Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24552 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24552 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 29113/2017 R.G. proposti da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ex lege ;
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale in atti;
-controricorrente -nonché nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale
AGENZIA DELLE ENTRATE -rappresentante pro tempore
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4788/14/2017 depositata in data 26.5.2017, non notificata
nonché sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME
Cartella di pagamento ex art. 36 bis d.p.r. 600/73 -definizione agevolata ex art. 6 del d.l. 119/2018
COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, p.e.c. ;
– ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t.
AGENZIA DELLE ENTRATE -rappresentante p.t.
– intimata -RISCOSSIONE, in persona del legale
– intimata – contro il provvedimento di diniego di definizione agevolata notificato in data 8/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale dell’1.7.2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE :
La CTR della Campania, in accoglimento dell’appello della RAGIONE_SOCIALE, annullava la cartella di pagamento notificatale dalla Equitalia, in qualità di conferitaria di ramo d’azienda della RAGIONE_SOCIALE
Contro tale decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
L’NOME rimaneva intimata.
La società RAGIONE_SOCIALE in data 21 maggio 2019, presentava domanda di definizione della lite, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 convertito dalla l. n. 136 del 2018 e versava la prima rata dell’importo a tal fine dovuto.
L’Agenzia delle Entrate opponeva il diniego alla predetta domanda con la motivazione che la cartella di pagamento era stata emessa a seguito di iscrizione a ruolo di somme risultate dovute in base a controllo ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973.
La società proponeva successivo ricorso contro il diniego di definizione agevolata.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione rimanevano intimate.
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale del primo luglio 2025.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo l’Ufficio deduce nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione in violazione degli artt. 112 c.p.c., 18 e 57 del decreto legislativo n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Con il secondo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2560 c.c. e 14 del decreto legislativo n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ..
Contro il diniego di definizione agevolata la società deduce la violazione dell’art. 6, comma 1, d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018.
Occorre esaminare prioritariamente il ricorso, tempestivamente proposto, contro il diniego di condono ex d.l. 119/2018, che questa Corte reputa fondato.
Il diniego risulta infatti motivato in base alla considerazione che la cartella oggetto di lite, emessa nei confronti del cessionario di azienda, responsabile in solido del debitore cedente, sia atto di riscossione e quindi non impugnabile. Sul punto, per analoga vicenda tra le medesime parti, questa Corte ha già affermato il principio di diritto per cui <> (Cass. n.
28310/2024, Cass. 14/09/2022, n. 27094; analogamente, sempre tra le stesse parti, Cass. 8/09/2022, n. 26426).
Tale orientamento è pienamente in linea con il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, ai fini della definizione agevolata, l’individuazione dell’atto impositivo deve essere centrata non sulla sussistenza o insussistenza di un margine di discrezionalità da parte dell’Amministrazione nella determinazione della pretesa impositiva, bensì sulla circostanza che si tratti o meno di atto con il quale il contribuente è reso edotto della pretesa fatta valere dall’Amministrazione nei suoi confronti (Cass., Sez. U., 25/06/2021, n. 18298). In altri termini l’atto impositivo è quello che «impone» per la prima volta al contribuente una prestazione determinata nell’an e nel quantum (Cass., Sez. U., cit. in particolare punto 6.1. della motivazione), a condizione che le contestazioni sollevate non riguardino esclusivamente vizi propri della cartella, ma investano anche la fondatezza della pretesa impositiva.
Nel caso di specie, la società RAGIONE_SOCIALE ha contestato, fra l’altro, la sussistenza della propria responsabilità solidale ex art. 2560, comma 2, c.c., opponendo che le imposte dichiarate e non versate dalla società RAGIONE_SOCIALE non inerivano al ramo d’azienda ceduto da quest’ultima alla prima e dunque il merito della pretesa tributaria.
Vertendosi pertanto in tema di atto definibile, il ricorso contro il diniego di condono va accolto; di conseguenza non essendovi altre contestazioni sul punto, avendo la società prodotto la domanda di definizione agevolata e la prova del pagamento della prima rata, il giudizio può essere dichiarato estinto.
7. Le spese di tale giudizio, ai sensi del d.l. 119 del 2018, art. 6, comma 13, restano a carico della parte che le ha anticipate.
Le spese del ricorso avverso il diniego vanno compensate in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale e del recente intervento delle Sezioni Unite.
In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. doppio contributo unificato siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso contro il diniego di definizione agevolata ex art. 6 del d.l. 119/2018 e dichiara estinto il giudizio; compensa le spese.
Così deciso in Roma, il primo luglio 2025.