Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18973 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 10/07/2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18973 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dai Magistrati
Oggetto: registro atti giudiziaridefinizione agevolata
COGNOME NOME
Presidente-
R.G.N. 6518/2016
Balsamo NOME
Consigliere –
COGNOME
NOME COGNOME
Consigliere rel. –
U – 24/06/2025
COGNOME Giuseppe
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6518/2016 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa anche disgiuntamente dagli avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione Regionale tributaria della Sicilia, n. 3560/25/15 depositata il 20 agosto 2015.
Udita la relazione svolta nella udienza del 24 giugno 2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate ha tassato il decreto ingiuntivo n. 997 del 1998, munito di formula esecutiva il 12 ottobre 2010, emesso dal Tribunale di Palermo con il quale veniva ingiunto solidalmente alla RAGIONE_SOCIALE e a quattro fideiussori di pagare alla Banca
Nazionale dell’Agricoltura RAGIONE_SOCIALEa. la somma di lire 42.669.120.731 (oggi € 22 .036.761,78), oltre interessi al tasso del 3%. Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Il credito derivava da un contratto di factoring con clausola pro solvendo stipulato il 23 ottobre 1987 tra la RAGIONE_SOCIALE.a.
e la RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima successivamente incorporata per fusione nella Banca Nazionale per l’Agricoltura s.p.a.
Avverso tale decreto venivano proposte distinte opposizioni dalla debitrice principale e dai suoi garanti.
Nella pendenza di tali giudizi il credito contenzioso veniva acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE a seguito di cessione da parte della Banca Antoniana Veneta, che nel frattempo aveva incorporato la Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a.
Il giudizio di opposizione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE veniva dichiarato estinto, in quanto la società era stata dichiarata fallita e, quindi, il decreto ingiuntivo diventava definitivo nei suoi confronti.
Le altre opposizioni venivano parzialmente accolte dalla Corte d’Appello di Palermo (sent. n. 439 del 2012), la quale riduceva la pretesa monitoria ad € 5.180.000,00 .
Nelle more veniva emesso un primo avviso di liquidazione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE con il quale le si intimava il pagamento della somma di € 1.117.432,00 per l’ imposta di registro sul decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Palermo.
La C.T.R., riformando parzialmente la sentenza della commissione tributaria provinciale, ha accolto l’appello proposto dalla ricorrente sulla base delle seguenti ragioni:
-l’avviso di liquidazione, in quanto semplice atto liquidatorio, non necessita di una particolare motivazione;
-non è sostenibile che l’imposta di registro di un decreto ingiuntivo di circa € 22.000.000 possa ritenersi assolta con il versamento di € 250,00, la cui prova, peraltro non è stata fornita;
-nelle more del contenzioso la Cor te d’appello di Palermo ha liquidato l’imposta di registro riducendola a € 5.180.000,00 e tale rideterminazione fa ora stato nei confronti della pretesa erariale; Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
-risulta emesso un nuovo avviso di accertamento con la corretta quantificazione dell’imposta di registro .
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Finanze fondato su un unico motivo, mentre la società controricorrente si è costituita con controricorso proponendo ricorso incidentale, affidato a tre motivi, e depositato documentazione relativa alla presentazione di domanda di condono ex l. n. 197 del 2022.
A seguito di ordinanza interlocutoria di questa Corte (n. 6570 del 20 gennaio 2023) la controricorrente ha provveduto al deposito di ulteriore documentazione attestante un secondo versamento.
La ricorrente ha depositato provvedimento di diniego della definizione agevolata.
La controricorrente ha proposto ricorso avverso il diniego della definizione agevolata, fondato su tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 37 e 77 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131; si duole che la CTR abbia ritenuto decisiv o l’intervento della sentenza della Corte d’Appello di Palermo sopra indicata che ha ridotto l’ammontare del decreto ingiuntivo; in particolare, contesta il passaggio in giudicato della predetta sentenza, la quale risulta resa nei confronti dei garanti della RAGIONE_SOCIALE e, pertanto, trattandosi di atti giudiziari distinti, non poteva rilevare nel presente giudizio. Sotto altro profilo deduce che, ai sensi dell’art. 77 citato, il contribuente che abbia diritto al rimborso lo deve chiedere all’ufficio che ha riscosso l’imposta .
Con il primo motivo del ricorso incidentale la controricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 15 e 54 del d.p.r. n. 131 del 1986 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000. Contesta la decisione impugnata laddove ha ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di liquidazione. Deduce in proposito che, nella specie, il procedimento di liquidazione richiedeva l’individuazione della base imponibile e, pertanto, era necessaria l’indicazione delle ragioni della pretesa tributaria; trattandosi di decreto ingiuntivo, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto chiarire quale somma aveva tassato e perché gli interessi convenzionali fossero imponibili ai fini dell’imposta . Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Con il secondo motivo del ricorso incidentale la controricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 132 e c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. Si duole che l’Agenzia delle Entrate abbia dedotto solamente con la costituzione in giudizio che l’imposta era stata liquidata solo sugli interessi e che gli interessi dovevano considerarsi moratori e, quindi, esclusi dall’imponibilità IVA e tale contestazione è stata sollevata sin dalla costituzione in primo grado. Denuncia l’assenza di motivazione sul punto della sentenza, la quale ha rinviato semplicemente alla motivazione del giudice del primo grado.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale la controricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1282 e ss. c.c., 2967 c.c., 15, comma 1, n. 1 del d.p.r. n. 633 del 1972 e 40 del d.p.r. n. 131 del 1986. Contesta che la sentenza impugnata non ha rilevato come l’Agenzia delle Entrate non abbia affatto dimostrato il presupposto per la tassazione degli interessi liquidati. Deduce, in particolare, che si trattava di una cessione di credito con la previsione di un interesse convenzionale fino al rimborso. Tale interesse ha natura corrispettiva, trattandosi di una restituzione
di una somma di denaro certa e liquida e, dunque, produttiva di interessi ex lege . Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
La controricorrente ha depositato istanza di sospensione ai sensi della l. 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, comma 197 e chiesto la definizione del giudizio per cessata materia del contendere.
In data 28 maggio 2024 la ricorrente ha emesso un provvedimento di diniego alla richiesta di definizione agevolata (all.2 fascicolo controricorrente)
Con il primo motivo del ricorso avverso il provvedimento di diniego la controricorrente prospetta , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 170 c.p.c., 12, 16 e 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 1, commi da 186 a 202, della l. n. 197 del 2022, per avere negato il perfezionamento della procedura di definizione agevolata della lite tributaria in ragione della mancata evasione di una richiesta di integrazione documentale la cui notifica è viziata da nullità.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione de ll’art. 3 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000 per difetto di motivazione del diniego di definizione agevolata notificato al difensore costituito non essendo allegato l’atto presupposto e richiamato per relationem.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 10 -quater della l. n. 212 del 2000 per mancato doveroso esercizio del potere di autotutela del diniego di definizione agevolata. Evidenzia che detta legge ha previsto, all’art. 1, commi da 186 a 205, la possibilità di definire le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte
di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, determinato ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 2 (dunque per importo pari a quello del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato). Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Occorre preliminarmente esaminare le censure sollevate con il ricorso avverso il provvedimento di diniego. La decisione sul diniego di condono si pone, infatti, in «stretto rapporto di pregiudizialità» rispetto a quella concernente l’atto impositivo. Infatti, come è stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., n. 1518/2016, Rv. 638457 – 01) il condono fiscale costituisce «una forma atipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un’analisi delle varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata» e, pertanto, la definizione agevolata, incidendo sul rapporto sostanziale e processuale tra il contribuente e il fisco, assume carattere logicamente prevalente su quest’ultimo.
9.1.
contro
versia è richiesta in pendenza del termine controparte nel medesimo termine ( Comma modificato
Il primo motivo del ricorso avverso il diniego è fondato. Preliminarmente si osserva che il diniego è stato notificato il 31 maggio 2024 ed è, dunque, tempestivo tenuto conto del termine ultimo fissato dall’art. 1, comma 200, l. cit., al 30 settembre 2024. La disposizione da ultimo richiamata prevede, altresì, che il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla
dall’articolo 20, comma 1, lettera e), del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 26 maggio 2023, n. 56). Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Tempestiva è la proposizione del ricorso. Lo stesso risulta, infatti, notificato il 29 luglio 2024 (notifiche nel fascicolo RAGIONE_SOCIALE nel rispetto del previsto termine di sessanta giorni.
Risulta dagli atti che l’odierna ricorrente, a seguito dell a domanda di definizione agevolata, ha inviato una richiesta di chiarimenti sugli importi versati in pendenza del giudizio (all. n. 4 fascicolo Agenzia delle Entrate) indirizzata alla parte personalmente.
In assenza di riscontro, ha emesso il provvedimento di diniego (all. n. 5 fascicolo Agenzia delle Entrate) alla società controricorrente presso il domicilio del difensore.
Ai sensi dell’art. 170 c.p.c. dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti. Nel processo tributario le parti sono assistite in giudizio da un difensore abilitato (art. 12 d.lgs. n. 546 del 1992) e le comunicazioni sono fatte nel domicilio eletto dalla parte nella sua costituzione in giudizio.
La richiesta di chiarimenti inoltrata dall’Agenzia delle Entrate è in contrasto con la normativa ora richiamata, in quanto è stata comunicata alla parte personalmente (doc. n. 4 fascicolo ricorrente), in violazione del citto art. 170 c.p.c., e ciò non ha consentito al difensore della stessa di approntare una tempestiva ed adeguata risposta.
Se è vero, da un lato che la richiesta di chiarimenti non costituisce un atto processuale, di certo, essa si innesta nell’ambito di una procedura di definizione agevolata all’interno del presente giudizio. Trattandosi di una richiesta di informazioni che comunque il difensore avrebbe dovuto gestire
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nell’ambito di quel giudizio, si deve ritenere che essa avrebbe dovuto essere inviata al difensore. Data pubblicazione 10/07/2025
Da quanto esposto segue l’accoglimento del primo motivo del ricorso avverso il diniego della definizione agevolata.
Il secondo motivo resta assorbito per l’accoglimento del primo motivo.
Il terzo motivo è fondato. La circostanza che sia intervenuto un provvedimento di sgravio (doc. n. 6 fasc. Agenzia delle Entrate) può comportare la restituzione di eventuali somme già versate, ipotesi non verificatasi affatto nel caso di specie, o la loro imputazione ad altri debiti del ricorrente.
Non si ravvedono ostacoli, quindi, per l’imputazione delle somme già versate dalla società a quanto dalla stessa dovuto per la definizione agevolata.
Passando all ‘esame della domanda di definizione agevolata, i l comma 195 dell’art. 1, cit., ha fissato, per ciascuna controversia autonoma, il termine per la presentazione entro il 30 giugno 2023; termine, poi, differito al 30 settembre 2024 dalla Legge n. 18/2024.
Dalla documentazione agli atti risulta che il 20.09.2023 la ricorrente ha presentato domanda di definizione agevolata ai sensi della legge più volte richiamata (doc. n. 1 fasc. ricorrente).
Il comma 189 della l. n 197 del 2022 dispone che: «In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 188, per la parte di atto annullata».
Numero sezionale 5448/2025
Numero di raccolta generale 18973/2025
Data pubblicazione 10/07/2025
Con la pronuncia oggi impugnata c’è stata una soccombenza reciproca , stante l’accoglimento parziale dell’appello proposto dall’odierna ricorrente . In particolare, per la parte di atto confermata, l’importo dovuto è pari a € 212.111,00 , mentre per la parte di atto annullata, pari ad € 905.321,00, l’importo dovuto è pari ad € 135.798,00 (corrispondente al 15% del l’importo annullato in applicazione dell’art. 1, comma 188, lett. b).
Il dovuto complessivo è, dunque, pari ad € 347.909,00.
Risulta dagli atti un primo pagamento di € 212.111,00 con F23 del 7 novembre 2013 (doc. n. 3 fascicolo ricorrente) e un secondo pagamento di complessivi € 257.417,649, di cui € 212.111,00 a titolo di imposta e il residuo per mora, aggio e diritti e spese (doc. n. 4 fascicolo ricorrente).
La parte nel corso del giudizio ha, dunque, versato la complessiva somma di € 469.528,64 .
In data 30 agosto 2024 la ricorrente ha provveduto allo sgravio parziale con cui ha sospeso la partita a ruolo eccedente la somma di € 212.111,00, in quanto già pagata con F23 il 7 novembre 2013 (all. 6 fascicolo Agenzia controricorrente).
Nel provvedimento di diniego l’odierna ricorrente ha rappresentato che la società controricorrente nella domanda ha indicato di avere versato € 347.90,00 nella pendenza del giudizio, ma di non avere fornito riscontri sul punto.
Come sopra illustrato (punto 8 della presente ordinanza) la società controricorrente non ha fornito i chiarimenti richiesti, in quanto la comunicazione è stata illegittimamente inviata alla stessa personalmente e non al proprio difensore. Ne consegue che la mancata risposta non è alla stessa imputabile.
Tenuto conto degli importi versati in corso del giudizio e delle disposizioni sopra richiamate, correttamente la società controricorrente non ha effettuato ulteriori versamenti e, ciò
anche alla luce del disposto provvedimento di sgravio relativo alle somme eccedenti l’importo di € 212.111,00. Numero sezionale 5448/2025 Numero di raccolta generale 18973/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
A tale proposito, infatti, la legge in esame all’art. 1, comma 194, ultimo capoverso, l. cit., dispone «Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda».
Nel nostro caso si tratta di importi versati comunque nella pendenza del giudizio, precisamente a ridosso della sentenza di primo grado sfavorevole alla controricorrente e, dunque, rilevanti ai fini della definizione agevolata.
In questa stessa direzione, a proposito del calcolo delle somme e del computo di quelle versate, si intendono richiamare altri precedenti di questa Corte (Cass. 25/01/2023, n. 2378, Sez. 5, n. 4613 del 2025, Rv. 674114 – 01) fondati su un argomento letterale e su uno logico sistematico, ritenuti ampiamente utilizzabili anche nel sistema della definizione agevolata di cui all’art. 1, commi 186 e ss. della legge n. 197 del 2022, identico essendo il tenore letterale delle disposizioni.
Sotto il profilo letterale, sia l ‘art. 1, comma 196, della legge n. 197 del 2022, sia l’art. 6, comma 9, del d.l. n. 119 del 2018 prevedono analogamente che «Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio».
Si è evidenziato che, a differenza di altre precedenti disposizioni di clemenza o condonistiche, la novella del 2018 (e analogamente quella del 2022) consente di calcolare ai fini della definizione agevolata, tutte le somme comunque («a qualsiasi titolo») versate nel corso del giudizio.
L ‘argomento logico sistematico , evidenzia, che nell’ottica premiale, il contribuente che avesse pagato -pur in misura ridotta- le sanzioni non potrebbe tenerne conto nel calcolo del dovuto e subirebbe trattamento peggiore di chi non ha pagato nulla, poiché entrambi sarebbero tenuti a pagare la stessa
Numero registro generale 6518/2016
Numero sezionale 5448/2025
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somma. La conseguenza palesemente iniqua induce ad escludere tale opzione ermeneutica, dovendosi scegliere la soluzione interpretativa che sia conforme ai canoni costituzionali, nel caso di specie quelli dell’art. 53 e 97 della Carta, specificazioni puntuali del generale principio di eguaglianza -formale e sostanzialedi cui all’art. 3. Data pubblicazione 10/07/2025
All’accertamento sul perfezionamento e la regolarità della procedura di definizione agevolata consegue la dichiarazione di estinzione del giudizio. Le spese restano a carico di chi le ha anticipate.
P.Q.M
La Corte: accoglie il ricorso avverso il provvedimento di diniego della definizione agevolata; dichiara l’estinzione del giudizio . Le spese restano a carico di chi le ha anticipate. Così deciso in Roma, il 24 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME