Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25576 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25576 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10354/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME COGNOME (domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 2263/18 depositata il 14 dicembre 2018
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 settembre 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Arezzo dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME un avviso di accertamento mediante il quale, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente «ratione temporis» ,
rideterminava con metodo sintetico, in applicazione degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992 (cd. «vecchio redditometro»), il reddito complessivo netto della predetta contribuente relativo all’anno 2008, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF e irrogando le sanzioni amministrative di legge.
La Cangi impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo, che in parziale accoglimento del suo ricorso rideterminava il reddito imponibile in 12.000 euro, a fronte del maggior importo di 26.974,66 euro accertato dall’Ufficio.
La decisione veniva appellata dalla contribuente dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, la quale, con sentenza n. 2263/18 del 14 dicembre 2018, dichiarava estinto il giudizio, ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 193 del 2016, convertito in L. n. 225 del 2016 (cd. «prima rottamazione»).
Osservavano i giudici di secondo grado che l’impugnante aveva aderito alla definizione agevolata dei carichi pendenti prevista dalla citata normativa, pagando la somma dovuta per il perfezionamento della relativa procedura, e che tanto era sufficiente a determinare l’estinzione del giudizio per integrale cessazione della materia del contendere, non rilevando in contrario che l’Amministrazione Finanziaria avesse spiegato appello incidentale avverso la pronuncia resa dalla CTP.
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La Cangi ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo la controricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6 del D.L. n. 193 del 2016, convertito in L. n. 225 del 2016.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente ritenuto che l’adesione della Cangi alla definizione agevolata dei carichi pendenti ex art. 6 del D.L. n. 193 del 2016 fosse idonea a determinare l’integrale cessazione della materia del contendere.
1.2 Viene, al riguardo, evidenziato che detta definizione non si riferiva all’intera pretesa fiscale avanzata dall’Amministrazione Finanziaria con l’avviso di accertamento impugnato, bensì esclusivamente all’importo stabilito dall’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973 e all’ammontare risultante dalla sentenza di primo grado parzialmente favorevole alla contribuente, fino a concorrenza del quale poteva essere eseguita la riscossione frazionata del tributo in pendenza del processo, ai sensi dell’art. 68, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.3 Il motivo è fondato.
1.4 Una volta accertato in fatto che la contribuente aveva «pagato quanto dovuto per effetto dell’adesione alla definizione agevolata» ex art. 6 del citato decreto-legge, la CTR ha affermato che tanto bastava a far venir meno «in toto» la materia del contendere, sottolineando che «non appar (iva) percorribile l’assunto sostenuto dall’Ufficio secondo il quale la cessazione della materia del contendere (avrebbe dovuto essere) valutata solo parzialmente ed in riferimento al minor importo stabilito dalla Commissione Tributaria Provinciale in primo grado, proseguendosi poi il giudizio in riferimento al residuo preteso dall’Ufficio stesso con l’appello incidentale» .
Sul punto i giudici regionali hanno osservato che: l’ «effetto sostanziale» prodotto dal perfezionamento della definizione agevolata «non p (oteva) essere eliso dalla circostanza processuale
che l’Amministrazione a (vesse) proposto appello incidentale» , poichè «la contribuente (avev) a… proceduto alla definizione in relazione a quanto (le) era (stato) compulsato in sede di riscossione per l’ammontare giudiziariamente stabilito, ammontare che, al momento, esauriva l’intera pretesa tributaria accertata, indipendentemente dalle vicende processuali ancora pendenti» ; -«una diversa interpretazione finirebbe col vanificare la ratio legis di ridurre il contenzioso, frustrando l’interesse del contribuente ad abbandonare il giudizio aderendo alla definizione agevolata ex L. n. 225/2016 ogni qualvolta vi sia una impugnazione dell’Amministrazione» .
1.5 Le argomentazioni poste a base del «decisum» non appaiono condivisibili.
1.6 Deve sùbito rilevarsi che oggetto della presente controversia è un avviso di accertamento emesso nei confronti della COGNOME per il recupero a tassazione del reddito determinato sinteticamente dall’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, per l’anno 2008.
1.7 Tanto premesso, va notato che la procedura di definizione agevolata cui la contribuente ha aderito non si riferisce a tale avviso di accertamento, bensì al carico affidato all’agente della riscossione a mente dell’art. 29, comma 1, lettera b), del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, il quale, ove riguardante l’atto impositivo in questione, può comprendere soltanto, in base alla precedente lettera a) dello stesso comma: (1)l’importo stabilito dall’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, dovuto a titolo provvisorio in caso di tempestiva proposizione del ricorso giudiziario (pari a «un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati»); (2)«l’ammontare risultante dalla sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado, e comunque non oltre i due terzi» del tributo accertato e delle sanzioni irrogate dall’Ufficio, giusta il combinato disposto degli
artt. 68, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 546 del 1992 e 19, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
1.8 Invero, l’art. 6, comma 1, del D.L. n. 193 del 2016, che qui viene in rilievo, ammette la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016, e non delle liti tributarie concernenti gli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate.
1.9 Nel delineato contesto normativo, la materia del contendere avrebbe potuto considerarsi totalmente cessata soltanto qualora il carico definito avesse riguardato l’intera pretesa tributaria oggetto di causa.
1.10 Non è questa, però, la situazione ricorrente nel caso di specie, ove si consideri che una parte del complessivo credito di cui all’avviso di accertamento impugnato -precisamente quella costituita dalla differenza fra l’importo indicato nell’atto impositivo e l’ammontare determinato dalla Commissione Provinciale – era rimasta estranea alla procedura di definizione agevolata e che in relazione ad essa l’Amministrazione Finanziaria aveva proposto appello incidentale, mostrando chiaramente di non voler prestare acquiescenza alla sentenza di prime cure.
1.11 La questione che si sta trattando è già stata affrontata dalla Corte con ordinanza n. 14595/2024, della quale conviene riportare qui di sèguito uno stralcio della motivazione:
«5.2 La residua pretesa tributaria non risulta… estinta, essendo ‘pendenti’ le ulteriori somme (imposte e sanzioni) non ancora affidate all’agente della riscossione e che eventualmente potrebbero risultare dovute sulla base della decisione finale della Cassazione; ciò in quanto l’adesione alla rottamazione ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.L. n. 193/2016 ha riguardato le cartelle emesse per una sola fase della riscossione frazionata relativa al procedimento.
5.3. Quindi, la rottamazione non comporta l’estinzione del giudizio,
che deve proseguire per la parte non definita, ai fini della verifica degli importi dovuti sulla base del decisum definitivo, come chiarito al paragrafo 6 della circolare n. 2/E dell’8 marzo 2017, che somministra chiarimenti per la corretta applicazione della disciplina relativa ai propri carichi oggetto di giudizio.
In particolare, si legge nella richiamata circolare che:
possono essere rottamati anche i carichi per i quali sia in corso un giudizio (rispetto ai quali, peraltro, il debitore, nel presentare la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, assume l’impegno a rinunciare al giudizio stesso);
-al di là dell’impegno formalmente assunto dal contribuente, dal punto di vista sostanziale rileva il perfezionamento della definizione, che determina, rispetto ai giudizi in corso, la cessazione della materia del contendere (qualora il carico definito riguardi l’intera pretesa oggetto di controversia), con conseguente estinzione del giudizio;
-tuttavia, qualora il carico affidato all’agente della riscossione non rechi l’intera pretesa tributaria, e, quindi, la definizione agevolata abbia riguardato (e si sia perfezionata) solo (per) una parte del debito del contribuente, persiste l’interesse alla decisione nel merito della lite (come nell’ipotesi di iscrizione a ruolo per riscossione frazionata).
5.4. Occorre ancora precisare che:
-la definizione di cui all’art. 6, comma 2, del D.L. n. 193/2016 riguarda i giudizi sulle cartelle e non sugli avvisi di accertamento presupposti (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 24083 del 03/10/2018…);
-‘l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi ad oggetto i carichi’ rimanda alla circolare 8/03/2017 n. 2E, che (…) ha fornito alcuni chiarimenti, tra i quali che per singolo carico iscritto a ruolo o affidato si deve intendere la singola partita di ruolo e non per questo l’avviso nella sua interezza;
di conseguenza, quanto versato per rottamare le cartelle andrà
scomputato sull’eventuale importo dovuto all’esito del giudizio sull’avviso di accertamento; (…) nella ipotesi di parziale accoglimento della domanda del contribuente, deve ritenersi che il carico affidato all’Agente della riscossione non rechi l’intera pretesa tributaria e che persista l’interesse alla decisione nel merito della lite per la parte residua, non coperta dalla definizione agevolata (cfr. Cass. 31 agosto 2022, n. 25568)» .
Per quanto precede, va disposta, ai sensi degli artt. 383, comma 1, e 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
2.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 10 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME