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Definizione agevolata: no al diniego di autotutela

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19780/2025, chiarisce i limiti della definizione agevolata. Il caso riguarda un contribuente che, dopo l’annullamento di un avviso di accertamento, si è visto negare la richiesta di autotutela per il rimborso. La Corte ha stabilito che la lite sul diniego di autotutela non può essere oggetto di definizione agevolata, poiché tale diniego non costituisce un atto impositivo né riscossivo, ma un atto di secondo grado che non avanza una pretesa tributaria. La decisione conferma che l’ambito di applicazione delle sanatorie fiscali è circoscritto alle controversie su atti che manifestano una pretesa creditoria da parte del Fisco.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata e Diniego di Autotutela: La Cassazione Fa Chiarezza

L’ordinanza n. 19780/2025 della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale per molti contribuenti: è possibile accedere alla definizione agevolata per una controversia che ha per oggetto il rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria di annullare un proprio atto in autotutela? La risposta della Suprema Corte è netta e fornisce un’interpretazione restrittiva dell’ambito di applicazione delle sanatorie fiscali.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una Associazione Sportiva Dilettantistica e dei suoi soci. L’Ufficio contestava la natura dell’associazione, ritenendola una società di fatto, e disconosceva i benefici fiscali per l’anno d’imposta 2005.

Il contenzioso, dopo i primi due gradi di giudizio sfavorevoli ai contribuenti, giungeva in Cassazione, che con una prima sentenza accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo originario perché l’associazione si era estinta prima della notifica dell’accertamento. Sulla base di questa decisione, i soci presentavano un’istanza di autotutela per ottenere l’annullamento delle iscrizioni a ruolo e il rimborso di quanto già versato.

L’Agenzia delle Entrate negava l’autotutela. La controversia si spostava quindi sull’impugnazione di tale diniego. Nel corso di questo nuovo giudizio, i contribuenti tentavano di chiudere la lite presentando due distinte istanze di definizione agevolata, prima ai sensi del D.L. 119/2018 e poi della L. 197/2022. Entrambe le istanze venivano rigettate dall’Ufficio, dando origine a ulteriori ricorsi.

La Questione Giuridica: Definizione Agevolata per il Diniego di Autotutela

Il nodo centrale della questione, portato all’attenzione della Cassazione, era stabilire se una lite avente ad oggetto un diniego di autotutela potesse rientrare nel perimetro applicativo della definizione agevolata. Secondo i contribuenti, la normativa più recente (L. 197/2022), a differenza della precedente, non limitava esplicitamente la sanatoria ai soli “atti impositivi”, ma la estendeva a tutte le “controversie attribuite alla giurisdizione tributaria”. Questa interpretazione avrebbe consentito di includere anche il contenzioso sul diniego di autotutela.

L’Agenzia delle Entrate, al contrario, sosteneva che la natura della controversia fosse determinante. Il diniego di autotutela non è un atto che esprime una pretesa tributaria, ma un atto di secondo grado, la cui legittimità si valuta sulla base di parametri diversi. Pertanto, la lite che ne deriva non potrebbe essere oggetto di una sanatoria pensata per definire pretese fiscali.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto la tesi dei contribuenti, accogliendo quella dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici hanno chiarito che, nonostante la differente formulazione letterale tra le normative sulla definizione agevolata (D.L. 119/2018 e L. 197/2022), la sostanza non cambia.

Il principio fondamentale è che la definizione agevolata è uno strumento finalizzato a chiudere liti che vertono su una pretesa tributaria. Le circostanze che militano in tal senso sono le seguenti:
1. Oggetto della Sanatoria: La definizione agevolata deve necessariamente riguardare una pretesa tributaria. Il suo scopo è estinguere un debito verso il Fisco, non risolvere questioni procedurali o di legittimità di atti amministrativi che non contengono una pretesa economica.
2. Natura del Diniego di Autotutela: Il diniego di autotutela non è un atto impositivo (non accerta un nuovo tributo) né un atto riscossivo (non avvia l’esecuzione forzata). È un provvedimento che si limita a confermare una situazione pregressa, rifiutando di intervenire su un atto precedente. La controversia che ne scaturisce non ha ad oggetto il merito della pretesa originaria (già annullata in questo caso), ma la legittimità del rifiuto dell’Ufficio di esercitare il proprio potere di auto-correzione.
3. Mancanza di un Importo da Versare: Ai fini della definizione agevolata, è necessario un “valore della controversia” su cui calcolare l’importo da pagare per la sanatoria. Nel caso di un diniego di autotutela, specialmente quando l’atto originario è stato annullato, non esiste una pretesa tributaria pendente. Anzi, i contribuenti erano in posizione creditoria, avendo richiesto un rimborso. Manca quindi l’elemento essenziale per poter applicare la procedura agevolativa.

La Corte ha richiamato un proprio precedente (Cass. n. 24652/2021) relativo alla normativa del 2018, affermando che i principi lì espressi sono pienamente validi anche per la legge del 2022. L’esclusione dell’inciso “atti impositivi” dalla nuova legge non ha ampliato l’ambito oggettivo della sanatoria fino a includere atti privi di contenuto impositivo, come il diniego di autotutela.

Le Conclusioni

La Suprema Corte stabilisce un principio chiaro: la lite contro un diniego di autotutela è esclusa dalla definizione agevolata. Questa procedura è riservata esclusivamente alle controversie che hanno origine da atti che manifestano una pretesa tributaria quantificata da parte del Fisco. Un contribuente che impugna il rifiuto dell’Amministrazione di annullare un atto non può quindi avvalersi della sanatoria per chiudere quel contenzioso. La decisione ribadisce la natura eccezionale degli istituti condonistici e ne delimita rigorosamente il campo di applicazione, evitando estensioni a situazioni non contemplate dalla ratio della norma.

È possibile utilizzare la definizione agevolata per una controversia che riguarda il diniego di autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. La definizione agevolata si applica solo a controversie su atti che esprimono una pretesa tributaria, mentre il diniego di autotutela non rientra in questa categoria.

Qual è la differenza fondamentale tra un ‘atto impositivo’ e un ‘diniego di autotutela’ ai fini della definizione agevolata?
Un ‘atto impositivo’ è un provvedimento con cui l’Amministrazione Finanziaria fa valere una pretesa tributaria (es. un avviso di accertamento). Il ‘diniego di autotutela’, invece, è il rifiuto dell’Amministrazione di annullare un proprio atto precedente; non contiene una nuova pretesa tributaria e quindi non può essere oggetto di definizione agevolata.

La legge sulla definizione agevolata del 2022 (L. 197/2022) ha cambiato le regole rispetto alla precedente (D.L. 119/2018) per i casi di autotutela?
No. Secondo la Corte, nonostante la legge del 2022 non contenga l’esplicito riferimento agli ‘atti impositivi’, la sostanza non cambia. La definizione agevolata riguarda sempre e solo controversie su una pretesa tributaria, escludendo quindi i dinieghi di autotutela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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