LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Definizione agevolata: non si estende al coobbligato

La Corte di Cassazione ha stabilito che la definizione agevolata di una lite tributaria richiesta da un ente pubblico, in qualità di sostituto d’imposta, non si estende automaticamente ai contribuenti sostituiti (coobbligati) se questi non presentano una propria, distinta domanda. Il caso riguardava una plusvalenza non dichiarata da privati a seguito di un accordo transattivo con un ente locale. La Corte ha chiarito che l’accesso al beneficio richiede un’espressa manifestazione di volontà, cassando la sentenza che aveva dichiarato estinto il giudizio per i privati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata: la domanda è requisito essenziale per i coobbligati

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di contenzioso tributario: l’efficacia della definizione agevolata nei confronti dei coobbligati. La Suprema Corte ha chiarito che l’adesione alla procedura da parte di un soggetto non estende automaticamente i suoi benefici agli altri coobbligati, se questi non manifestano la propria volontà attraverso una domanda autonoma. Questa pronuncia ribadisce la natura negoziale e volontaria della definizione delle liti pendenti.

I Fatti: una transazione e la conseguente pretesa fiscale

La vicenda trae origine da una complessa procedura di esproprio condotta da un Ente Locale nei confronti di una famiglia di privati. A seguito di una transazione, l’Ente riconosceva ai privati una somma ingente, superiore agli undici milioni di euro. Tuttavia, l’Ente non operava la prescritta ritenuta d’acconto e, parallelamente, i privati non dichiaravano la plusvalenza realizzata.

L’Amministrazione Finanziaria notificava quindi atti impositivi sia all’Ente Locale, in qualità di sostituto d’imposta, sia ai privati contribuenti, quali percettori del reddito non dichiarato. Entrambi i soggetti impugnavano gli atti, dando vita a distinti contenziosi.

Il nodo della questione: l’efficacia della definizione agevolata

Durante il giudizio di primo grado, entrava in vigore la normativa sulla definizione agevolata delle controversie tributarie (D.L. n. 119/2018). L’Ente Locale decideva di aderire alla procedura, presentando regolare domanda. I privati contribuenti, invece, non presentavano alcuna istanza.

Nonostante ciò, sia il giudice di primo grado che la commissione tributaria regionale in appello dichiaravano l’estinzione del giudizio anche nei confronti dei privati. La loro motivazione si basava sull’idea che l’Ente e i privati fossero ‘coobbligati’, poiché il debito tributario scaturiva dalla medesima transazione, e che la definizione perfezionata da uno giovasse automaticamente agli altri. L’Amministrazione Finanziaria ricorreva in Cassazione contro tale decisione.

Le Motivazioni della Corte: la necessità di una domanda distinta

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza impugnata. Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda su principi cardine della normativa sulla definizione agevolata.

Il concetto di ‘controversia autonoma’

La legge (art. 6, D.L. n. 119/2018) stabilisce chiaramente che per accedere al beneficio è necessario presentare una ‘distinta domanda’ per ‘ciascuna controversia autonoma’. La Corte ha ribadito, richiamando precedenti orientamenti, che per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun singolo atto impugnato. Di conseguenza, anche se il presupposto fattuale è comune, le liti instaurate da soggetti diversi contro atti impositivi distinti costituiscono controversie separate.

La natura negoziale della definizione

L’elemento decisivo sottolineato dalla Corte è la natura volontaria e negoziale della procedura. La presentazione della domanda non è un atto meramente formale, ma costituisce una manifestazione di volontà necessaria per avviare un processo transattivo con il Fisco. Questa procedura ha effetti novativi sull’obbligazione tributaria originaria. In assenza di una domanda da parte dei privati contribuenti, manca il presupposto fondamentale per poter invocare l’estensione degli effetti della definizione richiesta da un altro soggetto. Un giudice non può sostituirsi alla parte e dichiarare l’estinzione del giudizio in assenza di tale presupposto, violando il principio della domanda che governa il processo.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Viene riaffermato un principio di auto-responsabilità: chi intende beneficiare di un condono o di una sanatoria fiscale deve attivarsi presentando una specifica istanza. Non è possibile beneficiare ‘di riflesso’ dell’iniziativa di altri soggetti, anche se legati dalla medesima vicenda tributaria. La sentenza chiarisce che il concetto di ‘coobbligato’ ai fini dell’estensione dei benefici della definizione agevolata va interpretato restrittivamente e non può prescindere dal requisito essenziale della presentazione di una domanda individuale per ogni autonoma controversia.

La definizione agevolata richiesta da un coobbligato si estende automaticamente agli altri?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la definizione agevolata non si estende automaticamente agli altri coobbligati. L’estensione dei suoi effetti è subordinata alla presentazione di una distinta e autonoma domanda da parte di ciascun soggetto interessato per la propria controversia.

Cosa è necessario per accedere ai benefici della definizione agevolata di una lite tributaria?
Per accedere alla procedura è indispensabile la presentazione di una valida e distinta domanda di adesione per ciascuna controversia autonoma. Questo atto costituisce una manifestazione di volontà negoziale necessaria, senza la quale non si può beneficiare della procedura.

Può un giudice dichiarare estinto un giudizio tributario per un contribuente se la definizione è stata chiesta solo da un altro soggetto coobbligato?
No, il giudice non può pronunciare l’estinzione della controversia in assenza di una domanda specifica presentata dalla parte interessata. Farlo costituirebbe un eccesso di potere giurisdizionale e una violazione del principio della domanda, in quanto la procedura di definizione agevolata è un atto volontario e non un effetto automatico della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati