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Definizione agevolata ricorso: quando si estingue

Una contribuente aveva impugnato in Cassazione un accertamento basato sul redditometro. Successivamente, ha aderito a una definizione agevolata dei carichi pendenti, rinunciando al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, specificando che l’adesione alla sanatoria fiscale costituisce una rinuncia inequivocabile. Di conseguenza, ha compensato le spese legali e ha escluso l’obbligo per la contribuente di versare il doppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata del ricorso: la Cassazione chiarisce l’estinzione del giudizio

L’adesione a una definizione agevolata ricorso durante un contenzioso tributario pendente in Cassazione rappresenta una chiara volontà di porre fine alla lite. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito che tale scelta comporta l’estinzione del giudizio, con importanti conseguenze sulle spese legali e sull’applicazione di sanzioni processuali come il doppio contributo unificato. Analizziamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche per i contribuenti.

I fatti del caso: la controversia sul Redditometro

Una contribuente si è vista notificare due avvisi di accertamento sintetico, basati sul cosiddetto “redditometro”, per gli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Agenzia delle Entrate contestava un’incongruenza tra il reddito dichiarato e le spese sostenute, recuperando una maggiore imposta IRPEF. La contribuente ha impugnato gli atti e, dopo un esito parzialmente favorevole in primo grado, la Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione, dando ragione all’Amministrazione Finanziaria. Contro questa sentenza, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, articolando sei diversi motivi di doglianza.

La scelta della definizione agevolata e le sue conseguenze sul ricorso

Mentre il giudizio era pendente dinanzi alla Suprema Corte, la contribuente ha deciso di avvalersi della definizione agevolata ricorso prevista dall’art. 6 del D.L. n. 193 del 2016. Questa normativa consente di saldare i debiti fiscali affidati all’agente della riscossione a condizioni vantaggiose. Aderendo a questa procedura, la contribuente ha depositato un formale atto di rinuncia al ricorso, allegando la documentazione che attestava la domanda di definizione e i relativi pagamenti. Questo atto ha cambiato radicalmente il corso del processo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha preso atto della rinuncia e ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Nel motivare la sua decisione, ha richiamato un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la dichiarazione del debitore di volersi avvalere della definizione agevolata, che include l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti, costituisce di per sé una “inequivoca rinuncia al ricorso”. Questo vale anche se, in ipotesi, il contribuente non avesse poi depositato un atto formale di rinuncia.

La Corte ha inoltre affrontato due aspetti cruciali derivanti dall’estinzione:

1. Spese di giudizio: In ragione della rinuncia, che ha determinato la fine del contenzioso, la Corte ha disposto la compensazione delle spese dell’intero giudizio. Questo significa che ciascuna parte (contribuente e Agenzia delle Entrate) si è fatta carico delle proprie spese legali.
2. Doppio Contributo Unificato: Aspetto di grande rilevanza pratica, la Corte ha specificato che l’estinzione del giudizio per rinuncia esclude i presupposti per la condanna al pagamento del doppio del contributo unificato. Questa sanzione, prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si applica solo in caso di rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non quando il processo si chiude per volontà della parte ricorrente.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per i contribuenti

Questa ordinanza conferma un orientamento favorevole per i contribuenti che scelgono di definire le proprie pendenze fiscali. La decisione chiarisce che la definizione agevolata ricorso non è solo uno strumento per ridurre il debito d’imposta, ma anche una via d’uscita sicura dai contenziosi pendenti. Le implicazioni pratiche sono significative: aderendo a una sanatoria, il contribuente ottiene la certezza di chiudere la lite e, soprattutto, di non incorrere nella sanzione del doppio contributo unificato, un rischio concreto in caso di esito negativo del giudizio in Cassazione. La compensazione delle spese legali, inoltre, rappresenta un ulteriore elemento di convenienza, evitando ulteriori esborsi economici legati alla prosecuzione del processo.

Aderire a una definizione agevolata comporta automaticamente la rinuncia al ricorso pendente?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la dichiarazione di avvalersi della definizione agevolata, che presuppone l’impegno a rinunciare al giudizio, costituisce di per sé una rinuncia inequivocabile al ricorso, anche in assenza di un successivo atto formale.

Se il giudizio si estingue per rinuncia al ricorso dopo una definizione agevolata, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’estinzione del giudizio per rinuncia non fa scattare i presupposti per la condanna al versamento del doppio contributo unificato, sanzione prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso.

Cosa succede alle spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
Nel caso specifico, la Corte ha deciso di compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti. Ciò significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali, in considerazione dell’intervenuta rinuncia che ha posto fine alla controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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