Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30910 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30910 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11602/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in BERGAMO PASS. CANONICI INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, e dunque domiciliata ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dal predetto avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIASEZ.DIST. DI BRESCIA n. 2482/2020 depositata il 28/10/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dagli atti allibrati al fascicolo (sentenza in epigrafe, ricorso per cassazione e controricorso) emerge che i n data 24 aprile 2017 DELDOSSI NOME era attinta dall’avviso di accertamento n. 250TMG000387 in rettifica della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2012, sulla motivazione che, a carico della medesima, risultavano redditi per canoni di locazione ‘solo in parte indicati dichiarazione’, con conseguente determinazione di maggior reddito imponibile e di maggiore IREF.
Rigettata l’istanza di autotutela proposta dalla contribuente, questa proponeva ricorso avverso il suddetto avviso, respinto dalla CTP di Bergamo con sentenza n. 137/02/18 depositata il 20 marzo 2018.
La contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR della Lombardia-Sezione distaccata di Brescia con la sentenza in epigrafe, giusta la seguente motivazione:
L’avviso di accertamento impugnato traeva origine dal controlla della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2012 ove la contribuente aveva indicato canoni di locazione per euro 8.221,00 a fronte di quelli risultanti pari a 15,274,00.
L’appellante sostiene che per la dichiarazione dei redditi per l’anno 2012 aveva ricevuto avviso di accertamento per il recupero delle detrazioni inerenti spese sanitarie .
Avverso tale avviso aveva proposto ricorso alla CTP di Bergamo la quale con sentenza n. 596/2016 aveva annullato l’avviso di cui sopra avendo la contribuente provato la spettante detrazione.
L’appellante pertanto riteneva che l’avviso di accertamento si fonda sulla medesima dichiarazione. L’Ufficio quindi aveva violato il principio del giusto processo.
Il motivo è infondato.
Nella fattispecie in esame l’accertamento è fondato sulla mancata indicazione del reddito derivante da fabbricato pari a euro 15.274,00 a fronte d! una parziale indicazione di euro 8.221,00. Su tale contestazione la parte appellante nulla deduce.
.
ontrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’incontestata omissione della dichiarazione di cui al Modello Unico relativo all’anno d’imposta 2012 costituisce, di per sé sola, il presupposto, necessario e sufficiente, dell’accertamento induttivo, ai sensi del predetto art. 41 d.P.R. n. 600 del1973.
Peraltro, l’Ufficio ha comunque considerato degli oneri richiesti in dichiarazione pari a euro 3.066,00.
Quanto alla lesione paventata dall’appellante per violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 111 della Costituzione, il giudice di primo grado, ha ritenuto che nessuna lesione del diritto di difesa può essere invocata posto che i due accertamenti trovano fondamento in due norme tributarie differenti; il primo già giudicato con riferimento all’art. 36-ter del dPR n. 600/72 mentre quello impugnato e per cui è ricorso sull’art. 41 dPR n. 600 del 1973.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con due motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. La contribuente deposita altresì memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Falsa applicazione dell’art. 41, DPR n.600/1973 ai sensi dell’art. 360, co. I, n. 3 c.p.c.’.
1.1. La CTR pretermette ‘le doglianze sollevate dalla parte appellante e, in particolare relative alla violazione del principio ormai consolidato sia a livello nazionale che sovranazionale del ‘ne bis in idem’ ma limitandosi a fornire l’analisi dell’art. 41 D.P.R. n. 600/1973 di cui però offre una errata applicazione’, senza considerare che la contribuente ‘è stata sottoposta due volte, con avvisi di accertamento differenti, alla medesima imposta sui redditi’.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘ Violazione art. 6 CEDU e 111 Costituzione ex art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.’.
2.1. ‘ Ne è conseguito anche il falso giudizio sulla censura sollevata dalla COGNOME in merito alla violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 111 Cost.’.
Eccepisce in via preliminare l’Agenzia delle entrate in controricorso il difetto dell’interesse a ricorrere in capo alla contribuente giacché, ‘con riferimento all’atto impositivo oggetto della presente controversia, ha presentato in data 31/05/2019 domanda di definizione della lite pendente ex art. 6 D.L. n. 119/2018, risultata regolarmente presentata e perfezionata e per la quale sta provvedendo regolarmente ai relativi pagamenti rateali’.
3.1. A fronte di tale eccezione, in memoria se ne contesta la fondatezza, ‘poiché l’avviso di accertamento non è stato sospeso pertanto, laddove la contribuente omettesse il pagamento, incorrerebbe in una possibile azione esecutiva da parte dell’Ente impositore, oltre a vedere l’importo complessivamente richiesto maggiorato degli interessi. Sempre ricordato che in caso di esito positivo del presente procedimento, la contribuente potrebbe chiedere il rimborso di quanto medio tempore versato di tal che, alla luce di quanto esposto, l’eccezione formulata in via preliminare dall’Agenzia delle Entrate andrà respinta’.
Viene in rilievo l’art. 6 d.l. n. 119 del 2018, conv. con mod. dalla l. n. 136 del 2018, il quale prevede,
– al comma 6, che
la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, con applicazione delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, in un massimo di venti rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1° giugno 2019 alla data del versamento. È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda ;
-al comma 8, che,
entro il 31 maggio 2019, per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato ;
-al comma 12, che
l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per
impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine ;
– al comma 13, che
in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate .
4.1. Nel caso di specie, tempestivamente presentata, il 31 maggio 2019, la domanda di definizione, accolta dall’Agenzia, che dà altresì atto del regolare pagamento delle rate previste, la definizione s’è perfezionata con la stessa presentazione della domanda a seguito del pagamento della prima rata, ragion per cui, sopravvenuta, ciò nonostante, la sentenza impugnata, pronunciata il 1° ottobre 2020 e depositata il 20 successivo, dunque comunque dopo il termine del 31 luglio 2020 per l’eventuale diniego della definizione, il giudizio, in difetto di istanza agenziale per la prosecuzione, s’è estinto ‘ex lege’ (rendendo per l’effetto priva di concreto rilievo, in senso contrario, la mancata sospensione dell’avviso di accertamento dedotta dalla contribuente in memoria).
4.2. Sinteticamente, può enunciarsi il seguente principio di diritto:
Difetta di interesse ad impugnare il contribuente che ricorra per cassazione avverso una sentenza sfavorevole d’appello deliberata dopo la tempestiva e regolare proposizione – con conseguente accettazione da parte dell’Amministrazione -di istanza di definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018,
conv. con mod. dalla l. n. 136 del 2018, essendosi il giudizio estinto ‘ex lege’ per effetto dell’intervenuto perfezionamento della definizione, giusta la presentazione in sé della relativa istanza seguita dall’eventuale pagamento della prima rata, ragion per cui non rileva, in contrario, la mancata sospensione dell’atto impositivo.
4.3. Il rilevato difetto di interesse vota il ricorso per cassazione della contribuente all’inammissibilità.
Ritiene il Collegio che proprio la ragione dell’inammissibilità, derivante, in definitiva, dal perfezionamento della definizione ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018 , seguita dall’osservanza del piano rateale dei pagamenti, sia suscettibile di essere positivamente valutata ai fini dell’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del grado.
5.1. La ricorrente è invece tenuta al pagamento del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di COGNOME NOME , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 13 settembre 2024.