Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19264 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19264 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
DINIEGO DI DEFINIZIONE AGEVOLATA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7119/2021 R.G. proposto da: NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, da ll’Avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in atti;
-ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 4880/13/2020, depositata in data 17/9/2020; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 9 maggio 2025;
Fatti di causa
In data 17 febbraio 2010 , NOME COGNOME (d’ora in avanti, ‘ la contribuente ‘) ricevette dall’Agenzia delle Entrate l’atto di diniego della definizione dei versamenti sospesi a seguito degli eventi sismici e vulcanici dell’ottobre 2002 nel territorio della Provincia di Catania, con il quale venne comunicato che per gli anni d’imposta 2002, 2003, 2004 e 2005 non si era perfezionata la richiesta definizione dei versamenti sospesi perché la rateazione prevista dalla legge non sarebbe stata eseguita o non sarebbe stata corretta.
Su ricorso della contribuente, la C.T.P. di Catania rigettò il ricorso. La sentenza, nel contraddittorio con l’ufficio, fu confermata dalla C.T.R. della Sicilia.
Avverso la sentenza d’appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
La contribuente ha depositato memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale.
Ragioni della decisione
Innanzitutto si deve dare atto che il decesso della contribuente, avvenuto nel corso del presente giudizio di legittimità, non determina l’interruzione dello stesso, essendo esso dominato dal principio dell’impulso d’ufficio (Cass., n. 1757/16).
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000’ , la contribuente si duole del fatto che la sentenza impugnata non avrebbe accolto la censura, mossa alla sentenza di primo grado, con la quale la Sciacca aveva rilevato il difetto di motivazione dell’atto di diniego della definizione agevolata impugnata in prime cure.
In particolare, deduce la contribuente che l’atto di diniego, impugnato in prime cure, contiene la dicitura ‘rateazione non corretta o non eseguita’ e che tale espressione non sarebbe idonea ad esternare i motivi posti dall’amministrazione alla base dell’a tto adottato.
Solo nelle controdeduzioni in appello l’Agenzia delle Entrate avrebbe spiegato i motivi dell’atto di diniego, e cioè che la contribuente era stata dichiarata decaduta dalla definizione agevolata dei tributi sospesi per le annualità dal 2002 al 2005 prevista dal comma 1011 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, essendosi limitata a versare solo la prima delle 304 rate previste.
1.1. Il motivo è infondato.
In realtà, l’espressione ‘rateazione non corretta o non eseguita’ è sufficiente per rendere edotta la contribuente che il diniego si fonda sulla non corretta esecuzione dei pagamenti rateali.
Peraltro, deve rilevarsi che il giudizio avverso l’atto di diniego della definizione agevolata, seppur strutturato come giudizio impugnatorio ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h), ha la natura sostanziale di un giudizio di accertamento dell’esistenza dei presupposti della definizione, il cui onere della prova incombe sul contribuente (in tal
senso, ex coeteris , Cass., n. 13954/11, in tema di agevolazioni, cui possono essere assimilate, con riferimento al regime motivazionale dell’atto di diniego, le definizioni agevolate, che sono pur sempre dei benefici fiscali previsti a favore dei contribuenti), con la conseguenza che l’amministrazione può , anche in appello, come è avvenuto nel caso di specie, spiegare mere difese per opporsi alla domanda giudiziale del contribuente o per precisare le ragioni del diniego della definizione agevolata.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 1011 della legge n. 296 del 2006 per come modificato dall’art. 36 bis comma 2 della legge n. 31 del 2008, di conversione del d.l. n. 248 del 2007 e dell’art. 14 delle preleggi’ , la contribuente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato il diniego di definizione agevolata dei tributi dovuti.
In particolare, la contribuente contesta l’analogia con il condono di cui all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, sostenendo che ella non avrebbe potuto essere dichiarata decaduta dalla definizione agevolata di cui all’art. 1, comma 1011, della legge n . 296 del 2006 per non aver versato le rate successive alla prima.
2.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte, con orientamento che può dirsi consolidato, ha affermato che l’art. 1, comma 1011, della l. n. 296/2006 contiene una disciplina di favore per il pagamento dei tributi, prevedendo la rateizzazione e la sospensione della riscossione entro un certo termine. Il pagamento della prima rata non ha effetto novativo, ma spetta al l’Ufficio la verifica dei corretti pagamenti, nei termini previsti e tenuto conto delle sospensioni stabilite dalla legge, di quanto rateizzato. Il mancato pagamento delle rate successive, alle scadenze così individuate, viola le condizioni sulle quali è stata pattuita la definizione agevolata e, per
l’effetto, produce la decadenza dai benefici accordati, consentendo l’integrale ripresa a tassazione del dovuto. Tale conclusione non concreta analogia vietata nel caso in esame, bensì conseguenza diretta del mancato rispetto delle condizioni di ammissione alla procedura di definizione agevolata (Cass., n. 7831/25 e giurisprudenza ivi citata; Cass., n. 26309/20).
E’ stato , infatti, anche da ultimo (Cass. n. 13281/2025) rilevato che l’art. 1, comma 1011, legge n. 296 del 2006, prevede che «Ai soggetti destinatari dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2005, n. 3442, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2005, interessati dalla proroga dello stato di emergenza nella provincia di Catania, stabilita per l’anno 2006 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2005, è consentita la definizione della propria posizione entro il 30 giugno 2007, relativamente ad adempimenti e versamenti, corrispondendo l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 50 per cento, ferme restando le vigenti modalità di rateizzazione. Per il ritardato versamento dei tributi e contributi di cui al presente comma si applica l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ancorché siano state notificate le cartelle esattoriali».
La disposizione non prevede espressamente la decadenza del beneficio in conseguenza di un versamento parziale. Tale conseguenza, tuttavia, come già ritenuto in alcuni precedenti della Corte (dai quali non si vedono ragioni per discostarsi) discende dai principi generali vigenti in materia di corretto adempimento degli oneri fiscali ed accesso alle
normative di agevolazione (Cass. 19/11/2020, n. 26309; Cass. 17/07/2023, n. 20695).
Peraltro, così come evidenziato pure nei citati precedenti, anche nella fattispecie in esame, pur essendo comunque consentito alla contribuente, ancorché siano state notificate le cartelle esattoriali, avvalersi del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, non risulta che quest’ultimo sia stato attivato dalla parte (che neppure ha allegato di essere incorsa in un errore scusabile).
All’orientamento va data quindi continuità, con il seguente principio di diritto: ‘ In tema di definizione agevolata dei tributi prevista dall’art. 1, comma 1011, della legge n. 296 del 2006, il pagamento della prima rata non determina una novazione oggettiva del rapporto tributario originario, ma configura l’adesione a una modalità di adempimento d ell’obbligazione fiscale sottoposta a specifiche condizioni. L’amministrazione finanziaria mantiene il potere -dovere di verificare la regolarità dei pagamenti rateali alle scadenze stabilite, tenendo conto delle eventuali sospensioni previste alla legge. Il mancato versamento delle rate successive alla prima, una volta decorsi i termini di sospensione, comporta la decadenza dai benefici della definizione agevolata e legittima l’amministrazione a procedere alla riscossione integrale del debito tributario originario’ .
3.Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Rigetta il ricorso.
Condanna la contribuente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro duemilacento per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2025.