Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16705 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16705 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
Oggetto: IRPEF 2005 -Redditometro -Definizione agevolata ex art. 5 legge 130/2022 -Diniego -Impugnazione -Computo dell’importo versato a titolo di sanzioni ex art. 17, comma 2, d.lgs. 472/1997 *Principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1406/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, n. 2006/02/2021, depositata in data 7 giugno 2021; nonché
sul ricorso proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’Avv.
NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso EMAIL e EMAIL;
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
–
resistente
–
avverso il diniego di definizione agevolata prot. nn. 2622/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio de ll’8 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate notificava a NOME COGNOME l’ avviso di accertamento n. TD3011101989/2010, con il quale recuperava ad imposizione, a fini Irpef, ai sensi dell’art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600/1973, maggior reddito per l’anno di imposta 2005 (rideterminato in Euro 71.423,63), in base alla spesa per beni indice di capacità contributiva (conferimento di danaro per Euro 980.000,00, versamento di Euro 367.854,27 per la costituzione della società RAGIONE_SOCIALE, spese di manutenzione di diversi fabbricati in proprietà).
Impugnato l’ avviso, la Commissione tributaria provinciale di Cosenza accoglieva il ricorso del contribuente, ritenendo le allegazioni del ricorrente (reddito della moglie, soldi ricevuti a seguito della morte del padre ed in prestito dalla sorella, liquidazione di una polizza assicurativa) idonee a superare i rilievi dell’Agenzia.
L’Ufficio proponeva gravam e innanzi alla Commissione tributaria regionale della Calabria, che dichiarava inammissibile l’appello per il mancato deposito della copia della ricevuta di spedizione della raccomandata del ricorso.
3. Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale l’Agenzia delle entrate propose ricors o per cassazione, affidandosi a due motivi, ovvero: a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 2, e art. 22, comma 1, d.lgs. 546 del 1992 con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la CTR negato che il vizio di omesso deposito della ricevuta di spedizione postale del gravame potesse essere sanato ex post con la tardiva produzione all’udienza del documento mancante; b) la violazione e falsa applicazione dell’art. 22, comma 1 e art 53, comma 2, d. Igs. 546 del 1992 con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello, ancorché i dati relativi alla ritualità e tempestività del gravame risultassero chiaramente sull’avviso di ricevimento del plico, che l’ufficio aveva depositato con il proprio appello.
Con l ‘ordinanza n. 12305/2018 questa Corte accolse il secondo motivo, assorbito il primo. In particolare, affermò, richiamando una decisione delle Sezioni Unite, che: «non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto
(o della sentenza). (Sez. U, n. 13452 del 2017, Rv. 644364)». Ritenne che nella specie si erano verificate entrambe le condizioni per considerare la produzione della cartolina di ricevimento equipollente a quella della produzione della ricevuta di spedizione. Cassò, quindi, la decisione impugnata poiché la CTR non aveva fatto corretta applicazione dei detti principi.
Riassunto il giudizio dal contribuente, la Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, accoglieva l’ appello dell’Ufficio ritenendo non fornita dal contribuente la prova idonea ad inficiare gli accertamenti fondati sulla sussistenza (non contestata) di beni-indice della capacità contributiva. In particolare, procedeva alla valutazione dell’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni extraprocessuali rese dal terzo (sorella del contribuente), assegnando alle stesse valore meramente indiziario inidonee a comprovare l’asserto del Guglielmo, anche in virtù della mancata corrispondenza tra l’importo dei bonifici e la somma asseritamente prestata a mutuo dalla sorella. Evidenziava, poi, che la liquidazione della polizza assicurativa (per Euro 42.544,93) era stata tenuta in considerazione dall’Ufficio e che il ricorrente non aveva provato di non sostenere le spese di manutenzione degli immobili di proprietà.
Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a due motivi.
L’Ufficio ha resistito con controricorso.
5.1. In data 11-12/12/2022 il contribuente ha depositato la domanda per la definizione agevolata delle controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione ex art. 5 l. 130/2022.
5.2. L ‘ istanza veniva rigettata per i seguenti motivi:
a fronte di un importo lordo dovuto correttamente indicato in euro 4.871,00, il contribuente indica un importo versato in pendenza di giudizio pari ad euro 6.089,00 corrispondenti alle somme versate a titolo di sanzioni usufruendo dellart. 17 del D.lgs. n. 472/1997. Tali
somme non possono essere prese in considerazione al fine della determinazione dellimporto netto dovuto per il seguente motivo.
Si precisa, innanzitutto, che limporto da versare per la definizione, cosiddetto importo netto dovuto, si calcola al netto delle somme pagate prima della presentazione della domanda di definizione a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del termine di impugnazione dellatto ovvero in pendenza del giudizio. Possono essere scomputati tutti gli importi di spettanza dellAgenzia delle entrate pagati, in particolare, a titolo provvisorio per tributi, sanzioni amministrative, interessi, sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire.
Pertanto non possono essere scomputati gli importi versati per definire in via agevolata le sanzioni ai sensi dellarticolo 17, comma 2, del D.lgs. n. 472/1997, atteso che le stesse, in quanto già definite, non sono mai state in contestazione.
Avverso il diniego il contribuente proponeva ricorso innanzi a questa Corte, affidato ad un unico motivo.
L’Ufficio depositava controricorso contestando l’avverso assunto.
5.3. È stata fissata l’adunanza camerale per l’ 08/05/2025.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Va esaminato preliminarmente il ricorso proposto avverso il diniego della definizione agevolata, in quanto pregiudiziale alla decisione sulla impugnazione de ll’ avviso di accertamento.
Con l’unico motivo de l ricorso il contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la «illegittimità ed erroneità del provvedimento di diniego Prot. N. 2622 del 09.01.2023 della istanza di definizione agevolata del giudizio pendente dinanzi alla Corte di Cassazione n. 1406/22, relativo all’accertamento n. TD3011101989 -2010, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 legge 130/2002 che prevede al comma 9 il
diritto del contribuente di conteggiare ‘eventuali versamenti già effettuati a qualsiasi titolo in pendenza del giudizio’ onde deve essere conteggiata anche la somma versata a titolo di sanzione nella misura di un quarto della somma irrogata».
Deduce, in particolare , l’erroneità dell’opposta tesi seguita dall’Ufficio, in quanto contraria alla lettera della norma (che prevede il computo dei versamenti effettuati a qualsiasi titolo) ed alla giurisprudenza di legittimità, formatasi con riferimento all’omologa disciplina di cui al D.L. 119/2018.
1.2. Il motivo è fondato.
1.3. Il comma 1 dell’art. 5 della legge 130/2022 prevede che ‘l e controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti ((…)) innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 100.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3 del presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell’articolo 391 del codice di procedura civile, previo pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ‘ .
Il comma 2 prevede che ‘l e controversie tributarie, diverse da quelle di cui al comma 6, pendenti ((…)) innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3 del presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell’articolo 391 del codice di procedura civile, previo pagamento di un importo pari al 20
per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ‘ .
Le controversie tributarie di cui ai commi 1 e 2 possono essere definite a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione (comma 3).
Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente legge, purché, alla data della presentazione della domanda di cui al comma 8, non sia intervenuta una sentenza definitiva (comma 4).
Ai fini della definizione delle controversie si tiene conto di eventuali versamenti già effettuati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, fermo restando il rispetto delle percentuali stabilite nei commi 1 e 2. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge (comma 9).
L’eventuale diniego della definizione va notificato entro trenta giorni con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla Corte di cassazione (comma 11).
1.4. L’art. 5 ricalca in sostanza le omologhe norme che lo hanno preceduto sin dal 2002.
Questa Corte ha più volte affermato, sia pure con riferimento a definizioni agevolate previste da precedenti norme condonistiche che «in tema di definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, è ammesso ricorso immediato per cassazione contro il provvedimento di diniego della relativa domanda ove riferita a controversie pendenti in fase di legittimità, atteso che l’art. 16 della I. n. 289 del 2002 e l’art. 39 del d.l. n. 98 del 2011, conv. nella I. n. 111 del 2011,
attribuiscono la relativa competenza, con pienezza di sindacato, all’organo giurisdizionale dinanzi al quale pende la lite» (Cass. n. 31049 del 2018; Cass. 24/12/2020, n. 29509 con riferimento alla disciplina condonistica prevista nell’art. 6 d.l. 119/2018 ).
1.5. La novella del 2022, al pari di quella del 2018 (art. 6, comma 9, d.l. 119/2018) consente di calcolare, ai fini della definizione agevolata, tutte le somme comunque versate nel corso del giudizio. In quanto lex specialis e posteriore, essa deroga all’altra disposizione premiale, il citato d.lgs. n. 472/1997, che consente di definire le sanzioni con un abbuono dei due terzi, rinunciando alla loro ripetizione, concentrando il contenzioso solo sulle imposte. In altri termini, le due disposizioni premiali non sono incompatibili, poiché una contiene l’altra, nel senso che la definizione delle sanzioni di cui alla d.lgs. n. 472/1997 ha collegamento con la definizione di cui alla legge 130/2022. Accedendo ai benefici della prima, le somme relative escono dal contenzioso, divenendo definitivamente irripetibili, ma restano sempre somme corrisposte in ragione ed in costanza della controversia che si vuole definire con la procedura di cui alla più volte citata l. 130/2022.
Deve infatti essere valorizzata l’espressione testuale del legislatore che ha voluto fossero scomputabili le somme ‘a qualsiasi titolo’ versate in costanza di giudizio e che trovano fondamento sul contenzioso in essere che si vuol definire.
All’argomento letterale si affianca, irrobustendolo, l’argomento logico sistematico. Ed infatti, nell’ottica premiale, il contribuente che avesse pagato – pur in misura ridotta – le sanzioni non potrebbe tenerne conto nel calcolo del dovuto e subirebbe trattamento peggiore di chi non ha pagato nulla, poiché entrambi sarebbero tenuti a pagare la stessa somma. La conseguenza palesemente iniqua induce ad escludere l’opzione ermeneut ica, dovendosi scegliere la soluzione interpretativa che sia conforme ai canoni costituzionali, nel caso di specie quelli dell’art. 53 e 97 della Carta, specificazioni puntuali del generale principio di eguaglianza – formale
e sostanziale di cui all’art. 3 (in questi termini Cass. 25/01/2023, n. 2378, con riferimento all’analoga previsione dell’art. 6, comma 9, d.l. 119/2018).
1.6. L’assenza di precedenti sulla questione decisa rende opportuna l’enunciazione del seguente principio di diritto: «a i fini della definizione delle controversie pendenti in cassazione, ai sensi dell’art. 5, comma 9, l. 130/2022, si deve tenere conto di eventuali versamenti già effettuati anche a titolo di sanzioni in pendenza di giudizio».
Il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata dev’essere quindi accolto e, per l’effetto, il diniego deve essere annullato.
Alla luce della documentazione depositata dal ricorrente, relativa alla definizione della lite ai sensi dell’art. 5 cit., deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio N.R.G. 1406/2022, restando le spese a carico di chi le ha anticipate.
Le spese del giudizio di impugnazione del diniego di definizione agevolata possono essere compensate, stante la particolarità della questione di diritto decisa.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso avverso il diniego della definizione agevolata e, per l’effetto, annulla il diniego; compensa integralmente tra le parti le spese del relativo giudizio.
Dichiara l’estinzione del giudizio
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’8 maggio rubricato al N.R.G. 1406/2022. 2025.