Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32073 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32073 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7390/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE
-intimati –
Oggetto: tributi -definizione agevolata – nullità della sentenza
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, n. 2608/26/23 depositata in data 7 ottobre 2022.
Nonché avverso il decreto n. 12621/2024 di questa Corte, depositato in data 8 maggio 2024
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE e i singoli soci NOME COGNOME e COGNOME hanno impugnato otto avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2010 e 2011 con i quali -a seguito di verifica, nonché di accertamenti bancari su versamenti e prelevamenti, attività che avevano portato a due distinti PVC – veniva rideterminato il reddito della società. Agli avvisi nei confronti della società contribuente facevano seguito gli avvisi relativi al maggior reddito da partecipazione dei due soci.
In dettaglio, come risulta, dalla sentenza impugnata, venivano notificati alla società contribuente due avvisi di accertamento per il 2010, il primo (NUMERO_DOCUMENTO) in data 23 dicembre 2014 e il secondo (… 2757) in data 9 novembre 2015, nonché altri due avvisi di accertamento per il 2011 (nn. 4652 e 3148) in analoghe date. Ai quattro avvisi nei confronti della società contribuente facevano seguito due avvisi di accertamento relativi al socio COGNOME per i medesimi periodi di imposta (3123 e 3211) e al socio NOME (3128 e 3220), avvisi notificati nel 2015.
3 . la CTP di Foggia ha accolto parzialmente i ricorsi riuniti, annullando il secondo avviso societario con i correlativi avvisi per maggior reddito da partecipazione, in quanto privi del requisito della novità, nonché annullando gli avvisi al socio COGNOME e rideterminando il reddito prodotto dalla società per il 2011 e il conseguente reddito di capitale del socio COGNOME.
La CTR della Puglia, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello principale dell’Ufficio e ha accolto l’appello incidentale dei contribuenti. Ha ritenuto il giudice di appello che gli avvisi di accertamento notificati nel 2015 non fossero giustificati da nuovi e diversi elementi. Nella specie, il giudice di appello ha rilevato che il primo PVC, relativo alla verifica contabile, è stato consegnato all’Ufficio in data 8 ottobre 2014, mentre il secondo PVC, relativo agli accertamenti bancari, è stato consegnato in data 14 dicembre 2014; pertanto, alla data della notificazione del primo avviso (23 dicembre 2014) l’Ufficio disponeva di tutti gli elementi per procedere con l’accertamento , anche in relazione agli accertamenti bancari. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello che -avendo l’Ufficio fatto ricorso alla metodologia analitico-induttiva -non avrebbe potuto fare ricorso successivamente all’accertamento induttivo puro. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello insussistente la presunzione di distribuzione di utili in società a ristretta base , depurando, inoltre, l’accertamento dalle riprese sui prelievi. Ha, infine, ritenuto che i ricavi sono stati versati sui conti correnti della società e i prelievi utilizzati per l’acquisto di merci non fatturate, confermando l’annullamento degli avvisi relativi al socio NOMECOGNOME che non era stato messo in condizione di approntare una valida difesa.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a sei motivi; i contribuenti intimati non si sono costituiti in giudizio.
Questa Corte, con decreto in data 8 maggio 2024 n. 12621, ha dichiarato estinto il giudizio per avere gli intimati presentato istanza di definizione agevolata ex art. 1, comma 186, l. n. 197/2022, sulla base del l’inserimento della presente controversia nell’elenco trasmesso dall’Agenzia delle Entrate in osservanza a ll’art. 40, comma 3, del d.l. n. 13 del 202 3. Avverso il suddetto decreto di estinzione l’Ufficio ha proposto reclamo in data 17 maggio 2024, sul rilievo che era stato
opposto diniego alla definizione agevolata per insufficiente versamento degli importi allegati alla domanda, con richiesta di trattazione del ricorso.
CONSIDERATO CHE
Va rilevato che il decreto di estinzione di questa Corte n. 12621/2024 ha riguardato l’intero contenzioso relativo agli originari otto avvisi impugnati. Come risulta dall’allegato al reclamo proposto avverso il decreto di estinzione, sette degli otto avvisi di accertamento sono oggetto di definizione agevolata, essendo risultate regolari le relative domande di definizione relative agli accertamenti del socio NOME (nn. 3220 e 3128) e del socio COGNOME (3123 e 3211), nonché alcuni degli avvisi relativi alla società contribuente, nelle more cancellata dal Registro delle Imprese (4640, 2757, 3148), ossia ai due avvisi del periodo di imposta 2010 e a quello del periodo di imposta 2011, notificato nel 2015, come indicato nella sentenza impugnata (« AVVISO DI ACCERTAMENTO N. NUMERO_DOCUMENTO -ANNO 2011notificato il 02.10.2015. »).
Vi è, invece, diniego di definizione per l’avviso relativo alla società contribuente TVK030104652-2014, relativo al periodo di imposta 2011, notificato nel 2014. Va, pertanto, revocato il decreto di estinzione n. 12621/2024, stante la tempestiva proposizione del reclamo ex art. 391, terzo comma, cod. proc. civ. in relazione al menzionato avviso.
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., v iolazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 36 d. lgs. 313 dicembre 1992, n. 546 in combinato disposto con l’art. 132 , secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che i primi atti impositivi, relativi ai due periodi di imposta, fossero stati redatti quando il primo PVC fosse già stato consegnato ai contribuenti.
Il ricorrente osserva come i primi avvisi di accertamento fossero stati redatti tra il 16 e il 26 dicembre 2014, laddove il secondo PVC, redatto il 15 dicembre 2014, fosse stato trasmesso all’Ufficio il 16 dicembre 2014, il medesimo giorno della emissione del primo dei due avvisi di accertamento, per cui l’Ufficio non poteva ritenersi edotto degli esiti del secondo PVC.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione al medesimo parametro normativo e in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che i successivi atti impositivi, notificati nel 2015, fossero privi del requisito della novità, non avendo il giudice di appello indicato quali fossero gli elementi su cui è stato fondato il giudizio di novità, laddove tali elementi erano stati analiticamente indicati negli avvisi, riprodotti per specificità. Ripropone il ricorrente la superiore censura, secondo cui la sentenza sarebbe viziata dall’erroneo presupposto della redazione dei primi accertamenti quando era già stato redatto il secondo PVC.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione al medesimo parametro normativo, nullità della sentenza nella parte in cui la sentenza impugnata ha statuito in relazione al metodo accertativo degli originari avvisi di accertamento. Osserva parte ricorrente che la ricostruzione induttiva pura è scaturita dall’omesso deposito delle dichiarazioni fiscali.
Con il quarto motivo si ripropone , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell’art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che , avendo l’Ufficio optato per i primi accertamenti per la metodologia analitico-induttiva, non avrebbe potuto optare successivamente per la metodologia induttiva pura, osservando che il
ricorso alla metodologia induttiva era dovuto all’omesso deposito delle scritture contabili. Censura, pertanto, la sentenza impugnata per avere ritenuto che l’Ufficio avesse ingiustificatamente « fatto indebita commissione» delle due metodologie.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione e falsa applicazione dell’art. 67 d.P.R. n. 600/73, degli artt. 5 e 47 TUIR, nella parte in cui sono stati censurati gli avvisi di accertamento promossi nei confronti dei soci per effetto della presunzione di distribuzione di utili in società a ristretta base partecipativa.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di circostanze rilevanti ai fini della decisione, relative alla posizione dei soci, con riferimento alla circostanza in fatto secondo cui non sarebbero stati allegati ai loro avvisi quelli emessi nei confronti della società.
I primi tre motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente -per quanto relativamente al solo primo avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2011 -sono infondati, posto che il vizio di nullità della sentenza può essere predicato solo in caso di assoluta incomprensibilità del percorso logico seguito dal giudice ai fini della decisione (Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053). Percorso argomentativo comprensibile e completo, nella parte in cui il giudice di appello ha fondato l’assenz a di novità e, quindi, la violazione del principio di divieto di doppia imposizione in caso di notifica di avvisi di accertamento fondati sui medesimi presupposti in fatto (nella specie, i due PVC già noti all’Ufficio) che erano stati adottati in relazione agli avvisi precedentemente notificati. Analogamente, il giudice di appello ha ritenuto che ove l’Ufficio abbia fatto ricorso in precedenza a una metodologia analitico-induttiva non può successivamente fare ricorso
a una diversa metodologia accertativa, percorso argomentativo anch’esso chiaro e comprensibile.
Il quarto motivo -in disparte l’inammissibilità dello stesso per non avere parte ricorrente correttamente censurato la ratio decidendi della sentenza impugnata, non incentrata sulla « indebita commistione» tra metodologia analitico-induttiva e metodologia induttiva, bensì sulla inammissibilità di una metodologia diversa da quella precedente applicata -è inammissibile per difetto di interesse, in quanto motivo relativo ai secondi avvisi di accertamento, notificati nel 2015, oggetto di definizione agevolata, come indicato supra 2. Analogamente sono inammissibili per difetto di interesse, in quanto relativi alle posizioni dei soci, oggetto di definizione agevolata, gli ultimi due motivi.
Il ricorso va, pertanto, rigettato; non deve provvedersi sulle spese in assenza di costituzione dei contribuenti intimati.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 22 ottobre 2024