Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19780 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19780 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
Oggetto: Diniego di autotutela -Impugnazione – Definizione agevolata ex art. 6 d.l. 119/2018 – Definizione agevolata ex art. 1 l. 197/2022 – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7710/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME e COGNOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al contro ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME la quale ha indicato l’indirizzo pec EMAIL ;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 902/01/2022, depositata in data 28 settembre 2022; nonché
sul ricorso iscritto al n. 20739/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME la quale ha indicato l’indirizzo pec g.EMAILpecEMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso il diniego di definizione agevolata prot. n. TE200297/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
A seguito di verifica condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME soci dell’Associazione Sportiva Dilettantistica RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia delle entrate emetteva l’avviso di accertam ento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale disconosceva, per l’anno 2005, i benefici e le agevolazioni previste per le ASD, sul rilievo che in realtà i detti contribuenti avessero costituito una società di fatto.
L’ASD ed i soci impugnavano l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che rigettava il ricorso.
Solo NOME COGNOME quale legale rappresentante della ASD, interponeva gravame avverso la sentenza di primo grado ; l’Ufficio provvedeva, nelle more, a notificare le cartelle di pagamento agli associati, che provvedevano al pagamento delle relative somme.
La Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello.
L’ASD proponeva ricorso per cassazione, che veniva accolto con la sentenza n. 9541/2016: questa Corte cassava senza rinvio la decisione impugnata ‘perché il processo non poteva avere inizio’,
stante l’intervenuta estinzione dell’associazione prima della notifica dell’avviso di accertamento.
Gli associati presentavano, sulla base della sentenza n. 9541/2016, istanza di autotutela totale al fine di ottenere dall’Ufficio l’annullamento delle iscrizioni a ruolo, lo sgravio delle cartelle ed il rimborso di quanto già pagato.
Avverso il diniego di autotutela i contribuenti proponevano ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino.
La CTP accoglieva il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte chiedendo sospendersi l’efficacia esecutiva della sentenza gravata. La CTR rigettava l’istanza cautelare e, per l’effetto, l’Agenzia annullava le iscrizioni a ruolo, sgravava le cartelle e rimborsava ai contribuenti le somme pagate.
Nelle more del giudizio NOME COGNOME presentava istanza di definizione agevolata ex art. 6 d.l. 119/2018; l’Ufficio rigettava l’istanza, non avendo la controversia ad oggetto un atto impositivo.
Sia il COGNOME sia gli altri associati proponevano ricorso avverso il diniego innanzi alla stessa CTR.
La CTR accoglieva il ricorso proposto dai contribuenti avverso il diniego di definizione agevolata della lite pendente e dichiarava, per l’effetto, cessata la materia del contendere nel giudizio principale (avente ad oggetto il diniego di autotutela).
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione l ‘Ufficio , affidandosi ad un motivo. Il giudizio veniva iscritto al n.r.g. 7710/2023. I contribuenti resistevano con controricorso.
Pendente iudicio NOME COGNOME presentava istanza di definizione agevolata ex art. 1 commi 186 e ss., l. 197/2022, con riferimento alla lite pendente (n.r.g. 7710/2023).
L’istanza veniva rigettata per i seguenti motivi:
La controversia oggetto della domanda di definizione in oggetto è relativa ad impugnazione del diniego della definizione
agevolata delle controversie tributarie di cui alla domanda T7E000421/2019, presentata dal contribuente ai sensi dell’art. 6 del D.L. 119/2018.
La controversia non risulta pertanto definibile ai sensi dell’art.1, comma 186 ss., Legge 197/2022, non avendo ad oggetto un atto di natura impositiva né un atto di natura meramente riscossiva, o in ogni caso un atto portante una pretesa tributaria.
Avverso il diniego il contribuente proponeva ricorso innanzi a questa Corte, affidato ad un unico motivo. Il giudizio veniva iscritto al n.r.g. 20739/2024. L’Ufficio resiste va con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 03/07/2025 in ambedue i giudizi.
Il Sostituto procuratore generale, nella persona del dr. NOME COGNOME ha depositato memoria sia nel giudizio n.r.g. 7710/2023, chiedendone l’accoglimento, sia nel giudizio n.r.g. 20739/2024, chiedendone il rigetto.
Considerato che:
Deve procedersi alla riunione dei due giudizi. Sussiste, infatti, un’evidente connessione tra gli stessi che hanno ad oggetto, con riferimento al medesimo anno di imposta, da un lato, il diniego di autotutela e l’accoglimento dell’istanza di definizione agevolata ex art. 6 d.l. 119/2018, dall’altro, il diniego della definizione agevolata ex lege 197/2022.
La riunione delle impugnazioni può, invero, essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi, ma fra loro connessi, quando la trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale, appaiano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (Cass. 10/05/2021, n. 12268).
Inoltre, l’impugnazione del provvedimento di diniego della domanda di definizione agevolata -proponibile innanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite fiscale -ha natura
meramente incidentale, innestandosi in un processo già iniziato quale causa potenzialmente idonea a determinare la cessazione della materia del contendere (così Cass. 14/09/2021, n. 24652, con riferimento alla disciplina condonistica di cui al d.l. 119/2018).
Ragioni di ordine logico impongono l’esame, in via prioritaria, del ricorso rubricato al n.r.g. 20739/2024.
NOME COGNOME impugna il diniego dell’Ufficio sull’istanza di definizione agevolata ex art. 1, commi 186 e ss., l. 197/2022.
Con l’unico motivo lamenta , in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, commi 186 e 193 legge 29 dicembre 2022, n. 197 ». Assume che, a differenza dell’art. 6 d.l. 119/2018, la legge 197/2022 non avrebbe limitato l’ambito di applicazione della definizione agevolata alle controversie aventi ad oggetto ‘atti impositivi’ ; il comma 186 dell’art. 1 parla, infatti, di ‘controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate’.
Nella specie, inoltre, la lite, pur avendo ad oggetto il diniego di autotutela (e di definizione agevolata ex d.l. 119/2018), ha origine da un avviso di accertamento, annullato da questa Corte nel 2016.
Il motivo è infondato.
2.1. L’articolo 1, comma 186, della legge 197/2022 prev ede che ‘le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate , pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio con il pagamento di un importo pari al valore della co ntroversia’, determinato ai sensi dell’art. 12, comma 2, d.lgs. n. 546/1992.
2.2. Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione della normativa in scrutinio va osservato che in sede di stesura definitiva della norma è stato soppresso il riferimento agli ‘atti impositivi’ contenuto nella relazione illustrativa all’art. 42 (trasfuso
poi nei commi 186 e ss. dell’articolo 1 della legge) del disegno di legge: la norma in esame -che ripropone, sostanzialmente, la medesima disciplina prevista dall’articolo 6, del decreto -legge n. 119 del 2018 -consente di definire, con modalità agevolate, le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, atti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Sono, quindi, escluse dalla definizione le controversie relative ad atti privi di natura impositiva .
L’Agenzia delle entrate, nella circolare 2/E del 27.1.2023, ha chiarito che sono esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione della norma solo i dinieghi (espressi o taciti) di rimborso o di spettanza di agevolazioni, ‘per la mancanza di importi da versar e da parte del contribuente’; sono, invece, compresi, oltre agli atti impositivi, quelli meramente riscossivi.
L’esclusione dell’inciso ‘atti impositivi’ ha dato origine a dubbi interpretativi che questa Corte è già stata chiamata a risolvere con riferimento, ad esempio, alla possibilità di definire liti pendenti aventi ad oggetto cartelle di pagamento; si è, al riguardo, affermato che «la cartella di pagamento può essere oggetto di definizione agevolata, purché sia il primo atto con il quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva (Cass., Sez. U., 25 giugno 2021, n. 18298). Diversamente, la cartella non è impugnabile in quanto atto meramente riscossivo» (Cass. 19/09/2024, n. 25204).
Alla stregua delle medesime coordinate ermeneutiche deve risolversi la questione relativa alla possibilità di definire una lite avente ad oggetto il diniego di autotutela (tale essendo, nella specie, l’oggetto del giudizio principale, a nulla rilevando che esso origini da
un avviso di accertamento, ormai caducato per effetto dell’annullamento da parte di questa Corte nel 2016).
Il diniego di autotutela non è, in tutta evidenza, un atto impositivo, ed infatti può essere impugnato innanzi al giudice tributario entro certi (e ristretti) limiti (da ultimo v. Cass. 03/01/2024, n. 161).
Nonostante l’esclusione dell’inciso ‘atti impositivi’ dalla norma, deve, quindi, ritenersi, così come affermato in relazione all’omologa disciplina dettata dall’art. 6 del d.l. 119/2018 (cfr. Cass. 14/09/2021, n. 24652, secondo cui il provvedimento di diniego di autotutela che non abbia contenuto impositivo, in quanto con esso non si fa valere una pretesa tributaria, né si ribadisce la legittimità della pretesa impositiva recata dall’avviso di accertamento, non rientra tra gli atti definibili ai sensi del citato art. 6), che la lite avente ad oggetto il diniego di autotutela non possa essere definita ai sensi dell’art. 1, commi 186 e ss., della legge 197/2022.
In tal senso militano le seguenti circostanze:
-la definizione agevolata deve riguardare giocoforza una pretesa tributaria;
-le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria sono, evidentemente, quelle aventi ad oggetto gli atti elencati dall’ art. 19 d.lgs. n. 546/1992; il diniego di autotutela è impugnabile solo per ‘ ragioni di rilevante interesse generale a sostegno dell’istanza di autotutela ‘ ( ex multis , Cass. 24652/2021 cit.);
-il diniego di autotutela non è atto impositivo (non contiene alcuna pretesa), né riscossivo (con esso non viene riscossa alcuna pretesa);
-manca, nella specie, un importo da versare da parte del contribuente (almeno quale effetto dell’atto impugnato), avendo anzi l’istante già provveduto al versamento di quanto dovuto in virtù dell’avviso di accertamento (importo successivamente, per effetto della sentenza di primo grado, restituito al contribuente).
2.3. In definitiva, il ricorso proposto avverso il diniego di definizione agevolata n. TE200297/2023 va respinto.
Con l’unico motivo di ricorso avverso la sentenza della CTR n. 902/01/2022 l’Agenzia lamenta, in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del D.L. 119/2018, con riferimento all’ammissibilità della definizione agevolata di una controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un diniego di annullamento in autotutela». Afferma che erroneamente la C TR avrebbe ritenuto ammissibile l’istanza di definizione agevolata, proposta dai contribuenti ai sensi dell’art. 6, d.l. 119/2018, poiché, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, la controversia non rientrava nell’ambito applicativo della citata norma.
Il motivo è fondato.
3.1 Come affermato da questa Corte (Cass. n. 24652/2021 cit.) il provvedimento di diniego di autotutela non rientra tra gli atti definibili ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, non essendo un atto impositivo.
L’art. 6 cit. come supra accennato, espressamente limitava l’ambito oggettivo di applicazione della definizione agevolata agli ‘atti impositivi’.
Tale natura non ha il diniego di autotutela, a prescindere, come opportunamente evidenziato dal Sostituto procuratore generale nella memoria, dalle circostanze di fatto che abbiano dato origine al contenzioso.
Secondo la dottrina, invero, il diniego di autotutela, anche quando si limiti a confermare il precedente atto impositivo, non ha contenuto precettivo autonomo, per cui rimane estranea al giudizio di impugnazione del diniego la verifica della pretesa avanzata dall’Ufficio con gli atti di cui si chiede il riesame. Inoltre, gli atti impositivi, secondo la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/2019, sono quelli con i quali viene portata a conoscenza del contribuente una ‘pretesa tributaria quantificata’; co n il diniego di autotutela non
si fa valere una nuova pretesa tributaria né si ribadisce quella recata dall’avviso di accertamento.
Per tali ragioni non può condividersi l’assunto de i controricorrenti, secondo i quali la fattispecie decisa da questa Corte con la pronuncia n. 24652/2021 era diversa e non sovrapponibile alla presente, in cui si è chiesto di rimuovere un atto affetto da nullità insanabile.
3.2. Il ricorso va, quindi, accolto, non essendosi la CTR adeguata ai principi affermati in materia da questa Corte e sopra richiamati; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame, ossia proceda all’esame dell’appello erariale, stante la legittimità del diniego di definizione agevolata, proposta ex art. 6 d.l. 119/2018, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Sussistono i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte di NOME COGNOME , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata, a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte riunisce il ricorso n. 20739/2024 a quello recante n. 7710/2023;
rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso il diniego di definizione agevolata n. TE200297/2023;
d à atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte di NOME COGNOME , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, perché, in diversa composizione e nel
rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 luglio 2025.