Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32070 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32070 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
Fondo previdenzarimborso- recuperodefinizione agevolata diniego
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 5778/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-ricorrente – contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME e lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4544/2017, depositata il 19/07/2017;
nonché
sul ricorso successivo proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende,
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente -Avverso diniego di definizione agevolata notificato il 22 giugno 2020 nonché
sul ricorso successivo proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende,
-ricorrente -Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
–
-controricorrente Avverso diniego di definizione agevolata notificato il 2 febbraio 2024
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Il ricorso avverso la sentenza n. 4544 del 2017 della C.t.r. di Roma .
1.1. NOME COGNOME , dirigente in quiescenza dell’Enel s.p.a., già iscritto al Fondo pensione denominato PIA (Previdenza Integrativa
Aziendale) e successivamente RAGIONE_SOCIALE, cui venivano trasferiti ai fondi a partire dal 1998, aveva avanzato istanza di rimborso Irpef della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta pari al 33,45 per cento sulle somme erogate e quanto dovuto per effetto dell’applicazione dell’aliquota del 12,5 per cento, prevista per i redditi di capitale dall’art. 42, comma 4, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e dell’art. 6, della legg e 26 settembre 1985, n. 482 e formatosi il silenziorifiuto aveva impugnato il diniego.
1.2. Il giudizio introdotto dal medesimo veniva definito dalle Sezioni Unite della Corte con la sentenza n. 13669 del 2011 che accoglieva parzialmente il ricorso originario del contribuente «dichiarando il diritto di quest’ultimo al rimborso per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% alle sole somme liquidate per il rendimento».
1.3. A seguito di formale atto di intimazione e messa in mora, da parte del contrbuente che chiedeva il rimborso della somma di euro 115.94,14 oltre interessi in ragione di quanto statuito dalle Sezioni Unite, l’Agenzia delle entrate provvedeva all’accredito di quanto preteso.
1.4. Successivamente, tuttavia, provvedeva al recupero di quanto pagato mediante iscrizione a ruolo ex art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e in data 5 giugno 2013 notificava la contribuente la pedissequa cartella.
1.5. Avverso detta cartella il ricorrente spiegava ricorso innanzi alla C.t.p. di Roma che lo accoglieva ed annullava la cartella.
La C.t.r., pronunciandosi sull’appello dell’Agenzia delle entrate , lo dichiarava inammissibile con la sentenza di cui all’epigrafe . Il giudice dell’appello rilevava che la sentenza di primo grado aveva accolto il ricorso sulla scorta di due rationes decidendi , ovvero l’assenza di
motivazione della cartella e la violazione del giudicato; che, tuttavia, l’Ufficio aveva censurato solo quest’ultima.
1.6. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate ed il contribuente resiste a mezzo controricorso.
2. Il ricorso avverso il primo diniego di definizione della lite.
2.1. In pendenza del giudizio in cassazione avverso la sentenza della C.t.r. in epigrafe il contribuente, in data 1 giugno 2019, trasmetteva domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018, optando per la rateizzazione della somma
Con ordinanza interlocutoria n. 23163 depositata il 17 settembre 2019 questa Corte disponeva la sospensione del processo ex art. 6, comma 10, d.l. n. 119 del 2018.
2.2. L ‘Agenzia delle entrate comunicava il diniego della definizione agevolata. Evidenziava che la cartella di pagamento impugnata non era un atto impositivo ma un mero atto di riscossione delle somme indebitamente rimborsate sicché il relativo giudizio non rientrava tra le controversie definibili ex art. 6 cit.
2.3. Avverso detto atto di diniego propone ricorso il contribuente e l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
2.4. Con ordinanza interlocutoria n. 9427 del 23 marzo 2022 la sezione sesta della Corte rimetteva la causa alla pubblica udienza della sezione quinta.
3 . Il ricorso avverso il secondo diniego di definizione della lite.
3.1. Nelle more del giudizio il contribuente ha presentato ulteriore domanda di definizione delle liti pendenti ex art. 1, commi da 186 a 203, della Legge n. 197 del 2022, ed ha chiesto l’estinzione del giudizio .
3.2. Con decreto Presidenziale n. 2808 del 29 gennaio 2024 il giudizio è stato dichiarato estinto – in quanto relativo ad atto impositivo contemplato nell’elenco trasmesso dall’Agenzia delle Entrate in
osservanza dell’art. 40, comma 3, del d.l. n. 13 del 2023 -fatta salva la possibilità per le parti di chiedere la fissazione dell’udienza ai sensi del terzo comma dell’art. 391 cod. proc. civ;
L’Agenzia delle entrate con atto notificato il 2 febbraio 2024 comunicava il diniego della definizione agevolata per le medesime ragioni già spese nel primo diniego e successivamente ha chiesto la revoca del decreto di estinzione in quanto erroneo.
In pendenza di giudizio il contribuente ha chiesto la rimessione del ricorso alla Sezioni Unite in merito alla questione, ritenuta di rilevante importanza, in merito alla legittimità del diniego di definizione agevolata di una lite avente ad oggetto una cartella emessa per la restituzione di tributi precedentemente rimborsati.
Con decreto del Presidente Aggiunto del 19 giugno 2024 l’istanza è stata rigettata con rimessione alla sezione tributaria, ricorrendo, se del caso ad udienza pubblica.
Successivamente il contribuente ha depositato istanza di trattazione in pubblica udienza.
Considerato che:
1 Con il ricorso avverso la sentenza della C.t.r. di cui all’epigrafe l’Agenzia delle entrate propone un unico motivo in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n . 546.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’appello fosse limitato alla dedotta violazione del giudicato ed evidenzia che il medesimo investiva anche la questione della motivazione della cartella. Premesso che l’atto di appello ben p uò riproporre le argomentazioni già svolte in primo grado ove funzionali a supportare le censure avverso specifici passaggi argomentativi, evidenzia che a pag. 4 dell’atto di appello aveva riproposto la questione relativa alla motivazione della cartella.
Aggiunge che è «assai dubbio» che il giudice del primo grado abbia accolto il ricorso del contribuente ed annullato la cartella per vizio di motivazione della stessa e non, piuttosto, per ragioni di merito.
Espone , infine, che a pag. 15 dell’appello aveva evidenziato come lo stesso contribuente avesse ammesso che il calcolo in base al quale era stata emessa la cartella era avvenuto in ragione della sua quantificazione e che le ragioni giuridiche del recupero erano chiaramente esplicitate attraverso il richiamo alla sentenza n. 13669 del 2011 ed erano state perfettamente intese.
Con il ricorso avverso il diniego di definizione della lite il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018.
Rileva che questa Corte ha ritenuto definibile la lite avente ad oggetto la cartella di pagamento emessa ex art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1978 ed ha espresso principio di diritto sovrapponibile per analogia alla fattispecie in esame e richiama e più recenti pronunzie rese sul punto da questa Corte (ed in particolare la sentenza Sez. U. n. 18298/2021), ove è affermato che anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione, qualora tale cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva.
Con il ricorso avverso il secondo provvedimento di diniego il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 186, legge n. 197 del 2022 evidenziando che la disposizione,
per come formulata, consentirebbe la definizione, non soltanto delle controversie instaurate avverso atti di natura impositiva quali gli avvisi di accertamento e gli atti di irrogazione di sanzioni ma anche di quelle inerenti atti meramente riscossivi ‘.
Rilevato che le questioni prospettate dal contribuente presentano profili di novità in ragione della procedura di definizione agevolata di cui alla legge n. 197 del 2022 che rendono opportuna la pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rinvia a nuovo ruolo, disponendo la trattazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.