Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24675 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24675 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 22115/2018 R.G. proposti da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ex lege;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al controricorso, p.e.c. EMAIL
-controricorrente – nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
-controricorrente e ricorrente in via incidentale -CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
Cartella di pagamento ex art. 36 bis d.p.r. 600/73 -definizione agevolata ex art. 6 del d.l. 119/2018
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 252/22/2018 depositata in data 11.01.2018, non notificata nonché sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, p.e.c. ;
– ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t.
– intimata
–
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t.
– intimata – contro il provvedimento di diniego di definizione agevolata notificato in data 8/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale dell’1.7.2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE :
La CTR della Campania, in accoglimento dell’appello della RAGIONE_SOCIALE, annullava la cartella di pagamento notificatale dalla Equitalia, in qualità di conferitaria di ramo d’azienda della RAGIONE_SOCIALE
Contro tale decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione depositava controricorso con il quale aderiva al ricorso dell’Agenzia delle Entrate e proponeva ricorso incidentale, cui resisteva la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La società RAGIONE_SOCIALE, in data 21 maggio 2019, presentava domanda di definizione della lite, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119
del 2018 convertito dalla l. n. 136 del 2018 e versava la prima rata dell’importo a tal fine dovuto.
L’Agenzia delle Entrate opponeva il diniego alla predetta domanda con la motivazione che la cartella di pagamento era stata emessa a seguito di iscrizione a ruolo di somme risultate dovute in base a controllo ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973.
La società proponeva successivo ricorso contro il diniego di definizione agevolata.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate riscossione rimanevano intimate.
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale del primo luglio 2025.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2560 c.c. e 14 del decreto legislativo n. 472/1997.
Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000 per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto l’atto impugnato nullo per difetto di motivazione.
Con il terzo ed ultimo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2560, comma 1, c.c., per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto la non inerenza del debito tributario al ramo d’azienda ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE, pur in presenza di indici sintomatici in tal senso e tenendo invece conto di circostanze non probanti.
Con il ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate Riscossione lamenta che la C.T.R. non abbia dichiarato improcedibile il giudizio per avere la RAGIONE_SOCIALE presentato istanza di adesione alla definizione agevolata ex art. 6 D.L. 193/2016, convertito in L.
225/2016 nel corso della fase di gravame. Lamenta altresì la violazione e falsa applicazione dell’art. 2560 c.c. e dell’art. 14 del decreto legislativo n. 472/1997, per avere erroneamente la C.T.R. ritenuto la norma di cui all’art. 14 cit. speciale ed applicabile in via esclusiva alla fattispecie esaminata.
Contro il diniego di definizione agevolata la società deduce la violazione dell’art. 6, comma 1, d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018.
Premesso che l’istanza di adesione alla precedente definizione agevolata ex art. 6 del d.l. 193/2016 non è stata coltivata, con conseguente decadenza dall’agevolazione, occorre esaminare prioritariamente il ricorso, tempestivamente proposto, contro il diniego di condono ex d.l. 119/2018, che questa Corte reputa fondato.
Il diniego risulta infatti motivato in base alla considerazione che la cartella oggetto di lite, emessa nei confronti del cessionario di azienda, responsabile in solido del debitore cedente, sia atto di riscossione e quindi non impugnabile. Sul punto, per analoga vicenda tra le medesime parti, questa Corte ha già affermato il principio di diritto per cui <> (Cass. n. 28310/2024, Cass. 14/09/2022, n. 27094; analogamente, sempre tra le stesse parti, Cass. 8/09/2022, n. 26426).
Tale orientamento è pienamente in linea con il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, ai fini della
definizione agevolata, l’individuazione dell’atto impositivo deve essere centrata non sulla sussistenza o insussistenza di un margine di discrezionalità da parte dell’Amministrazione nella determinazione della pretesa impositiva, bensì sulla circostanza che si tratti o meno di atto con il quale il contribuente è reso edotto della pretesa fatta valere dall’Amministrazione nei suoi confronti (Cass., Sez. U., 25/06/2021, n. 18298). In altri termini l’atto impositivo è quello che «impone» per la prima volta al contribuente una prestazione determinata nell’an e nel quantum (Cass., Sez. U., cit. in particolare punto 6.1. della motivazione), a condizione che le contestazioni sollevate non riguardino esclusivamente vizi propri della cartella, ma investano solo o anche la fondatezza della pretesa impositiva.
Nel caso di specie, la società RAGIONE_SOCIALE ha contestato, fra l’altro, la sussistenza della propria responsabilità solidale ex art. 2560, comma 2, c.c., opponendo che le imposte dichiarate e non versate dalla società RAGIONE_SOCIALE non inerivano al ramo d’azienda ceduto da quest’ultima alla prima e dunque il merito della pretesa tributaria.
Vertendosi pertanto in tema di atto definibile, il ricorso contro il diniego di condono va accolto; di conseguenza non essendovi altre contestazioni sul punto, avendo la società prodotto la domanda di definizione agevolata e la prova del pagamento della prima rata, il giudizio può essere dichiarato estinto.
Le spese di tale giudizio, ai sensi del d.l. 119 del 2018, art. 6, comma 13, restano a carico della parte che le ha anticipate.
Le spese del ricorso avverso il diniego vanno compensate in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale e del recente intervento delle Sezioni Unite.
In ragione della definizione agevolata della controversia, non si r avvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. doppio contributo unificato, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di
rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso contro il diniego di definizione agevolata ex art. 6 del d.l. 119/2018 e dichiara estinto il giudizio; compensa le spese.
Così deciso in Roma, il primo luglio 2025.