Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32039 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32039 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
NOME COGNOME
Presidente
Consigliere – Rel.
TANIA HMELJAK
Consigliere
NOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
n. 119 del 2018; avviso di intimazione pagamento; atto riscossivo.
Ud. 1/03/12/2024 C.C. PU R.G. 15794/2022 –
Cron. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 15794/2022 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato, difeso ed assistito dal l’ Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al controricorso e domicilio digitale all’indirizzo EMAIL .
– controricorrente –
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della EMILIA-ROMAGNA n. 194/2022, depositata in data 15 febbraio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto da COGNOME nei confronti della sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso avente ad oggetto l’avviso d’iscrizione ipotecaria e l’avviso d’intimazione emessi in relazione alla debenza dell’Iva, per l’anno di imposta 2007, da parte dell’Associazione Sportiva Dilettantistica RAGIONE_SOCIALE a lui notificati quale autore della violazione e coobbligato in solido con la società sportiva.
I giudici di secondo grado hanno ritenuto illegittimo il diniego avverso la domanda di definizione agevolata, essendo pacifico che gli avvisi di accertamento, atti presupposti, erano stati notificati all’Associazione RAGIONE_SOCIALE e non allo stesso in proprio e che sin dal ricorso introduttivo del giudizio egli aveva dedotto di non avere mai ricevuto la notifica in proprio degli avvisi di accertamento, circostanza quest’ultima che gli avrebbe consentito per la prima volta di contestare la propria solidale responsabilità.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo ed unico motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del decreto legge n. 119 del 2018, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto la Commissione tributaria regionale dalla semplice esistenza della contestazione della validità
della notifica dell’atto impositivo presupposto aveva fatto derivare l’ammissibilità a condono, omettendo di indagare se l’impugnato atto di intimazione di pagamento costituisse la fonte di prima conoscenza per il contribuente della pretesa tributaria o se fosse effettivamente invalida la notifica dell’avviso di accertamento presupposto; inoltre , erano definibili ex art. 6 del decreto legge n. 119 del 2018 le controversie aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio e non anche atti di natura meramente riscossivi, né la mera contestazione della notifica dell’atto impositivo presupposto consentiva l’ammissione a definizione agevolata, salvo l’ accertamento da parte del giudice di merito che in concreto l’atto riscossivo avesse costituito la prima fonte di conoscenza della pretesa tributaria per il contribuente.
1.1 Il motivo è, in primo luogo, ammissibile non essendo violato il principio di autosufficienza previsto dall’art. 366 c od. proc. civ., in quanto le due argomentazioni (la prima relativa al diniego alla definizione agevolata e la seconda riguardante l’asserita notifica dell’avviso di accertamento quale atto presupposto dell’intimazione di pagamento n. CODICE_FISCALE/2015 ) sono strettamente connesse (come di qui a poco si dirà) e, in quanto tali, debitamente dedotte con l’unico motivo di ricorso di violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del decreto legge n. 119 del 2018, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ..
1.2 Il motivo, ammissibile, è fondato.
1.3 Ed invero la Commissione tributaria regionale, pur avendo affermato che COGNOME NOME aveva dedotto, nel ricorso introduttivo, di non avere mai ricevuto l’atto presupposto , non ha poi operato la verifica in concreto della regolarità della notifica dell’avviso di accertamento n. THB06DC05586/2012, in relazione al quale l’Ufficio aveva dedotto nel giudizio di primo grado, in sede di controdeduzioni,
che detto avviso era stato notificato a mezzo posta in data 29 dicembre 2012 e consegnato nella mani di COGNOME NOME, moglie, all’indirizzo di INDIRIZZO Pieve di Cento (BO), con contestuale comunicazione di avvenuta notifica (C.A.N.); peraltro, i giudici di primo grado avevano accolto il ricorso del contribuente in quanto, sebbene l’atto presupposto fosse stato correttamente intestato e notificato al COGNOME, non era stato provato che questi avesse rivestito la carica di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE e che avesse compiuto atti gestori per l’associazione; ed invero, l’ac certamento sulla validità della notifica dell’atto presupposto , devoluto al giudice di merito, era necessario al fine di verificare se l’intimazione di pagamento n. CODICE_FISCALE fosse o meno un atto definibile ai sensi dell’art. 6 del decreto legge n. 119 del 2018, in quanto atto impositivo perché primo atto notificato, non preceduto da una valida notifica dell’avviso di accertamento, atto presupposto, oppure atto meramente riscossivo e, per ciò solo, non passibile di definizione agevolata.
1.4 Come già precisato da questa Corte, in tema di definizione agevolata delle controversie, l’art. 6 del decreto legge n. 119 del 2018, convertito con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018, è applicabile ai soli giudizi aventi ad oggetto atti impositivi (Cass., 14 settembre 2022, n. 27094; Cass., 13 marzo 2019, n. 7099). Le Sezioni Unite, poi, di recente, hanno affermato che « In tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19
del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva » (Cass., Sez. U., 25 giugno 2021, n. 18298).
1.5 Mette conto rilevare che questa Corte, con sentenza 2 maggio 2024, n. 11869, emessa in un giudizio vertente tra le stesse parti ed avente ad oggetto altro avviso di accertamento per imposte dirette, per il medesimo anno d’imposta 2007, ha affermato che « La sentenza impugnata, in esito ad un accertamento insindacabile in questa sede e comunque non sindacato in relazione a norme che disciplinano le notificazioni e l’interpretazione degli atti giuridici, ha stabilito che l’avviso di accertamento presuppos to della intimazione di pagamento era stato notificato anche ad NOME COGNOMEpersonalmente’ quale ‘autore della violazione’. Ne consegue che, non avendo il COGNOME impugnato personalmente l’avviso di accertamento anche a lui, in proprio, notificato, l’ intimazione di pagamento ricevuta rappresenta un atto puramente riscossivo, con la conseguenza che correttamente la C.T.R. ne ha ritenuto la non definibilità ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 e che tale atto riscossivo può essere impugnato solo per vizi propri, ai sensi dell’art. 19, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 ».
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grato dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grato dell’Emilia –
Romagna, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 3 dicembre 2024.