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Definizione agevolata: sì alla cartella ex art. 36-bis

Una società si è vista negare la definizione agevolata per una lite su una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato, con cui l’Agenzia delle Entrate disconosceva un credito d’imposta. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, stabilendo che quando la cartella è il primo atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, essa ha natura di atto impositivo. Di conseguenza, la controversia che ne deriva rientra a pieno titolo tra quelle che possono beneficiare della definizione agevolata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata anche per le cartelle da controllo automatizzato

Con l’ordinanza n. 25560/2024, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale in materia di definizione agevolata delle liti fiscali. La Suprema Corte ha chiarito che anche una controversia nata dall’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa a seguito di un controllo automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. 600/73, può essere oggetto di condono, a patto che tale cartella costituisca il primo atto con cui la pretesa fiscale viene portata a conoscenza del contribuente.

I fatti del caso

Una società si vedeva recapitare una cartella di pagamento con la quale l’Agenzia delle Entrate disconosceva un credito d’imposta indicato nella dichiarazione del 2003 (per l’anno 2002), a causa della mancata presentazione della dichiarazione relativa all’annualità precedente. La società impugnava la cartella, dando inizio a una lite fiscale. Durante la pendenza del giudizio, la contribuente presentava istanza di definizione agevolata ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011. L’Agenzia delle Entrate respingeva l’istanza, sostenendo che la cartella in questione non fosse un atto definibile, in quanto derivante da una mera attività di liquidazione e recupero di un credito inesistente, e non da un vero e proprio accertamento.

La questione della natura della cartella di pagamento

Il cuore della controversia risiedeva nella qualificazione giuridica della cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis. Secondo la Commissione Tributaria Regionale, tale atto non rientrava tra quelli definibili perché l’Ufficio si era limitato a “riscuotere il dovuto” senza “rideterminare o quantificare l’obbligazione tributaria”. Si trattava, secondo i giudici di merito, di un atto di mera liquidazione, escluso dall’ambito della definizione agevolata.

La società ricorrente, invece, sosteneva che la cartella avesse la sostanza di un vero e proprio “atto impositivo”, poiché non si limitava a liquidare un’imposta dichiarata, ma disconosceva un credito sulla base di un’attività di controllo. Essendo il primo atto che portava la pretesa a conoscenza del contribuente, questo era impugnabile non solo per vizi propri, ma anche nel merito, configurando così una controversia suscettibile di essere definita in via agevolata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le ragioni della società, cassando la sentenza impugnata. I giudici hanno richiamato il principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18298 del 2021. Secondo questo orientamento consolidato, anche un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di una cartella emessa in sede di controllo automatizzato può essere definito in via agevolata.

La condizione fondamentale è che la cartella costituisca “il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente”. In tal caso, la cartella assume la natura di atto impositivo, poiché il contribuente può contestarne non solo i vizi formali, ma anche e soprattutto il merito della pretesa stessa. La Corte ha sottolineato che questa interpretazione garantisce il diritto di difesa del contribuente e si pone in linea di continuità con le varie normative sulla definizione agevolata succedutesi nel tempo, tutte volte a ridurre il contenzioso tributario.

Conclusioni

L’ordinanza n. 25560/2024 consolida un importante principio a favore del contribuente. Viene definitivamente chiarito che una cartella di pagamento, sebbene emessa a seguito di controlli automatici, assume la funzione e la natura di un atto impositivo quando rappresenta il primo momento di contatto tra il Fisco e il cittadino riguardo a una specifica pretesa. Di conseguenza, la lite che ne scaturisce è a tutti gli effetti definibile attraverso gli strumenti di condono previsti dalla legge. Questa decisione non solo offre una via d’uscita per molte controversie pendenti, ma rafforza anche la tutela del contribuente, garantendogli la possibilità di contestare nel merito la pretesa fiscale sin dal suo primo manifestarsi.

Una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato (art. 36-bis) può essere oggetto di definizione agevolata?
Sì, può esserlo. La Corte di Cassazione ha stabilito che, qualora la cartella di pagamento sia il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, essa acquista la natura di “atto impositivo” e la relativa controversia può essere definita in via agevolata.

Qual è il principio di diritto fondamentale richiamato dalla Corte?
La Corte si è basata sul principio affermato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 18298/2021), secondo cui una controversia relativa a una cartella da controllo automatizzato è suscettibile di definizione agevolata se tale cartella è il primo atto impugnabile, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva.

Perché in questo caso la cartella è stata considerata un “atto impositivo” e non di mera liquidazione?
Perché non si limitava a calcolare le imposte sui dati forniti dal contribuente, ma disconosceva un credito d’imposta a seguito di un’attività di controllo dell’Amministrazione. Essendo il primo atto che rendeva nota tale pretesa, dava origine a una controversia sul fondamento stesso del debito tributario, tipica di un atto impositivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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