Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32840 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32840 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8593/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimati-
avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 593/2016 depositata il 08/03/2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il P.G. NOME COGNOME il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Sentito l’Avv. dello Stato NOME COGNOME per l’Ufficio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.Emerge dalla sentenza impugnata che NOME COGNOME nella qualità di erede NOME COGNOME impugnava, davanti alla C.T.P. di Taranto, l’avviso di liquidazione INVIM emesso dall’Ufficio del registro di Taranto a seguito della mancata opposizione al prodromico avviso di accertamento notificato il 14/2/1995 e l’adita C.T.P., con sentenza n. 314/06/ 2009, accoglieva il ricorso, ritenendo che l’importo richiesto non tenesse conto della effettiva quota di proprietà del contribuente, il quale aveva diritto di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa fiscale, ed annullava l’avviso di liquidazione impugnato; l’Agenzia delle Entrate appellava la sentenza deducendo, tra l’altro, che le obbligazioni di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 643 del 1972, erano solidali tra gli alienanti e che per il debito RAGIONE_SOCIALE derivante dalla alienazione di un immobile ciascun obbligato, ex art. 1292 cod. civ., è tenuto per l’intero, a prescindere dalla quota di proprietà; la Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza n. 593/2016, dichiarava estinto il giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere avendo l’appellato NOME COGNOME rappresentato che il condebitore NOME COGNOME, erede del coobbligato NOME COGNOME aveva definito la lite tributaria che lo riguardava, liberando tutti i coobbligati, affermando, infine, di dovere ‘condividere’ quanto statuito dalla C.T.R. Puglia con la sentenza n. 111/28/2015.
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, illustrato con memoria, per la cassazione della sentenza.
NOME COGNOME rimaneva intimato.
Con ordinanza interlocutoria in data 19 dicembre 2023 questa Corte, sul presupposto che il ricorso in questione, risultava proposto, sulla scorta del complessivo tenore del medesimo, nei confronti di NOME COGNOME – cui era stato notificato ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME (parte del giudizio di appello) che, ritualmente intimato, non si costituiva.
La Procura Generale, dopo una prima memoria, depositava memoria conclusiva in data 29 giugno 2024 chiedendo l’accoglimento del ricorso in ragione della sopravvenuta sentenza di questa Corte n. 859/2024 che aveva cassato la sentenza n. 111/28/2015 con cui la C.T.R. della Puglia aveva dichiarato inammissibile il reclamo avverso il decreto con cui era stata dichiarata l’estinzione del giudizio di appello promosso contro la sentenza di primo grado favorevole al condebitore NOME COGNOME che si era avvalso della definizione agevolata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’ Ufficio, con un unico motivo di ricorso, ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. perché il giudice di secondo grado aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere sulla base di una sentenza della C.T.R. Puglia (la n. 111/28/2015) che non era passata in autorità di giudicato, in quanto impugnata.
Il motivo è fondato.
Va premesso che la sentenza in questa sede impugnata ha dichiarato l’estinzione del giudizio sul presupposto che fosse cessata la materia del contendere in ragione dell’avvenuta definizione agevolata di cui si era avvalso il condebitore NOME COGNOME uso ed, all’uopo, ha richiamato i principi fissati dalla C.T.R. Puglia con la sentenza n. 111/28/2015.
3.1. Va, tuttavia, rilevato che, nelle more della decisione, questa Corte (sentenza n. 859/2024) ha cassato, con rinvio, la sentenza n. 11/28/2015 con cui la C.T.R. della Puglia aveva dichiarato inammissibile il reclamo avverso il decreto con cui era stata dichiarata l’estinzione del giudizio di appello promosso contro la sentenza di primo grado favorevole a un altro coerede che, poi, si era avvalso della definizione agevolata.
3.2. Premesso che la rilevanza di tale pronuncia che ha acclarato, con effetto di giudicato, che la definizione non si era prodotta, posto che ha rinviato per l’esame del merito è stata fatta valere dal P.G. nella propria memoria scritta, deve, pure, essere richiamato il condivisibile principio secondo cui i poteri cognitivi del giudice possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia emessa da questa Corte anche prescindendo dalle allegazioni delle parti (peraltro a conoscenza della formazione del precedente giudicato) e facendo ricorso, se necessario, a strumenti informatici e banche dati elettroniche (vedi Cass. 29923/2020).
3.3. Nella richiamata pronunzia n. 859/2024 questa Corte, nel premettere che la pretesa tributaria oggetto di causa riguardava NOME COGNOME e, dopo il decesso, i suoi eredi, tra cui NOME COGNOME il quale, il 13/12/2011, nelle more del giudizio di appello, aveva presentato domanda di definizione agevolata della lite fiscale ai sensi dell’art. 39, comma 12, d.l. n. 98 del 2011, ha osservato che tale disposizione prevedeva la trasmissione, da parte dei competenti uffici dell’Amministrazione finanziaria , alle commissioni tributarie, alle Corti di appello nonché alla Corte di cassazione, di un elenco delle liti pendenti per le quali era stata presentata domanda di definizione agevolata da uno dei coobbligati e, a giudizio sospeso, della successiva comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda medesima ed il pagamento integrale di quanto dovuto ovvero entro la stessa data (31/12/2011) la comunicazione e notifica dell’eventuale diniego della definizione agevolata. Ha rilevato che, nel caso in esame, l’Ufficio aveva emesso, ai sensi dell’art. 16, comma 8, l. n. 289 del 2002, provvedimento di diniego di definizione agevolata della lite fiscale pendente, notificandolo al contribuente e comunicandolo anche alla C.T.R. della Puglia, circostanza di cui non si era tenuto conto con la conseguenza che con decreto del Presidente della C.T.R., veniva disposta l’estinzione del giudizio. Ha osservato che, pronunciandosi sul reclamo dell’Agenzia delle Entrate, la C.T.R. con la sentenza n. 111/28/2015 aveva confermato, il decreto di estinzione del giudizio di appello, decisione da ritenere erronea in ragione del fatto (non oggetto di contestazione) che uno degli eredi del contribuente aveva proposto la domanda di definizione agevolata della lite fiscale pendente ed aveva pagato la
prima rata, ma il procedimento di condono non si era, per ciò solo, perfezionato atteso che non si produceva automaticamente l’effetto estintivo della pretesa tributaria ed il correlato effetto processuale della estinzione del giudizio nel caso in cui la p otestà dell’Ufficio di rilevare eventuali irregolarità oppure l’omesso o insufficiente pagamento di quanto dovuto era stata tempestivamente esercitata con l’adozione del diniego della definizione agevolata, nella specie adottato e non impugnato. Muovendo da tali premesse ha rilevato che il reclamo dell’Agenzia delle Entrate avverso il decreto presidenziale la declaratoria di estinzione del giudizio andava accolto e dichiarata illegittima la pronunciata declaratoria.
3.4. Ne discende, pertanto, che il presupposto in base al quale la sentenza qui impugnata ha dichiarato l’estinzione del giudizio è venuto meno per effetto della citata sentenza n. 859/2024 che ha disposto la prosecuzione del giudizio di merito stante il d iniego della definizione agevolata adottato dall’Agenzia delle Entrate con provvedimento non impugnato dal contribuente.
3.5. Va, comunque, osservato che questa Corte, con la pronunzia n. 780/11, ha avuto modo di precisare, in tema di INVIM, che gli eredi non rispondono solidalmente dell’imposta dovuta dal dante causa, ma ” pro quota “, in base alla regola generale di cui all’art. 1295 cod. civ., operando in materia tributaria la solidarietà fra gli eredi solo nei casi espressamente previsti e prevedendo l’art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 la solidarietà per il pagamento del tributo indicato limitata agli “alienanti” e ai “beneficiari del trasferimento di ciascun immobile” (categoria quest’ultima riferita all’ipotesi di trasferimento a titolo gratuito).
In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di II grado della Puglia che, in diversa composizione, procederà ad una rinnovata valutazione circa la complessiva debenza del tributo, provvedendo anche a regolare le spese del presente giudizio.
la Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di II grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data 26