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Definizione agevolata: non si estende al coobbligato

Un Ente Locale, in qualità di sostituto d’imposta, aderisce a una definizione agevolata per omessa ritenuta d’acconto. La Corte di Cassazione stabilisce che tale adesione non estende i suoi effetti al contribuente sostituito (considerato coobbligato), se quest’ultimo non ha presentato una propria, autonoma domanda di definizione. La presentazione di una distinta istanza è un requisito necessario e non superabile dal solo vincolo di coobbligazione.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata: non basta l’adesione del coobbligato

L’adesione alla definizione agevolata da parte di un soggetto coobbligato non estende automaticamente i suoi benefici agli altri, se questi non presentano una propria, autonoma domanda. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, delineando i precisi confini procedurali per accedere alle sanatorie fiscali e sottolineando l’importanza dell’iniziativa individuale del contribuente.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una complessa procedura di esproprio condotta da un Ente Locale nei confronti di una famiglia. Al termine di un lungo percorso, alle parti private veniva riconosciuta una somma ingente a titolo transattivo. Tuttavia, l’Ente Locale, in qualità di sostituto d’imposta, ometteva di versare la ritenuta d’acconto dovuta su tale somma. Di conseguenza, anche i privati beneficiari non dichiaravano al fisco la plusvalenza realizzata.

L’Amministrazione Finanziaria notificava quindi atti impositivi sia all’Ente Locale (per l’omessa ritenuta) sia ai membri della famiglia (per l’omessa dichiarazione). Durante il contenzioso, interveniva una normativa sulla definizione agevolata delle liti pendenti. L’Ente Locale decideva di avvalersi di tale opportunità, presentando regolare domanda. I contribuenti privati, invece, non presentavano alcuna istanza, confidando che l’adesione del Comune potesse estendere i suoi effetti anche alla loro posizione, in quanto coobbligati.

I giudici di primo e secondo grado accoglievano questa tesi, dichiarando estinto il giudizio anche nei confronti dei privati. L’Amministrazione Finanziaria ricorreva quindi in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ribaltando le decisioni dei gradi precedenti. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi espressi dalla Cassazione.

Le Motivazioni: la necessità della domanda individuale nella definizione agevolata

Il cuore della motivazione della Corte risiede nell’interpretazione della normativa sulla definizione agevolata (art. 6, D.L. n. 119/2018). La legge stabilisce chiaramente che l’accesso al beneficio è subordinato alla presentazione di una “distinta domanda di definizione” per “ciascuna controversia autonoma”.

La Corte chiarisce che questo requisito è fondamentale e non può essere aggirato. La definizione agevolata è una procedura volontaria, che si perfeziona solo con una manifestazione di volontà esplicita da parte del soggetto interessato. Non è un effetto automatico che si propaga da un soggetto all’altro, anche in presenza di un vincolo di coobbligazione.

Sebbene la legge preveda che “la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri”, la Corte interpreta questa disposizione nel senso che il beneficio si estende solo se anche gli altri coobbligati hanno correttamente avviato la procedura. L’assenza di una domanda formale da parte dei contribuenti privati costituisce un vizio insuperabile che impedisce loro di beneficiare dell’adesione dell’Ente Locale.

In altre parole, il vincolo di solidarietà nel debito tributario non è sufficiente a creare un automatismo procedurale. Ogni parte deve attivarsi autonomamente per manifestare la propria volontà di definire la lite. L’istanza è l’atto negoziale che innesca la procedura e, senza di essa, non può esserci alcuna estinzione del giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia ha importanti implicazioni pratiche per i contribuenti coinvolti in liti fiscali con più soggetti. La lezione fondamentale è che non si può fare affidamento sulle azioni di un altro coobbligato per accedere a benefici come la definizione agevolata. Ogni contribuente deve valutare la propria posizione e, se intende aderire a una sanatoria, deve presentare una domanda formale, specifica e tempestiva. Confidare in un’estensione automatica degli effetti è una strategia rischiosa che, come dimostra questo caso, può portare alla prosecuzione del contenzioso e all’integrale accertamento della pretesa tributaria.

Se un sostituto d’imposta sana la propria posizione tramite definizione agevolata, il contribuente sostituito è automaticamente liberato dal debito?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’adesione del sostituto d’imposta non estende automaticamente i suoi effetti al contribuente, se quest’ultimo non presenta una propria e autonoma domanda di definizione agevolata.

Cosa è necessario per accedere ai benefici della definizione agevolata delle liti tributarie?
È indispensabile presentare una “distinta domanda” per “ciascuna controversia autonoma” entro i termini previsti dalla legge. Si tratta di un atto di volontà negoziale che non può essere presunto o derivato dalle azioni di altri.

Il principio di coobbligazione (solidarietà nel debito) è sufficiente per estendere i benefici di una sanatoria a tutti i debitori?
No. Secondo la Corte, nel caso specifico della definizione agevolata, il requisito procedurale della presentazione di una domanda individuale prevale sul principio generale della coobbligazione. Il beneficio a favore degli altri coobbligati non è automatico ma richiede l’attivazione di ciascuna parte interessata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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