Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1973 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1973 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10685/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende -ricorrente nel giudizio principale e controricorrente nel giudizio avente ad oggetto impugnazione diniego definizione agevolata-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende
-controricorrenti nel giudizio principale e ricorrenti nel giudizio
avente ad oggetto impugnazione diniego definizione agevolata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA -SEZIONE DISTACCATA DI FOGGIA n. 264/2016 depositata il 2/2/2016, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE hanno stipulato in data 22 luglio 1995 un contratto di permuta di cosa presente contro cosa futura (terreno edificabile ceduto da NOME a RAGIONE_SOCIALE in cambio di appartamenti e box da realizzare). All’esito del decesso di NOME in data 2 agosto 2000 sono subentrati i suoi eredi ed in data 29 aprile 2009 le parti hanno stipulato un atto dichiarativo dell’avvenuto avveramento di condizione sospensiva.
L’RAGIONE_SOCIALE ha, pertanto, notificato nel 2009 un avviso di liquidazione avente ad oggetto l’i.n.v.i.m. dovuta in relazione all’originario atto di permuta: avviso che è stato impugnato dalle parti, con distinti ricorsi, per l’erroneità del valore attribuito ai beni e per l’intervenuta decadenza dell’Ufficio dall’attività di accertamento.
I ricorsi riuniti sono stati accolti in primo grado, con sentenza confermata in appello, dopo l’interruzione all’esito del decesso di COGNOME NOME e la riassunzione del giudizio.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, formulando tre censure.
Si sono costituite le parti private, che hanno successivamente presentato due distinte istanze di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6, comma 10, del d.l. n. 119 del 2018, ed impugnato i relativi provvedimenti di diniego
dell’RAGIONE_SOCIALE. Le parti private hanno anche depositato una successiva memoria difensiva.
Più precisamente l’RAGIONE_SOCIALE ha fondato il diniego in considerazione del procedimento penale r.g.n.r. 901/2017, in cui sono contestati una serie di reati nei confronti di alcuni giudici e funzionari della Commissione tributaria regionale, tra cui il reato di falso ideologico ex art. 479 cod.pen. e di truffa ex art. 640 cod.pen. relativamente alla sentenza impugnata, che, quindi, sarà suscettibile di revocazione, con conseguente incertezza del valore della controversia. Nel provvedimento di diniego RAGIONE_SOCIALE definizione agevolata, adottato nei confronti di COGNOME NOME, si legge, inoltre, che il valore della controversia indicato è errato e che quello corretto è di 490.417,00.
L’RAGIONE_SOCIALE, non essendosi costituita nei termini, ha depositato memoria solo al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica dell’11 gennaio 2024, in cui è stata decisa.
La Procura Generale della Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso principale, ritenuta la legittimità del diniego di definizione agevolata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nel giudizio principale l’RAGIONE_SOCIALE ha denunciato: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., degli artt. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e 111 Cost., atteso che la motivazione in ordine alla congruità della valutazione dei beni, proposta dalle parti private, è solo apparente; 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 69, commi 6 e 15, legge n. 342 del 2000, in quanto, nel caso di specie, gli effetti traslativi dell’atto
di permuta del 22 luglio 1995 non si sono verificati in virtù della successione, stante le condizioni sospensive operanti all’epoca del decesso; 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 1353 e 1360, primo comma, cod.civ., e 20, 27, 43 e 76 d.P.R. n. 131 del 1986, atteso che gli effetti traslativi si sono verificati solo al momento dell’atto dichiarativo dell’avveramento RAGIONE_SOCIALE condizioni sospensive, in data 29 aprile 2009, sicché non è maturata alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione.
Nel giudizio avente ad oggetto i dinieghi della definizione agevolata i contribuenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno evidenziato, da un lato, che il procedimento penale, a cui gli stessi sono estranei, è in fase dibattimentale, sicché il suo esito è incerto, così come la possibilità di proporre e di vedersi accolta la paventata revocazione della sentenza impugnata, e, dall’altro, che, ai fini del valore della controversia, le due istanze di definizione agevolata devono essere lette contestualmente, per cui sono stati pagati euro 27.811,45, che corrispondono al 5% di euro 556.229,00. RAGIONE_SOCIALE ha lamentato: 1) la incertezza della revocazione prospettata, allo stato del tutto inattuale; 2) la carenza di motivazione del provvedimento diniego, in cui viene riportato solo il nominativo di un indagato/imputato e non degli altri e, comunque, viene fatto riferimento al reato di falso e truffa ai danni dello stato, a cui i contribuenti sono estranei, con conseguente inconfigurabilità del dolo necessario ai fini dell’art. 395 n. 6 cod.proc.civ.; 3) l’impossibilità in sede di legittimità di una eventuale sospensione del giudizio ex art. 295 cod.proc.civ., che richiederebbe un accertamento di fatto in ordine alla pregiudizialità.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, nel suo controricorso, ha formulato istanza di sospensione ex art. 295 cod.proc.civ.
3.1. In via preliminare va rigettata tale istanza di sospensione, atteso che la sospensione necessaria del processo civile, ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, e a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile: tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale si verifica solo laddove l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto dell’imputazione penale, mentre non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti (Sez. 6-3, 1° giugno 2021, n. 15248). Nel caso di specie, manca tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, atteso che l’esito del giudizio penale può rilevare solo ai fini della proposizione di un’ulteriore azione avente ad oggetto la sentenza impugnata in questa sede, di cui resta incerto l’accoglimento.
I ricorsi dei contribuenti avverso i provvedimenti di diniego RAGIONE_SOCIALE istanze di definizione agevolata devono essere accolti.
4.1.Questa Corte ha già precisato che, in tema di contenzioso tributario, l’assenza di definitività del procedimento penale avente per oggetto l’accertamento di fatti di reato idonei a incidere sull’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, ed in particolare sulla liquidazione dell’importo dovuto, non osta alla definizione agevolata della lite, ai sensi del d.l. n. 119 del 2018, conv., con modif., dalla l. n. 136 del 2018, sia perché inidonea a rendere indeterminabile la somma dovuta per la definizione agevolata della controversia, sia perché l’Amministrazione finanziaria può sempre procedere al recupero degli importi indebitamente non versati, anche attraverso il
procedimento di revocazione di cui all’art. 395 c.p.c., ove il definitivo accertamento penale ne faccia insorgere i presupposti (Cass., Sez. 5, 16 maggio 2022, n. 15442 e Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2021, n. 40217).
Invero, l’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 consente la definizione RAGIONE_SOCIALE controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’RAGIONE_SOCIALE, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti anche in Cassazione, mediante il pagamento di un importo calcolato in funzione del valore della controversia – da intendersi, per effetto del richiamo espresso all’art. 12, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, corrispondente all’importo del tributo al netto degli interessi e RAGIONE_SOCIALE eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato e, in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, alla somma di queste – e secondo percentuali di tale valore diversamente indicate in relazione ad individuate specificità dei casi. In particolare, l’art. 6 dispone che l’importo dovuto per la definizione agevolata della controversia è pari al valore della controversia, ma importi più bassi sono previsti, sia per il caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado (definibile con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia), sia per il caso di soccombenza dell’RAGIONE_SOCIALE nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata, nel qual caso il giudizio è definibile: mediante il pagamento del 40 per cento del valore della controversia, in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado, del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado, e del 5 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza in entrambi i gradi di merito, ipotesi che ricorre nel caso in esame. Il comma sei di tale articolo prevede, poi, che la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda da effettuarsi entro il 31 maggio 2019, e con il pagamento degli
importi dovuti ai sensi del presente articolo o, nei casi in cui è ammesso il pagamento rateale, con il pagamento della prima rata entro tale data.
Orbene, è stato documentato dai contribuenti in allegato al ricorso, e comunque non è in contestazione tra le parti, che essi hanno presentato istanza di definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 6, del d.l. n. 119 del 2018, provvedendo alla liquidazione degli importi dovuti nella misura risultante dall’applicazione della percentuale del 5% sul valore della controversia, avuto riguardo alla soccombenza dell’RAGIONE_SOCIALE in entrambi i gradi del giudizio di merito. Sostiene l’Ente impositore, a fondamento del diniego opposto, che l’importo versato in esecuzione dell’istanza di definizione non sarebbe corretto, perché la soccombenza dell’Amministrazione finanziaria all’esito del giudizio di merito, rilevante ai fini della liquidazione dell’ammontare dovuto, sarebbe stata determinata per effetto di una condotta penalmente illecita, integrante i reati di falso ideologico e di truffa, oggetto di un procedimento penale. Tale circostanza, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, porrebbe in dubbio la certezza RAGIONE_SOCIALE sentenze di merito, comunque suscettibili di revocazione, e pertanto farebbe venir meno la possibilità di quantificare esattamente, e quindi di liquidare, l’importo dovuto per la definizione della controversia. Più precisamente, in entrambi i provvedimenti di diniego, si legge sul punto: «poiché il valore della lite indicato nella istanza di definizione è determinato in base ad una sentenza oggetto di falso e per la quale l’Ufficio, all’esito del procedimento penale, avrà diritto di richiedere la revocazione, la domanda di definizione dovrà essere rigettata non essendo certo l’importo dovuto per la definizione»
Tuttavia, l’assenza di un esito definitivo del procedimento penale non consente di considerare indeterminabili gli importi
dovuti per la definizione della controversia e impone, invece, di attribuire rilevanza agli esiti RAGIONE_SOCIALE sentenze di merito, in quanto non attinte, allo stato attuale, da alcuna declaratoria di falsità.
Qualora, poi, dovesse essere accertato in via definitiva che esse sono effetto del dolo del giudice, l’Amministrazione finanziaria potrà chiedere la loro revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 6, cod. proc. civ., ed eventualmente recuperare gli importi indebitamente non versati.
4.2. Per quanto concerne, infine, il valore della controversia indicato nell’istanza di definizione agevolata presentata da COGNOME NOME, il relativo provvedimento di diniego impugnato risulta effettivamente privo di motivazione in ordine all’asserita erroneità della quantificazione (contestata solo nei confronti di COGNOME NOME e non nei confronti di RAGIONE_SOCIALE), essendo riportato esclusivamente l’importo dei tributi (imposta di registro, ipotecaria e catastale ed i.n.v.i.m.), senza alcun raffronto preciso con le due istanze formule dai coobbligati e con i rispettivi importi corrisposti.
In conclusione, una volta accertata la definibilità della presente lite a seguito della constatazione della illegittimità del provvedimento di diniego, il giudizio deve essere dichiarato estinto.
Le spese restano a carico di chi le ha sostenute.
In ragione della definizione agevolata della controversia non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. “doppio contributo unificato”, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura latu sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante: Cass., Sez. 5, 18 gennaio 2022, n. 1420).
P.Q.M.
La Corte:
accoglie l’impugnativa avverso il diniego di accesso al condono di cui all’art. 6, del d.l. n. 119 del 2018 proposta da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE e dichiara estinto il giudizio r.g. 10685/2016.
dichiara integralmente compensate fra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, 11 gennaio 2024.