Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2921 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2921 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31117/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persone del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOCCO NOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.PUGLIA – SEZ.DIST. LECCE n. 2757/2018 depositata il 12/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente veniva attinto dalla notifica di una cartella di pagamento relativa a due distinti avvisi per gli anni d’imposta 2002 e 2003, non impugnati e divenuti conseguentemente definitivi.
Il contribuente impugnava però l’atto esecutivo ivi svolgendo non vizi propri della cartella quanto censure attinenti ai due atti presupposti, cui replicava l’Ufficio eccependone conseguentemente l’inammissibilità.
Nelle more del giudizio il contribuente presentava istanza di annullamento in autotutela, che veniva parzialmente accolta dall’Ufficio.
A seguire il contribuente presentava istanza di definizione della lite ai sensi del d.l. n. 98/2011, convertito con modificazione dalla legge n. 111/2011. L’istanza che veniva però rigettata avendo ad oggetto una cartella di pagamento, con conseguente gravame proposto dal contribuente anche avverso il provvedimento di diniego.
La CTP rigettava l’eccezione di inammissibilità svolta dall’Ufficio, accogliendo i ricorsi.
Insorgeva con appello l’Amministrazione finanziaria, ribadendo sia il fatto che il gravame fosse stato proposto avverso una cartella di pagamento e non contro gli avvisi, comunque divenuti definitivi, sia l’inammissibilità dell’istanza di definizione della lite, avendo essa ad oggetto un atto di mera riscossione, come tale non definibile.
La CTR rigettava il ricorso in appello. Riteneva infatti che l’Ufficio avesse svolto una eccezione nuova, come tale inammissibile in secondo grado, laddove aveva dedotto che la lite non era condonabile perché proposta in maniera pretestuosa e strumentale.
Affermava poi che il ricorso introduttivo di primo grado era stato promosso sia per l’annullamento degli atti impositivi sia della conseguente cartella, come poteva evincersi anche dalla ‘ lettura del ricorso’. Non poteva pertanto affermarsi che ‘ il ricorso interessava solo la cartella di pagamento escludendo l’accertamento solo perché non impugnato nei termini di legge’, tenuto anche conto che l’Ufficio
aveva parzialmente accolto l’istanza di annullamento in autotutela così dimostrando di voler rivalutare il merito della pretesa erariale. Concludeva poi per la possibile definizione della lite perché ancora pendente e per non essere medio tempore intervenuta alcuna pronuncia di inammissibilità.
Invoca la cassazione della sentenza l’Amministrazione finanziaria che svolge due motivi di ricorso. Rimane intimato il contribuente.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso
Con il primo motivo di doglianza il patrono erariale critica la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 57, co. 2, d.lgs. n. 546/92 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
In sostanza censura la sentenza d’appello nella parte in cui la CTR ha ritenuto che la qualificazione della lite come ‘ meramente pretestuosa e strumentale’ integrasse una eccezione nuova, come tale inammissibile in grado di appello.
Richiama pertanto il dettato dell’art. 57 citato e ricorda come non siano sollevabili, nel giudizio di riforma, eccezioni nuove se non rilevabili d’ufficio, invocando la giurisprudenza di questa Corte laddove circoscrive tale limite alle sole eccezioni in senso stretto e non anche alle mere difese. Sottolinea, in particolare, come tali argomentazioni integrassero delle mere specificazioni inerenti la non condonabilità della lite che, in quanto tale, era già confluita nel thema decidendum del giudizio di primo grado. Ai fini dell’autosufficienza trascrive sia la sentenza di primo grado, ove la CTP dava atto della proposta eccezione di non condonabilità della lite, non rientrando la cartella esattoriale nella categoria degli atti definibili, sia del ricorso in appello, nella parte argomentativa del motivo di ricorso ove richiamava la precedente pronuncia di questa Corte n. 19693/2011 resa (anche) in ordine alla astratta differenza tra una lite strumentale e una lite pendente.
Il motivo è fondato.
Giova invero ricordare che «Nel processo tributario il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 riguardano eccezioni in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive, tendenti ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado, atteso che le difese, le argomentazione e le prospettazioni con cui l’Amministrazione si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso stretto» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 2413 del 03/02/2021, Rv. 660482 – 01)» (cfr. Cass., V, n. 20855/2024).
È altresì bene rammentare che «L’art. 112 cod. proc. civ. prevede che il giudice abbia il dovere di pronunciare solo e su tutte le domande ritualmente introdotte nel giudizio e sulle eccezioni in senso stretto ad esse inscindibilmente connesse; la norma non ricomprende invece le argomentazioni giuridiche delle parti che in qualsiasi modo – espressamente o implicitamente – illustrino la fondatezza o l’infondatezza delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel processo (da ultimo, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12014 del 2019)» (cfr. Cass., V, n. 13129/2020), qui precisando che l’eccezione in senso stretto sussiste solo quando la parte proponga altri fatti che privino di efficacia i fatti costitutivi, o modifichino o estinguano il diritto (cfr. Cass., II, n. 28793/2023).
Nella fattispecie in esame la pretesa strumentalità della lite non integrava un fatto nuovo, costitutivo, modificativo o estintivo del diritto altrui, quanto un ulteriore motivo di specificazione reso a supporto della già eccepita non definibilità della lite. Infatti, detta questione ha costituito un mero inciso (e quindi una mera difesa) nell’ambito delle argomentazioni riferite alla non condonabilità della lite, peraltro formulata in forza di un richiamo al decisum di una precedente pronuncia di questa Corte.
Il motivo va pertanto accolto.
Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, co. 12, d.l. n. 98/2011 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
In sintesi, denuncia l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto definibile la lite pur avendo essa ad oggetto una cartella di pagamento preceduta da un accertamento e integrante come tale una mera attività di riscossione. Avvisi di accertamento che, evidenzia il patrono erariale, il contribuente dava atto di conoscere fin dal ricorso introduttivo (che parte ricorrente foto-riproduce in atti ai fini dell’autosufficienza) sebbene in appello avesse svolto nuova eccezione di ‘invalidità’ dell a notifica.
Il motivo è fondato.
È stato invero affermato che «Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, a cui deve darsi continuità, «rientra nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. in l. n. 111 del 2011, anche la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo cartolare ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ove (come di regola) non preceduta da un atto di accertamento, e, come tale, impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, trattandosi del primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente» (Cass. n. 32132 del 2018; Cass. n. 23269 del 2018; Cass. n. 20058 del 2020). La soluzione, del resto, è in linea con quella adottata con riferimento alle successive fattispecie condonistiche: si vedano, in particolare, le Sezioni Unite n. 18298 del 2021, secondo cui il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018,
conv. dalla l. n. 136 del 2018, «qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva» (Cfr. Cass., V, n. 5890/2023).
Nella fattispecie in esame è incontroverso in atti che la cartella di pagamento fosse stata emessa in seguito a due precedenti avvisi di accertamento sicché essa non rientra nella categoria degli atti definibili previsti dalla disciplina in commento.
Il ricorso è quindi fondato e merita accoglimento. La sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito perché si adegui a sopra indicati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia -Sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/01/2025.