennaio 2015, n. 1571; Cass., sez. 6-5, ord. 2 novembre 2018, n. 28064, nonché Cass., sez. 5, 12 luglio 2013, n. 17252; Cass. sez. 5, 13 aprile 2016, n. 7279; Cass. sez. 6-5,
ord. 8 giugno 2017, n. 14344; Cass. sez. 5, ord. 21 gennaio 2021, n. 1231, queste ultime in fattispecie relative all’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011).». Si aggiunge inoltre che « I documenti di prassi dell’RAGIONE_SOCIALE secondo le diverse discipline in tema di condono sopra menzionate (da ultimo, riguardo all’art. 6 del d.l. n. 119/2018, si veda la circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 6/E del primo aprile 2019), riflettono l’orientamento sopra esposto. Ad esso si contrappone il div erso indirizzo che ritiene che il giudizio relativo all’impugnazione di cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 possa formare oggetto di definizione agevolata se ed in quanto la cartella costituisca il primo atto con il quale il contribuente è messo a conoscenza dell’esistenza di una pretesa fiscale nei suoi confronti, trovando espressione il più RAGIONE_SOCIALE volte la massima in cui esso è esposto, con riferimento alle norme di cui all’art. 16 della I. n. 289/2002 o all’art. 39, comma 12, del d.l. n.98/2011 che alla prima, come si è detto, rinvia. Si è, dunque, affermato che «n tema di condono fiscale, rientrano nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. in I. n. 111 del 2011, le controversie relative a cartella esattoriale emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non preceduta da precedente atto di accertamento, la quale, come tale, è impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, trattandosi del primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente» (in tal senso, tra le molte, più di recente, Cass., sez. 5, 27 settembre 2018, n. 23269; Cass., sez. 5, ord. 12 dicembre 2018, n. 32132; Cass. sez. 5, ord. 17 gennaio 2019, n. 1158; Cass., sez. 5, ord. 8 febbraio 2019,n. 3759; Cass., sez. 5, ord. Cass., sez. 5, ord. 24 settembre 2020, n. 20058; Cass., sez. 5, ord. 7 dicembre 2020, n. 27975, nonché, in precedenza, in relazione all’art. 16 della I. n. 289/2002, tra le altre, Cass., sez. 5, 20 marzo 2006, n. 6186; Cass., sez. 5, 2 luglio 2009, n. 15548; Cass., sez. 5, 16 aprile 2010, n. 16075; Cass., sez. 5, 7 luglio 2010, n. 16075). Da ultimo, con specifico riferimento alla definizione agevolata, ex art. 6, del d.l. n. 119/2018, Cass., sez. 5, ord. 26 gennaio 2021, n. 1590, ha ribadito come l’impugnazione della cartella di pagamento, con cui
l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine ‘ad una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell’art. 6 del d.l. 119/2018, in quanto detta cartella, essendo l’unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha , quindi, natura di atto impositivo’. Nel prosieguo della motivazione della medesima decisione RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, per le ragioni ivi ampiamente confermate, viene quindi confermato quest’ultimo orientamento, con la formulazione del già citato principio di diritto. La cui portata può estendersi anche al caso sub iudice , sia per la rilevata sostanziale continuità normativa, sul punto, dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002 e dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, che al primo rinvia, con l’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 sia per il diretto e ripetuto riferimento RAGIONE_SOCIALE argomentazioni esposte dalle Sezioni Unite, ai fini dell’illustrazione e della risoluzione del conflitto giurisprudenziale in materia, proprio ai contrapposti orientamenti aventi ad oggetto la disciplina dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, oltre che dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002, cui il primo rinvia (Sez. 5, Ordinanza n. 2901 del 2024).
6.In ragione del richiamato principio di diritto, la cartella oggetto del giudizio (principale) emessa a seguito di controllo automatizzato, ai sensi dell’art. 36bis del d.P.R. n. 600/73, costituendo il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è stata comunicata, va valutata alla stregua di ‘ atto impositivo ‘ , sicché la controversia proposta dalla contribuente, per contestarne la legittimità, in riferimento a motivi attinenti al fondamento della pretesa, era definibile in base all’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011.
7.In conclusione, vanno accolti i primi due motivi, assorbito il terzo con cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c., con accoglimento del ricorso originario avverso il provvedimento di diniego della
definizione agevolata. Con la conseguenza, rispetto al giudizio principale di impugnativa della cartella, che deve ritenersi perfezionata la definizione agevolata ex art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011 con conseguente estinzione dello stesso .
8.Le spese processuali, attesa la definizione agevolata della controversia (v. in tal senso Cass. sez. 5, sentenza n. 32995 del 2022) e il consolidamento della giurisprudenza in materia successivamente alla proposizione del ricorso, vanno interamente compensate fra le parti.
P.Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c., accoglie il ricorso originario avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata e dichiara estinto il giudizio principale per adesione della società contribuente alla definizione agevolata; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2024